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Roberto Mancini alla Bfc Academy: «Giusto dare spazio ai giovani. Vi racconto di Siniša tassista…»

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Il Mattino

Roberto Mancini è il primo ospite del BFC Academy Webinar, una serie di incontri virtuali tra i ragazzi del settore giovanile rossoblu e i grandi personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo. Tante le domande e i temi passati in rassegna, partendo dagli inizi della sua carriera da calciatore nelle giovanili del Bologna fino ad arrivare alla prestigiosa panchina della Nazionale. Questi i momenti salienti della chiacchierata: 

«Ho giocato nei Giovanissimi del Bologna dove abbiamo vinto tutto, poi sono diventato campione d’Italia con gli Allievi e poi da lì mi hanno promosso direttamente in prima squadra, non ho mai giocato nella Primavera del Bologna. Ho affinato la mia tecnica che fortunatamente già possedevo, ma ho anche cambiato mentalità, approcciandomi agli allenamenti in modo diverso e acquisendo la consapevolezza della loro centralità nella carriera di un calciatore. In quegli stessi anni giocava con me Marco Macina probabilmente uno dei giocatori più forti del mondo della sua età, ma la sua avversione verso gli allenamenti non gli permise di compiere quel salto di qualità necessario. Rispetto a quando giocavo io è cambiato tutto a livello tattico: prima si conosceva poco l’altra squadra, oggigiorno la tecnologia e i mezzi di comunicazione aiutano molto gli allenatori a preparare al meglio le partite. Anche le dinamiche, i tempi e le modalità degli allenamenti sono cambiati, si gioca un calcio più veloce. Allenatore con cui mi sono trovato meglio? Non ne ho uno preferito, ho cercato di imparare da tutti e di cogliere gli insegnamenti che mi hanno elargito, è un consiglio che mi sento di dare a tutti i giovani calciatori.»

Mancini si sofferma poi sulla sua carriera da allenatore: «Perché ho deciso di diventare allenatore? Beh, amo talmente tanto il calcio che non potevo fare altro. Le partite mi trasmettono un’emozione che non ha pari. La prima cosa che guardo in un calciatore è la tecnica, quella fa la differenza, ma apprezzo anche la personalità e l’estro. Allenare la Nazionale per me è un grandissimo onore, rappresento il paese più bello del mondo e una Nazionale che può vantare ben quattro Mondiali in bacheca. Quando alleni un club sei a contatto con i tuoi giocatori tutti i giorni ed è molto stimolante, mentre in Nazionale può passare molto tempo tra i diversi appuntamenti, figurarsi ora con questa emergenza. Per ovviare a questa distanza abbiamo creato delle chat in modo da tenerci in contatto in questo momento complicato per tutti. Stile di gioco che preferisco? Amo il calcio offensivo, diverte me e i tifosi, poi è chiaro che tutto sta nello sfruttare al meglio le qualità dei giocatori a disposizione.»

Sul suo rapporto con i giovani: «Quando un ragazzo è giovane, se si intravedono le qualità tecniche e morali, è giusto dargli fiducia, l’età non conta. A volte gli allenatori hanno un po’ di remore in questo senso, preferendo giocatori più esperti e più pronti nell’immediato per vincere le partite. Sbagliare all’inizio fa parte del gioco. Credo anche che la mentalità italiana faccia fatica ad assorbire e accettare una sconfitta, motivo per il quale si è più restii ad affidarsi ai giovani che magari in quel frangente offrono meno garanzie. Nella mia carriera da allenatore dall’Inter al Galatasaray, passando per il Manchester City, la Lazio e lo Zenit, ho sempre fatto giocare quei giovani che mi dimostravano di avere qualità, memore della mia esperienza personale a Bologna ad appena 16 anni. Seguo molto la Primavera, non a caso convocai Zaniolo che in serie A non aveva mai giocato, abbiamo diversi responsabili che seguono con attenzione il campionato Primavera, per cui consiglio a tutti i ragazzi all’ascolto di impegnarsi.»

E Siniša? «Devo dire che quando era il mio vice all’Inter era lui che mi tratteneva quando ero particolarmente nervoso, anche se quando lui aveva la luna storta era difficile calmarlo. Ricordo un derby finito 4-3 per l’Inter particolarmente movimentato, tra lui Vieira e Ibrahimović era difficile mantenere l’ordine.» C’è spazio anche per un simpatico aneddoto sul tecnico serbo: «Quando lui venne alla Sampdoria comprò una macchina gialla sportiva, un giorno andò a prendere la moglie Arianna alla stazione e mentre l’aspettava all’improvviso uno salì in macchina e Siniša perplesso si girò e disse ”Che c***o fai qui dietro?“ – e il tizio – ”Ah perché non è un taxi?” 

Walter Sabatini conclude la piacevole chiacchierata sollevando il suo dubbio ancestrale: «Roberto, ma come hai fatto a non fumarti mai una stecca di sigarette dopo tutte le emozioni che hai provato, soprattutto al goal di Aguero nel 3-2 contro il QPR?» «Beh – sorride divertito – quel momento è stata pura follia, riuscimmo a ribaltare il risultato nel giro di due minuti, non me lo dimenticherò mai.»

 

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