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L’editoriale: tre punti d’oro per portare fede e speranza

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Damiano Fiorentini x 1000Cuori Rossoblu

La vittoria del Bologna contro il Verona, a 48 giorni dall’ultima in campionato (1-0 al Crotone il 29 novembre), pare una di quelle serrate che si fanno in fretta e furia quando sta per arrivare il temporale. Si chiudono le finestre, le serrande, si controlla di non aver lasciato nulla in terrazzo che possa recare danno. Sì perché i prossimi 180 minuti dei rossoblù, contro Juventus e Milan sono un tortuoso sentiero da percorrere per portare a casa qualche punto. Anche se, in un panorama europeo generale dove ogni campionato si decide punto per punto e nessuno ha ancora presto troppo il largo dopo ben quattro mesi di stagione, ogni partita ha più che mai una storia a sé. 

Ma i tre punti contro i gialloblu, pur penalizzati dalla pesante assenza di Tameze, mediano di presenza fisica che avrebbe potuto arginare molti degli attacchi dei padroni di casa, erano vitali proprio per mettere fieno in cascina in vista di due incontri quasi proibitivi. Crisi di risultati ma non di prestazioni, diceva Mihajlovic, e forse questo pomeriggio l’assioma è stato certificato. Non è parso un Bologna slegato, tutt’altro: compatto, capace di soffrire quando è stato il momento, nonostante il Verona non abbia poi creato così grandi palle gol se si fa eccezione per la monumentale occasione di Kalinic nella ripresa, e anche con sprazzi di qualità. Orsolini battaglia, prende falli, scodella palloni, tira in porta (suo il sinistro respinto da Silvestri nel secondo tempo che sarebbe potuto valere il 2-0) e pare redivivo e sul pezzo, trasformando il penalty decisivo. Buoni spunti anche da Vignato, lanciato in campo al posto di un Palacio esaurito da 17 partite colme di chilometri, anche se nel tempo ci si aspetterà di più dall’ex clivense.

Il 4-2-3-1 stavolta ha lanciato Barrow come prima punta, e la posizione gli ha consentito, pur svariando ugualmente nella sua vecchia posizione in qualche occasione, di essere più presente seppur non si tolga di dosso certe dosi di macchinosità e poca scaltrezza che sarebbero proprie di un attaccante capace di cavar fuori assolute perle e sonnecchiare per il resto del match. Questo è il punto: la continuità. Di prestazione, e quella già si era intravista, ma soprattutto di risposte dai singoli. Il Bologna sarà questo con un Soumaoro in più (3 presenze in Ligue 1 in questa stagione con il Lilla, squadra che di talenti ne ha sfornati parecchi negli ultimissimi anni) ancora tutto da scoprire, perché con buona pace dei sognatori, il calcio italiano non ha mai imposto negli ultimi anni mercati faraonici (eccetto qualche big) figuriamoci in un regime di crisi finanziaria dovuta al coronavirus. La buona notizia è che l’infermeria va svuotandosi e nemmeno oggi i numerosi diffidati hanno allungato troppo la gamba rischiando la squalifica. Insomma, tutto in equilibrio finalmente, nel pomeriggio che ha visto forse il miglior primo tempo stagionale della squadra di Mihajlovic. Un riscatto dopo la opaca prestazione di Genova, e non solo per colpa del terreno.

Alla domanda se domani avrebbe letto i giornali, il tecnico serbo ha lasciato solo un laconico “forse”, dopo essersi paragonato alla Thatcher, che li sfogliava solo quando c’erano buone notizie. Ecco, Sinisa crediamo desideri raggiungere almeno la metà dei traguardi della “Iron lady”, contestatissima e odiatissima, ma che a suo dire lasciò l’Inghilterra “in una situazione migliore di quella che aveva trovato al suo arrivo” quando nel 1990 si dimise. Prestissimo per i bilanci, ma nonostante le 8 partite senza vincere, considerate tutte le variabili, il bicchiere è leggermente mezzo pieno. E a proposito della Thatcher, cogliamo un altro spunto: “Dove c’è dubbio si porti la fede, dove c’è disperazione si porti la speranza”, disse appena insediata a Downing Street nel 1979 parafrasando San Francesco. Nella tifoseria rossoblù, questo pomeriggio, Mihajlovic un po’ di fede in più l’ha certamente portata.

 

 

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