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Un girone fa: Bologna – Lazio

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Corriere Dello Sport

 

Che valore ha oggigiorno il calcio? Certo, l’utente medio risponderà «Non è domenica senza la partita delle 15», traducendo il tutto in una sorta di abitudine, di isolamento dalla banalità e monotonia del quotidiano, trasformandosi in allenatore in campo, in esperto di tattica e di moduli, comandando la propria squadra del cuore comodamente seduto sul divano o sugli spalti. Altri risponderanno che ormai il calcio è sporco, governato dai soldi e dall’ingordigia, un business, un circolo vizioso che tra fama e corruzione non arresta mai il suo moto perpetuo. 

Che ruolo ha ricoperto e che valore ha il calcio per Siniša Mihajlović? Il calcio per Siniša è sinonimo di vita. Basti pensare alla via d’uscita che gli concesse il calcio quando ancora si trovava a Vukovar, la sua città natale, devastata dai dissidi interni della ex-Jugoslavia, e che gli permise di sbarcare in Italia, alla Roma, nel 1992, all’età di 23 anni. Oggi, il calcio non ha mutato la sua importanza e la sua centralità nella vita del serbo, anzi, tutt’altro: durante la battaglia contro la leucemia, il calcio per Siniša è ossigeno, è felicità, è terapeutico quasi più dei medicinali che gli vengono somministrati quotidianamente. 

Così come il calcio ricopre un ruolo di prim’ordine per Siniša, il condottiero serbo ricopre e ha ricoperto un ruolo più che rilevante rispettivamente per Bologna e Lazio. La prima, dopo la insperata cavalcata salvezza dello scorso anno, ha ritrovato nell’ex allenatore di Fiorentina, Sampdoria e Torino, una figura emblematica e in estrema simbiosi con la squadra, rapporto che mancava da tempo sotto le Due Torri. I biancocelesti, a loro volta, non possono dimenticare i sette anni di successi e i numerosi trofei vinti con Mihajlović in campo tra cui un campionato (2000), due Supercoppe italiane (1998 e 2000), una Supercoppa Europea (1999), una Coppa delle Coppe (1999) e due Coppe Italia (2000 e 2004), conditi da innumerevoli punizioni ancora fresche nella memoria dei laziali.
Ed è proprio per questo motivo che le due tifoserie, prima del calcio di inizio della partita tra Bologna e Lazio, si sono date appuntamento sul colle più famoso di Bologna, (ndr San Luca) come due vecchie amiche, per rendere omaggio a Siniša, percorrendo insieme il famoso porticato che porta alla basilica e pregando per la guarigione di un uomo che ad entrambe ha dato tanto e continuerà a dare. In un mondo dove odio e violenza vengono sempre più normalizzati, vedere due tifoserie camminare fianco a fianco, stringersi in un abbraccio fraterno e deporre le “armi” è un gesto che ha dell’incredibile, del miracoloso. Ma qui non c’entra San Luca, ne la Madonna ivi gelosamente custodita. È la magia del calcio e della sua profonda umanità che, seppur non sempre, riesce ancora a prevalere sul tifo. 

Ma c’è una partita da giocare sul campo e il Bologna, dopo la brutta prestazione di Udine, vuole subito rimettersi in carreggiata, ritrovando quell’equilibrio e quelle trame di gioco che tanto bene avevano funzionato ad inizio stagione. La Lazio a sua volta vuole proseguire il trend positivo dopo le vittorie casalinghe in campionato ed Europa League contro Genoa e Stade Rennais. Il Bologna si schiera con il 4-2-3-1: gli uomini sono praticamente gli stessi di Udine, fatta eccezione per Palacio che ritrova il ruolo di prima punta e di Svanberg che prende il posto di Soriano, espulso a fine gara per proteste nella trasferta di Udine. La Lazio risponde con l’ormai collaudato 3-5-2 di Simone Inzaghi, Acerbi a comandare il pacchetto difensivo, Milinkovic-Savic e Luis Alberto padroni del centrocampo, Immobile e Correa compongono il settore offensivo. Poco prima del fischio d’inizio della partita, dal tunnel che porta negli spogliatoi, esce Siniša Mihajlović accompagnato dal boato del pubblico che lo aspettava a braccia aperte, tutto lo stadio lo applaude e per un attimo le due tifoserie si confondono nello scroscio di applausi che rimbomba nel Dall’Ara; Siniša non si sarebbe perso questa partita per nulla al mondo. 

Parte benissimo la formazione felsinea: Palacio dopo una serie di rimpalli calcia dal limite dell’area, Strakosha ci arriva senza troppi problemi. Il Bologna appare subito più in partita rispetto all’avversario e al 21′ trova il vantaggio: Orsolini recupera palla sulla destra, doppio passo a disorientare Lulic, cross in area e Krejčí, che si era avventurato in area, stacca indisturbato di testa. È 1-0, il Dall’Ara è una bolgia. Il vantaggio però dura appena due minuti: Lulic dopo una bella percussione sulla sinistra appoggia per Ciro Immobile che con un destro sul primo palo beffa Skoruspki, non incolpevole sul tiro che non sembrava irresistibile. La squadra felsinea però, figlia del proprio allenatore, non si perde d’animo e al 31′ si riporta in vantaggio: Svanberg prova un tiro dalla distanza che si stampa sul palo, sulla ribattuta è lesto Palacio a ribadire in rete, segnando il suo primo goal al Dall’Ara da quando è a Bologna. Il Bologna potrebbe chiudere i conti, ma Sansone si fa ipnotizzare da Strakosha che gli chiude lo specchio della porta dopo una buona iniziativa dell’italo tedesco. Il vantaggio però, anche in questa occasione non è destinato a durare e Immobile su invito delizioso di Luis Alberto riporta il punteggio sul 2-2. 

Il secondo tempo si apre con l’espulsione di Lucas Leiva per somma di ammonizioni dopo una brutta entrata su Svanberg. Il Bologna a rigor di logica dovrebbe approfittarne, ma dieci minuti più tardi Correa, dopo aver dribblato Bani, trova una prateria davanti a se e viene trattenuto platealmente da Gary Medel che rimedia il rosso diretto (dopo un consulto al VAR) per chiara occasione da goal, decisione ineccepibile dell’arbitro Orsato. 
Orsolini avrebbe poi un’occasione colossale dopo un bel cross da parte di Krejčí, ma non riesce a spingere in porta l’ottimo invito del ceco. Risponde Luis Alberto con un pregevole tiro a giro neutralizzato da Skorupski in calcio d’angolo. La partita sembra volgere al termine, ma Palacio allo scadere commette un’ingenuità in area di rigore intervenendo fallosamente su Acerbi che si era spinto in avanti, Orsato non ha dubbi, è calcio di rigore. Se ne incarica Correa che, distratto dagli assordanti fischi del Dall’Ara, stampa il tiro sulla traversa, per la gioia dei tifosi rossoblu. 
La partita si conclude così, un punto a testa, dopo un match assolutamente divertente e combattuto che fa da cornice alla festa dei 110 anni del Bologna. E come recita uno striscione apparso sui distinti: «Dal 1909 la leggenda continua»

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