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Simmetrie – Erick Pulgar e Gary Medel, lo Sparviero e il Pitbull

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Gazzetta.it

Neustift, 9 agosto 2019. L’aria fresca e pulita domina l’atmosfera, il profumo d’estate inebria i fortunati passanti e un timido sole fa capolino sulle montagne austriache, riscaldando anima e cuori dei tanti tifosi accorsi nel piccolo paesino del Tirolo per monitorare la situazione della squadra rossoblu. Sì perché dopo la triste conferenza stampa di Siniša di metà luglio c’è bisogno del calore e della spinta di tutti: chi si improvvisa allenatore con più veemenza del solito, l’inguaribile romantico affiancato dall’irriducibile scettico e pessimista, l’esperto di mercato. L’intento è chiaro: non lasciare sola la squadra, creando attorno ad essa una bolla di positività volta a proteggere un gruppo inevitabilmente affranto e appesantito da una notizia così inaspettata. Si veniva così assottigliando il distacco tra giocatori e tifosi creatosi nelle gestioni precedenti, a beneficio di un’empatia sempre più stringente, una sorta di “abbattimento della quarta parete” di pirandelliana memoria.  

I giocatori, come ogni mattina, svolgono il loro classico allenamento sotto gli occhi attenti di De Leo e Tanjga, ma manca qualcuno all’appello: Erick Pulgar. I tifosi se ne accorgono subito, impossible non notare la sua assenza a centrocampo, colui che nella seconda metà della scorsa stagione ha garantito ai rossoblu quelle geometrie e quei goal che hanno consentito ai felsinei un’insperata salvezza. 

Le voci cominciano a rincorrersi, arrivano conferme e smentite, Internet fa il resto: «Erick Pulgar è un nuovo giocatore della Fiorentina.» Sì, proprio la Fiorentina, rivale per eccellenza dei rossoblu, proprio la squadra alla quale Pulgar segnò uno dei goal più belli che a Bologna si ricorda, direttamente da calcio d’angolo.

Difficile spiegare la sua improvvisa dipartita, specie se si considera che dopo anni di alti e bassi con Donadoni e Inzaghi, lo Sparviero di Antofagasta (così veniva chiamato all’Universidad Católica per le sue abili doti da regista e incontrista) era finalmente riuscito a ritrovare la sua dimensione grazie a Mihajlović, riassaporando quella voglia di giocare e liberandosi di quella supponenza e sfrontatezza che gli avevano inibito per troppo tempo la fluidità di movimento. Le opinioni sono contrastanti, come sempre: chi addita la società di essere rimasta troppo passiva di fronte alle richieste del ragazzo, si discute di clausole come i più esperti consulenti legali, «bon viaz» riecheggia dagli spalti dello Sportstadion di Neustift, «sì ma è anche grazie a lui se ci siamo salvati» sottolineano giustamente i più affezionati. Nel marasma di pensieri divergenti urge trovare un sostituto, il campionato si avvicina, il tempo scorre inesorabile, difficile trovare un giocatore chiave in una zona nevralgica del campo che abbini qualità e quantità. La dirigenza, colta alla sprovvista, rimane lucida, forte anche dell’esperienza del nuovo arrivato, Walter Sabatini. La ricerca del sostituto è ufficialmente partita: il numero di giocatori sul mercato si assottiglia, la chiusura del calciomercato è ormai alle porte, il tempo è tiranno, la preoccupazione tra i tifosi la fa da padrona, anche a causa dell’emergenza infortuni a centrocampo con Dzemaili e Schouten fuori dai giochi per infortunio e con i soli Poli e Kingsley a disposizione. 

Dopo una lunga serie di valutazioni, la scelta ricade su Gary Medel, compagno di nazionale di Pulgar, attratto dalla possibilità di giocarsi di nuovo le sue carte in serie A dopo l’esperienza interista. Originario di Santiago de Chile, ma cresciuto calcisticamente nell’Universidad Católica proprio come Pulgar, El Pitbull, così viene soprannominato per il temperamento e l’irrefrenabile “garra” che dimostra in ogni gara, sbarca quindi a Bologna, dopo le esperienze con Boca Juniors, Siviglia, Cardiff, Inter e Besiktas. Giocatore completamente diverso rispetto a Pulgar, meno tecnico ma più fisico, più esperto, ma meno elegante. Operazione che ai più suscitò seri dubbi: era chiaro a tutti che Medel non potesse sostituire appieno Pulgar, troppo diverse le loro caratteristiche e il loro modo di porsi in campo. Il vuoto lasciato da Pulgar non era certamente uno spiraglio ed era necessario affidarsi ad un giocatore esperto, che facesse da chioccia ai nuovi arrivati Schouten e Dominguez, quest’ultimo arrivato a gennaio, in modo da preservarli e proteggerli da ingenerose critiche premature, un allenatore in campo che formasse uno zoccolo duro di tutto rispetto insieme ai vari Danilo, Palacio, Dzemaili e Poli, in attesa del rientro di Siniša. 

Erick Pulgar e Gary Medel. Figli di uno stesso background culturale, quello cileno, recentemente messo a dura prova dalle rivolte popolari, portatore di tradizioni secolari, terra di emigrati, come tutta l’America Latina, inevitabilmente pregna di influenze europee. Il primo sbarcato a Bologna per crescere e per consacrarsi, salvo poi salutare i colori rossoblu nel momento migliore, il secondo per centrare l’Europa con Mihajlović, prima di fare rientro in Cile per concludere la sua carriera, forse proprio nell’Universidad Católica.
Compagni, amici e pilastri della Roja, protagonisti di una vera e propria staffetta il cui testimone era il prezioso centrocampo del Bologna, un passamano che però finora non ha dato i frutti sperati, quasi una favola esopopiana, quella dello Sparviero e del Pitbull, che, nonostante non goda di un memorabile lieto fine, ha contribuito a far emergere il giovane Jerdy Schouten, del tutto estraneo all’esuberanza tipica sudamericana, riservato, dedito al lavoro e pronto a rendersi protagonista nel nuovo centrocampo rossoblu. 

 Crediti video: Canale Youtube Serie A 

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