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ESCLUSIVA – Intervista a Daniele Pagani: “Brian Rodríguez, l’amore per Palacio, la stima per Domínguez”

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futbol.com

In questi ultimi giorni si è parlato dell’interesse del Bologna per Brian Rodriguez, attaccante classe 2000 dei Los Angeles FC. Per parlare un pò di lui e conoscerlo meglio abbiamo avuto il piacere di intervistare Daniele Pagani, grande esperto di calcio sudamericano – in particolare argentino – e scrittore per l’Udinese. Con lui abbiamo parlato anche degli altri due sudamericani presenti nella rosa rossoblu, Nicolas Dominguez e Rodrigo Palacio.

Buongiorno, Daniele. Si parla di un interessamento del Bologna per Brian Rodríguez del Los Angeles FC: che cosa puoi dirci di questo talentino classe duemila? E cosa potrebbe dare alla squadra di Siniša Mihajlović?

“Buongiorno, Federico, e buongiorno alla redazione di 1000 Cuori Rossoblu. Quello di Brian Rodríguez è un profilo molto interessante in ottica Bologna, che per giunta si impreziosisce di una storia personale ricca di sfaccettature. Ha cominciato a giocare a calcio su suggerimento dei suoi maestri di scuola, che consigliarono ai suoi genitori di fargli praticare uno sport, per incanalare e veicolare la sua tendenza all’iperattività. La sua prima squadra giovanile è stata l’escuelita de fútbol Pelota de Trapo, una vera e propria istituzione del calcio giovanile uruguaiano da ormai ventisei anni, che si fregia di un qualcerto prestigio e innumerevoli successi nella Asociación de fútbol di Cochabamba. Uno dei suoi primi tecnici giovanili, Tabaré Do Prado, ha raccontato che durante una partita di campionato il collega avversario negli spogliatoi gli chiese di sostituirlo. Per non demoralizzare ulteriormente i suoi ragazzi. Brian è un audace, un charrúa che ama stare al centro del gioco, talvolta correndo anche il rischio di risultare un poco pretenzioso. Al Peñarol i tifosi non hanno preso bene il suo addio dopo una sola stagione, dove ha figurato discretamente bene, al fianco di due giocatori di esperienza come il Cebolla Rodríguez e Lucas Viatri. L’offerta del Los Angeles, però, in termini economici era irrinunciabile: 11.5 milioni di dollari, il terzo trasferimento più costoso nella storia della MLS dopo quelli di Ezequiel Barco e Gonzalo Martínez all’Atlanta, più una fitta rete di collaborazioni giovanili in termini di risorse economiche e di coaching. L’exploit vero e proprio di Rodríguez è arrivato al Mondiale sub–20 dello scorso anno, che si è tenuto in Polonia: due gol e un assist in quattro partite, sufficiente per fare drizzare le antenne di qualche scout. Alejandro Garay e Fabián Coito, suoi tecnici nelle selezioni giovanili della Celeste, ne parlano con toni entusiastici. E, dunque, l’esordio tra i grandi con Tabárez è diventato semplicemente una conseguenza. Lui, per ripagare la fiducia, ha risposto con 3 reti in 6 partite. Nasce come ala sinistra, ma può essere impiegato anche sul lato destro. Lo preferisco da ala. Perché schierato al centro dell’attacco fa fatica a esprimere le sue principali caratteristiche”.

Da un talento seguito ad un altro che, invece, è già in casa: cosa pensi di Nicolás Domínguez? Secondo te che tipo di calciatore è, e perché non è ancora esploso in rossoblù?

“Credo sia prematuro parlare del perché non sia ancora esploso: è arrivato a gennaio, ha raccolto solo cinque presenze in Serie A per un totale di appena 215 minuti, prima dello stop forzato dei campionati causato dal coronavirus, e dunque diventa estremamente complicato lanciarsi in un giudizio che molto probabilmente potrebbe risultare spregiudicato, affrettato. Personalmente credo che Domínguez abbia tutte le carte in regola per diventare un punto fermo dell’Argentina nel prossimo futuro. Scaloni passo dopo passo sta cominciando a concedergli spazio, e con Palacios potrebbe finalmente dare una spinta importante, e forse addirittura decisiva, al processo di palingenesi tecnica del centrocampo albiceleste. Gabriel Heinze, che secondo me è per distacco il miglior tecnico del calcio argentino attuale, è stato in grado di renderlo un eccellente box to box lavorando di scalpello soprattutto sulla fase difensiva, che in parte gli mancava nel repertorio. Nico rappresenta un equilibrio di intensità e tecnica, quello che oggi definiamo un tuttocampista. Il suo background tecnico è naïf, ma nel senso più artistico del termine: si basa sull’essenzialità, sul trovare il punto di rottura dell’equilibrio avversario, che sia con una delle sue sventagliate, con un filtrante rasoterra, oppure con uno dei suoi inserimenti senza palla dalle retrovie. Tempo al tempo, sono fermamente convinto che il ragazzo riuscirà a dimostrare tutte le sue qualità: il Bologna sta dimostrando, attraverso un lavoro molto meticoloso, di poter essere un’ottima piazza dove valorizzare e nobilitare il concetto di linea verde”.

L’immortale, Rodrigo Palacio: come descriveresti «El Trenza», cosa significa il suo nome per l’ambiente felsineo?

“È un’impresa certamente ardua, o comunque non semplice, tentar di spiegare cosa sia Rodrigo Palacio per l’ambiente felsineo, per il Bologna di oggi. Ma, essendo un tifoso dichiarato dell’Inter, conoscendolo sin dagli anni del Boca Juniors, posso comunque averne una percezione idealistica ben precisa. Palacio per me è uno di quei giocatori dalla dimensione ecumenica, impossibile da non apprezzare, tanto per le qualità calcistiche quanto per il suo modo di vivere il fútbol: con identitarietà, con una professionalità fuori dal comune, che dovrebbe essere presa come un esempio da seguire se l’obiettivo è quello di avere una carriera di alto livello. O quantomeno dignitosa e priva di rimpianti. Il suo gol contro il Catania al Meazza, stop di petto in corsa e tiro al volo, e quello di tacco nel derby, sono i ricordi più belli che ho dei suoi cinque anni nerazzurri. Impossibile non amarlo, non apprezzarne l’impegno, la voglia di spendere ogni goccia presente nel serbatoio, durante i novanta minuti. Anche quest’anno ha dimostrato di poter essere un attaccante decisivo, pungente, temibile, nonostante le primavere sulle spalle siano ormai 38. Quando si ritirerà, molto probabilmente, dovrò versare qualche lacrima d’amore in privato”.

Oltre alla scrittura, e al racconto di storie, che sono il tuo pane quotidiano, hai dimostrato di essere un attento osservatore di talenti: hai qualche prospetto sudamericano da consigliare, magari ideale per la linea verde perseguita dal Bologna nelle ultime stagioni?

“In questo periodo, anche per via di alcuni progetti personali a cui sto lavorando, mi sono concentrato soprattutto su Argentina e Uruguay, che comunque in generale sono da sempre i miei principali campi d’interesse. Giusto l’altro giorno chiacchieravo con Giacomo Ratto, portiere che ha girato il mondo, un mio grandissimo amico, varesotto come me, di Joaquín Blázquez: un estremo difensore argentino classe duemilauno del Talleres de Córdoba, che l’anno scorso ha debuttato anche con Fernando Batista nella Selección albiceleste sub-20. Parliamo di una pertica di quasi un metro e novantacinque, un armadio a due ante praticamente, che comunque mi ha restituito ottime impressioni. Sia per la sicurezza con cui protegge i pali, che per la perspicacia nelle scelte di tempo. Si dice un gran bene anche di Alan Agustín Velasco, ala sinistra dell’Independiente, di diciassette anni: in termini tecnici potrebbe essere una bella sorpresa nel prossimo futuro, ha personalità da vendere e sotto la guida di Pablo Aimar in Nazionale è cresciuto molto in mentalità. Spostando la lente d’ingrandimento dall’altro lato del Río de la Plata, per controbilanciare, invece, punterei ad occhi chiusi su Facundo Pellistri del Peñarol: è la Nouvelle Vague uruguaiana. Come Bentancur, Valverde e Nahitan Nández, prima di lui. Ha tutto, sa sempre trovare lo spazio per ricevere indisturbato il pallone, per poi detonare il suo cambio di passo elettrico, chirurgico. L’ultimo nome è quello di un altro Rodríguez, Santiago: un duemila, come Brian, del Nacional. Non ho ancora inquadrato bene in che sistema di gioco potrebbe rendere al meglio, se come ala da 4–3–3, o da esterno di centrocampo di un 4–4–2, ma è un giocatore che riesce a unire qualità e intensità, piuttosto associativo in fase di possesso e decisamente portato in fase di rifinitura. Nell’esordio in Libertadores è anche stato decisivo nella prima partita della fase a gironi, contro i peruviani dell’Alianza Lima. Certe voci di corridoio mi hanno riferito di un interesse dell’Inter, ancora in fase embrionale, ma le cifre sono piuttosto abbordabili per qualunque società al momento”.

Grazie per la chiacchierata, Daniele.

“Grazie a te, un abbraccio”.

 

 

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