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Meteore Rossoblù – Petkovic, l’ariete croato che non ha sfondato

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Dalle stelle alle stalle, e poi di nuovo protagonista sotto i riflettori del grande calcio.

Quella di Bruno Petkovic non è una carriera per deboli di cuore. Montagne russe che hanno portato il gigante croato dai piccoli campi di periferia fino all’erba degli stadi di serie A, tra continui alti e bassi sia nei risultati, sia nelle prestazioni. È passato anche sotto le Due Torri, il buon Bruno, dove purtroppo per il Bologna ha vissuto una fase di evidente difficoltà, facendo presto dimenticare di sé.

Originario di Metković, cittadina al confine con la Bosnia-Erzegovina dove nasce nel 1994, Petkovic è il prototipo della prima punta “moderna”: fisico imponente (192 cm per 88 chili) che gli garantisce grande elevazione e buona tecnica individuale, il tutto condito da una discreta velocità. Certamente non un predatore infallibile sotto porta, ma fondamentale per i meccanismi delle squadre di oggi, dato che il suo compito è “fare a sportellate” con i difensori per favorire l’ingresso in area dei gregari d’attacco.

Insomma, una vera e propria macchina da combattimento per sfiancare la retroguardia del nemico, prima di colpirlo dove fa più male.

Il guerriero Petkovic comincia a lottare nella tre quarti del campetto della sua città natale, per poi spostarsi di continuo tra il 2006 e il 2012 tra le giovanili di Zagabria: Dinamo, NK, HAŠK e Hrvatski Dragovoljac. Un percorso in crescendo per Bruno, che lascia la famiglia appena 12enne per trasferirsi nella capitale croata e tentare di coronare il sogno.

Nel frattempo infatti, si dimostra piuttosto promettente con il pallone tra i piedi, oltre che un perfetto punto di riferimento offensivo per far salire la squadra durante il possesso palla. E non è un caso che nel 2012, dopo sette anni passati a farsi le ossa in Croazia, ecco la prima sliding door della carriera: a chiamare a rapporto Petkovic è la serie A italiana, con il Catania di Rolando Maran. Cogliendo al volo l’occasione, Bruno approda all’ombra dell’Etna colmo di entusiasmo e di aspettative, le stesse che i rossazzurri hanno nei suoi confronti.

Il giovane colosso viene così aggregato alla primavera con l’obiettivo di limarne gli ultimi difetti prima di farlo esordire sul palcoscenico più importante. Debutto che arriva l’ultima giornata di campionato contro il Torino, in una sorta di passerella che gli consente di mettersi in luce agli occhi degli addetti ai lavori.

Tuttavia, nel campionato successivo Bruno non riesce a ritagliarsi spazio nello scacchiere etneo, totalizzando la miseria di 4 presenze. Ecco allora la seconda porta girevole della sua vita calcistica: la cessione in serie B.

Varese nella prima parte di stagione 2014/2015, Reggiana nella seconda, poi Virtus Entella e Trapani fino al 2017: Bruno non si ferma mai, cambiando tante casacche proprio come in Croazia, sempre sostenuto da prestazioni e talento. Talento che sboccia definitivamente proprio in Sicilia, dove Petkovic nell’annata 15/16 trascina con 7 gol e 7 assist i granata di Serse Cosmi ad un passo dal sogno promozione, soccombendo solo in finale al Pescara.

Fallito il salto di categoria ma riuscito quello personale: il gioiello croato raggiunge la maturità calcistica, guadagnandosi così le attenzioni delle società della massima serie. Bastano pochi mesi infatti perché arrivi la chiamata del Bologna, che nel calciomercato invernale del 2017 si assicura il suo cartellino per 1,2 milioni. Un investimento per il presente e soprattutto per il futuro, con Petkovic che potrebbe in questo modo divenire in nuovo ariete di sfondamento titolare rossoblù.

Con le prime punte Destro e Avenatti già in rosa la concorrenza è alta, ma Bruno è abituato a sgomitare per raggiungere i propri obiettivi: nell’arco di mezzo campionato le presenze in campo sono 21 (di cui 12 in campionato), missione compiuta. Ma i gol? Quelli non pervenuti. Un emblematico “zero” accanto alle marcature del promettente puntero. E il copione si ripete anche nella prima metà della stagione successiva, con altre 9 apparizioni in campo senza segnature.

 Passi pure che il gol non è la sua prima vocazione, ma da un giocatore con tali caratteristiche è lecito attendersi di più, soprattutto dal momento che le opportunità sotto la gestione Donadoni non sono mancate.

Dopo un anno esatto dal suo arrivo sotto le Due Torri, Petkovic viene prestato dai felsinei al Verona, con la speranza che gli scaligeri risvegliassero la sua vena realizzativa. Morale, 16 partite giocate e ancora nessuna rete, con i gialloblù che inevitabilmente retrocedono, senza riscattarlo.

Un altro flop nell’avventura in serie A di Bruno, che nell’estate del 2018 fa ritorno in patria tra le fila della blasonata Dinamo Zagabria. Ed è proprio con la divisa a scacchi che il gigante di Metković ritorna quello di un tempo, imponendosi subito come attaccante titolare e collezionando 75 presenze nelle ultime due stagioni. I gol restano sempre pochi (24), ma 5 dei quali in Champions League e 2 in Europa League, con prestazioni che gli sono valse l’appellativo di erede di Mandzukic.

Un’ultima porta girevole che gli ha portato fortuna non solo nelle squadre di club, ma anche in nazionale. Dopo l’addio proprio di Mario Mandzukic e l’harakiri di Kalinic negli ultimi mondiali, infatti, il peso dell’attacco dei vicecampioni del mondo è ricaduto su di lui. E proprio lui non si è fatto pregare: 8 partite e 5 gol nella fase di qualificazione ai prossimi Europei, e una leadership offensiva ormai ben chiara.

Davanti al centrocampo Rakitic-Modric-Brozovic c’è Petkovic, pronto a “fare a sportellate” con gli avversari e a diventare il nuovo cannoniere con la divisa a scacchi.

Peccato non l’abbia fatto anche con il trio Pulgar-Dzemaili-Poli: la qualità non sarà la stessa, ma almeno qualche gol…

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