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Meteore Rossoblù – Rolando Bianchi

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«E in faccia ai maligni e ai superbi il mio nome scintillerà, dalle porte della notte il giorno si bloccherà, un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà…» Così recitano le indimenticabili strofe de La donna cannone, che, dal 1983, accompagnano intere generazioni, tutte ugualmente rapite e folgorate dalla sinfonia di De Gregori. Curioso come il verso riportato poc’anzi, possa facilmente descrivere la carriera di Rolando Bianchi (anche lui dell’83), costellata da traguardi importanti e da rilevanti successi personali. Bianchi, prima di ritirarsi, era il classico numero 9 con il goal addosso, il pubblico pagante era solito applaudirlo fragorosamente, il suo nome scintillava e figurava spesso sulle prime pagine dei quotidiani. Mantenere certi ritmi non è mai facile, ogni anno lo è sempre meno, e dopo tante stagioni giocate ad alti livelli, la luminosa stella subì un brusco rallentamento durante la sua esperienza bolognese, affievolendosi sempre di più e non ritornando più ai fasti del passato. 

Classe 1983, Rolando Bianchi nasce a Lovere, un piccolo paesino in provincia di Bergamo. Percorre tutta la trafila delle giovanili all’Atalanta e a 18 anni esordisce in serie A con la maglia nerazzurra nella sfida contro la Juventus persa per 2-1, giocando per soli 10 minuti che però gli bastano per meritarsi la convocazione in nazionale Under-17. Nella stagione successiva colleziona 3 presenze, mentre nell’annata 2002-2003 riesce a trovare più spazio totalizzando 16 presenze, anche se il finale di stagione non sarà dei migliori, con la retrocessione in serie B dopo lo spareggio contro la Reggina. Nel campionato 2003-2004 gioca solo una partita e a gennaio viene mandato a maturare a Cagliari, alla corte di Edy Reja.  

Nell’anno del ritorno in serie A dei sardi realizza 2 goal in 16 presenze, riconquistando dopo circa un anno e mezzo la maglia azzurra tra le fila dell’Under-20 di Francesco Kawasaki Rocca. Rimarrà in Sardegna anche per la stagione successiva, agli ordini del neo allenatore Daniele Arrigoni, siglando i suoi due primi goal in serie A contro Siena e Reggina, consentendo al Cagliari di agguantare il pareggio in extremis in entrambe le partite. 

Il 28 giugno 2005, durante il mercato estivo, viene riscattato dall’Atalanta per poi essere contestualmente ceduto in compartecipazione alla Reggina. Nonostante le migliori intenzioni del nuovo arrivato, voglioso di mettersi in mostra nella nuova realtà, una lesione al ginocchio rimediata a settembre durante la qualificazione agli Europei Under-21 lo costringe a saltare praticamente tutta la stagione, riuscendo però a recuperare in tempo per il derby dello Stretto e siglando il definitivo 3-0 sul Messina.
Nel 2006, nonostante la magistratura inquirente scoperchi quel Vaso di Pandora ribattezzato Calciopoli che vedrà coinvolta direttamente la Reggina e il suo presidente dell’epoca Pasquale Foti, Bianchi decide comunque di rimanere in Calabria e, sotto la guida di Walter Mazzarri, realizza ben 18 goal in 37 partite e la sua prima tripletta in serie A contro il Palermo, trascinando gli amaranto verso una salvezza che, ad inizio stagione, considerando gli undici punti di penalizzazione, sembrava un’utopia. Bianchi entra così di diritto nella storia della Reggina e di Reggio Calabria, diventandone addirittura cittadino onorario nel 2007. 

Questa cavalcata trionfale suscita gli interessi di diverse squadre, non solo italiane, tra cui il Manchester City guidato dallo svedese Eriksson e passato nelle mani del magnate thailandese Shinawatra il quale mette a disposizione 73 milioni di euro per la campagna acquisti. La dirigenza dei citizens punta tutto sul giovane 24enne bergamasco, conteso anche dal Napoli, mettendo sul piatto 13 milioni di euro e convincendo a malincuore la dirigenza calabrese a cedere il proprio attaccante.
All’esordio con la maglia degli Sky Blues va subito in goal contribuendo al successo sul West Ham Utd, ripetendosi in Carling Cup nella gara di ritorno contro il Bristol City e in campionato contro Tottenham, Boston e Aston Villa. Nonostante l’impegno profuso, l’esperienza di Bianchi in Premier League si interrompe dopo soli cinque mesi, con un bottino di 6 goal in 29 presenze, troppo pochi per conquistare tifosi e stampa che non tardano a voltargli le spalle. 

Consapevole di dover cambiare aria per rilanciare la sua carriera, Rolando nel gennaio 2008 ritorna in Italia. Punta su di lui la Lazio che se lo aggiudica tramite un prestito con diritto di riscatto. L’esordio con la maglia biancoceleste avviene il 27 gennaio contro il Torino, club che si contese proprio con la Lazio il cartellino di Bianchi, il quale preferì all’ultimo minuto la corte di Lotito. Bianchi fa il suo ingresso in campo al 60′ al posto di uno stanco Tommaso Rocchi e i 20.000 granata del Grande Torino, memori di quella scelta, lo sommergono di fischi. Pochi secondi dopo il suo subentro, sicuramente innervosito dagli insulti provenienti dagli spalti, commette un bruttissimo fallo in scivolata nei confronti di Lazetić, Rizzoli lo grazia punendolo con il solo cartellino giallo. Passano appena tre minuti e l’arbitro bolognese è costretto ad espellere Bianchi per somma di ammonizioni dopo una, seppur dubbia, gomitata nei confronti di Paolo Zanetti, con il pubblico granata che accompagna l’uscita del giocatore con un boato, quasi fosse un goal. Non proprio l’esordio migliore per il nuovo numero 9 della Lazio. Il 29 febbraio riesce a sbloccarsi con la nuova maglia, segnando proprio contro la sua ex squadra, la Reggina, su calcio di rigore.
Si ripete la settimana successiva contro il Milan a San Siro, contro la Juventus e contro il Parma che annovera tra i pali Luca Bucci, l’attuale preparatore dei portieri del Bologna. Tuttavia a fine stagione non verrà riscattato dalla Lazio, facendo ritorno a Manchester, ma non per rimanervi, un’altra avventura lo attende. 

Il presidente del Torino Urbano Cairo, ancora convinto delle potenzialità del ragazzo e voglioso di portarlo all’ombra della Mole torna alla carica del City, ottemperando alle richieste dell’allenatore granata Gianni De Biase che vuole a tutti i costi ricomporre la coppia goal Bianchi-Amoruso che fece le fortune della Reggina di Mazzarri. Amoruso era già arrivato a Torino a inizio mercato, mentre Bianchi allettato dalla cospicua offerta e lusingato dal prolungato corteggiamento, si trasferisce al Toro il 23 agosto 2008.
L’esperienza con il Torino si rivela un sodalizio vincente: nonostante l’antipatia dei tifosi per i non propri felicissimi trascorsi, Bianchi conquista rapidamente l’affetto della Maratona a suon di goal che lo porteranno, in cinque stagioni passate tra serie A e serie B, a diventare il capitano della squadra e a realizzare 77 goal in 169 presenze, classificandosi all’undicesimo posto della graduatoria all-time dei marcatori del Torino. Ma si sa, tutte le favole prima o poi hanno una fine, e non è sempre detto che sia lieta: nonostante sia ormai diventato un idolo incontrastato a Torino, qualche incomprensione di troppo con il tecnico Ventura e con il ds Petrachi lo convincono a non rinnovare il proprio contratto con il club di Cairo, segnando la sua ultima rete contro il Catania a fine campionato, congedandosi nel migliore dei modi dai suoi tifosi, per poi ritrovarsi a giugno senza una squadra. Un vero e proprio paradosso. 

Scommette su di lui il Bologna di Guaraldi che, dopo gli addii di Gilardino e Gabbiadini, è alla ricerca di una punta di peso per garantirsi una salvezza tutto sommato tranquilla. La dirigenza felsinea identifica in Bianchi il profilo ideale, l’uomo d’esperienza ma con ancora la voglia di stupire di un esordiente, che convinto dal progetto ed essendo svincolato, si trasferisce volentieri in Emilia. 
«Sono pronto e carico, non vedo l’ora di cominciare e di ripagare la fiducia della società.» queste le sue prime parole da numero 9 rossoblu. Nonostante le buone intenzioni, l’avvio di stagione della squadra è disastroso: i ragazzi di mister Pioli totalizzano solo tre vittorie nel girone d’andata con Bianchi che riuscirà a mettere a referto un solo goal contro la squadra che lo lanciò, l’Atalanta. Il rendimento ben al di sotto delle aspettative costerà la panchina al tecnico parmense, sostituito da Ballardini. Tuttavia il cambio di guida tecnica non darà i frutti sperati, Bianchi riuscirà a segnare solo altri due goal nella sfida interna contro il Napoli, non riuscendo ad evitare una retrocessione che già a gennaio sembrava inevitabile. Difficile analizzare il trascorso bolognese di Bianchi, autore di una vera e propria discesa verticale, mai aveva segnato così poco in carriera. È evidente però che le ingarbugliate vicende societarie, la suicida cessione di Diamanti al Guangzhou e i rimpiazzi acquistati a gennaio (Ibson, Friberg…) per rattoppare una squadra sfilacciata e priva di idee, non fossero l’ambiente ideale per trovare continuità. Impossibile quindi imputargli la quasi scontata retrocessione, diretto risultato di tutta una serie di questioni extra-campo, che inevitabilmente condizionarono squadra e tifosi. 
Ad agosto 2014, fa ritorno all’Atalanta in prestito con diritto di riscatto. Arrivato per fare il vice Denis, non riuscirà più a segnare in serie A, timbrando il cartellino con gli orobici solo in Coppa Italia contro la Fiorentina. Tornato a Bologna rescinde il contratto con i rossoblu e dopo una breve parentesi in Spagna con il Maiorca, vestirà le maglie di Perugia e Pro Vercelli. Consapevole di non poter più essere determinante come un tempo, decide quindi di appendere gli scarpini al chiodo, diventando contestualmente commentatore a DAZN nel 2018. 

Nonostante la stagione disastrosa passata a Bologna, Bianchi ricorderà sempre con piacere il suo trascorso rossoblu: «A Bologna sono stato davvero benissimo, città splendida con persone che ho apprezzato davvero tanto. Vivevo in via Drapperie e ho conosciuto solo persone cordiali» dichiarerà a la Repubblica qualche anno dopo. Come dargli torto. Innumerevoli sono stati i campioni che hanno avuto il privilegio di indossare quella gloriosa maglia, apprezzando contestualmente gli scorci e gli odori della Dotta. È questione di dettagli, di coincidenze, di fortuna e con l’ausilio di una licenza poetica possiamo tranquillamente affermare come Bianchi si trovasse ”nel posto giusto, al momento sbagliato.”

Crediti immagini: PassionePremier, Cittaceleste, ilPosticipo, 1000cuorirossoblu

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