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Meteore Rossoblù – Herbert Waas: il cacciabombardiere tedesco che non ha fatto volare Bologna

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C’era una volta Herbert Waas, lo stürmer (attaccante) del Bologna FC.

Stagione 1989/90, rossoblù reduci dal 14° posto dell’anno precedente e dalla debacle firmata dal cileno Hugo Rubio che abbiamo raccontato qualche settimana fa. In panchina figura ancora Luigi Maifredi, una certezza in tema di calcio arrembante: mai come sotto le sue direttive infatti, le punte rossoblù hanno avuto così tante chance di andare a segno in ogni partita. Quale miglior occasione, allora, per fornire al tecnico bresciano una macchina da gol proveniente da uno dei campionati più competitivi d’Europa.

Il presidente Corioni, portafoglio alla mano e sotto le direttive dell’area scouting, intraprende una campagna acquisti da sogno facendo brillare gli occhi ai tifosi bolognesi: sotto le Due Torri sbarcano Geovani Silva – altra meteora rimasta negli annali della società – e Herbert Waas.

Centravanti rapido e veloce, abile a svariare lungo tutto il fronte offensivo facendo letteralmente impazzire le difese avversarie. 176 cm per 73 chili, numeri certamente non da panzer cingolato, bensì da aereo da combattimento pronto a pungere e gonfiare la rete a raffica. Scatto e velocità di gambe appaiono quindi le principali qualità del 26enne bavarese, che arriva alla corte di Maifredi con numeri incoraggianti in Bundesliga: dopo le giovanili nel Passau (cittadina in Baviera), l’esordio nella massima serie con il Monaco 1860 nella stagione ’81-82, in cui mette a referto 11 reti in 35 presenze.

Mica male come debutto in quello che sarebbe diventato nell’arco di alcuni anni il torneo della nazione campione del mondo. Fiuto del gol che sembra non svanire nemmeno nelle stagioni successive, passate tra le fila del Bayer Leverkusen. Qui Waas segna ben 72 gol in 209 presenze, trascinando nell’88 i Werkself alla vittoria della Coppa Uefa contro l’Espanyol (partita in cui realizza anche un rigore determinante al trionfo finale). E nel frattempo, come se non bastasse, ad arricchire il suo curriculum arrivano anche 11 partite e un gol con la nazionale maggiore. Scusate se è poco.

Il campionato di provenienza di Waas e le statistiche che lo accompagnano bastano quindi ad accendere gli animi della curva Andrea Costa, trepidante di vedere all’opera il cacciabombardiere teutonico, magari supportato dalla classe sopraffina dell’altro neo-acquisto rossoblu, il brasiliano Geovani.

Germania come marchio di garanzia di grandi punte, tutte rivelatesi immediatamente incisive anche negli altri campionati europei: da Völler a Klinsmann, campioni che sarebbero saliti sul tetto del mondo nel giro di qualche mese.

Arrivato in Italia, si rende subito riconoscibile grazie al suo look tipicamente tedesco: baffo nero come la pece e quel pizzico di sfrontatezza che si ricerca in un bomber implacabile. D’altronde era stato proprio il suo connazionale ed ex leggenda del Bologna Helmut Haller a consigliarlo al presidente Corioni, fiducioso delle sue abilità davanti alla porta. Ma la realtà, purtroppo per il Bologna, è un’altra.

A dire il vero, la prima delle due stagioni di Waas all’ombra del Dall’Ara si rivela tutto sommato accettabile: 4 reti messe a segno in 20 partite, un bottino che non grida certo alla rivelazione del campionato, ma in parte giustificato dai diversi ritmi della serie A rispetto a quelli della Bundes. Tralasciando tuttavia i soli numeri, l’inconsistenza di Waas in fase offensiva è lampante: l’attaccante cresciuto a suon di gol e birra bavarese in Italia non attecchisce e la sua rinomata cattiveria sotto porta pare rimasta all’aeroporto Marconi. Un’evanescenza passata in sordina grazie alla splendida stagione firmata dagli uomini di Maifredi, capaci di chiudere il campionato all’ottavo posto e di conquistare l’accesso alla coppa Uefa. Sull’onda dell’entusiasmo rossoblù Waas viene così riconfermato anche l’anno successivo. In effetti, per il Bologna non c’è alcun motivo di terminare anzitempo il matrimonio con il bavarese: dopo un primo momento di adattamento al calcio italiano, ora lo stürmer è pronto a prendersi sulle spalle il peso del reparto avanzato felsineo.

La dipartita di Lorenzo Marronaro – destinazione Udine – promuove di fatto Waas punta titolare dello scacchiere rossoblù, con la grande responsabilità di accompagnare la squadra anche in quella coppa Uefa da lui già conquistata col Leverkusen. Ma l’addio del cannoniere italiano non è l’unico cambiamento della stagione: fuori mister Maifredi, richiestissimo dalla Juventus, e dentro il “professore” Franco Scoglio, che si renderà purtroppo protagonista di una delle annate più deludenti della società.

Quel che è certo è che il talento di Waas non emerge neanche con il cambio allenatore, accompagnando così il Bologna in un costante tracollo che si conclude con l’ultimo posto e la retrocessione in serie B con diverse giornate di anticipo.

2 reti in 32 presenze di campionato e 1 gol europeo su 7 apparizioni: numeri impietosi per il tedesco, che fotografano il pessimo andamento della squadra in quella stagione. Se al fallimento di Waas si somma poi quello di Geovani il cerchio di chiude, svelando facilmente i motivi della sterilità offensiva del Bologna (che chiude il torneo con la peggior differenza reti).

Un mancato adattamento, quello dell’attaccante teutonico, non solo sul rettangolo di gioco. Già durante l’anno, in realtà, Waas era parso chiaramente in difficoltà ad integrarsi nello stile di vita italiano dichiarando addirittura di sentire la mancanza del pane nero tipico della Baviera. Un’affermazione curiosa se pronunciata in Italia, e che aveva suscitato qualche frecciatina sarcastica nei suoi confronti.

Un motivo in più per liberarsi della zavorra Waas, che dopo la retrocessione abbandona la penisola senza troppi rimpianti per tornare in patria. Ad accoglierlo ecco l’Amburgo, compagine in cui lascia – se possibile – meno tracce che a Bologna, con altri 2 gol in 33 partite.

Chiusa amaramente dopo un solo anno l’avventura coi biancoblu Waas si accasa allo Zurigo, dove milita dal ’92 al ‘95 con risultati altalenanti, fino a chiudere a propria carriera proprio nel 1995 con la Dinamo Dresda (serie B tedesca)

C’erano una volta un brasiliano con la saudade do Brasil e un tedesco con la saudade do Deutschland. Sembra l’inizio di una barzelletta, e invece è il ritratto del Bologna ‘89/90 targato Geovani e soprattutto Herbert Waas: un caccia da combattimento arrivato in Italia con le polveri bagnate.

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