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Roby Baggio, l’essenza del calcio

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Bologna FC

 

 

‘Da quando Baggio non gioca più, non è più domenica..” Così recita la canzone di Cesare Cremonini, intitolata Marmellata 25.

Roberto Baggio spegne oggi 54 candeline.
Colui che incantò Bologna con le sue giocate e i suoi 22 gol nel lontano campionato del 1997-1998.
Quanti calciatori sono riusciti a lasciare un segno così indelebile in una piazza dove hanno giocato per una sola stagione? 
Pochissimi, ma Baggio è uno di quelli. E forse è questo che lo rende così speciale.

Il Divin Codino ha lasciato un bellissimo ricordo in tutte le piazze in cui è stato, e questo dovrà pur significare qualcosa.
Giocatore eccellente, uno dei più grandi di sempre. 
Roby Baggio rappresenta in sé l’essenza stessa del calcio.

Bologna è stata per Baggio la città della rinascita, dopo due anni con più ombre che luci nel Milan.

Il Divin Codino approdò sotto le due torri nel luglio del 1997, quando ormai mancava un anno esatto ai Mondiali del 1998.
Baggio voleva la convocazione in azzurro, a tutti i costi, e trovò nel Bologna la squadra ideale dove rilanciarsi.
Furono molto abili Gazzoni e Oriali, i quali approfittarono del rifiuto del Parma di accaparrarsi le prestazioni del Divin Codino e chiusero l’affare. 

Quando in città si venne a sapere dell’arrivo di Baggio, l’emozione prese il sopravvento.
Gli abbonamenti schizzarono alle stelle, segno che la piazza aveva bisogno di un nome come quello di Roby Baggio, un nome altisonante, che solo a sentirlo si rabbrividiva.
Pallone d’oro nel 1993 e vicecampione del mondo nel 1994 insieme a Beppe Signori.
Le qualità del giocatore erano già note a tutti.

La stagione di Baggio in maglia rossoblù fu a dir poco sensazionale: 22 reti in 30 presenze, e convocazione al Mondiale assicurata.
La squadra terminò il campionato all’ottavo posto, qualificandosi alla Coppa Intertoto.
Una stagione da incorniciare per l’attaccante ex Milan, seppure con le continue diatribe tra lo stesso calciatore e l’allora tecnico del Bologna Ulivieri.
Anche questo però serve per capire quanto la piazza si fosse affezionata a Baggio.
Baggio arrivò anche a lasciare il ritiro del Bologna, prima della partita contro la Juventus, quando seppe che Ulivieri non lo avrebbe fatto partire titolare.
E durante quella stessa partita, quando il Bologna si trovò sotto per 3-0 con i bianconeri, la curva iniziò ad inneggiare il nome del Divin Codino, schierandosi di fatto dalla sua parte.

Persona introversa, timida e schiva Baggio, ma con una grande umiltà. Si mise a disposizione della squadra sin dal primo giorno, e non è un caso che già dal ritiro estivo a Sestola i tifosi lo accolsero a braccia aperte.
E’ stato un po’ come un amore a prima vista tra l’attaccante e la piazza.

Sarebbe stato facile per Roberto dire si all’Inter già nel gennaio del 1998, Ulivieri spesso e volentieri non lo schierava titolare e i nerazzurri erano alla finestra. 
Eppure, Baggio non se la sentì. Non se la sentì di lasciare tutta quella che gente che aveva fatto una spesa importante per l’abbonamento, che tanto credeva in lui e che l’aveva accolto a braccia aperte.
Ci andò, si, all’Inter, ma solo a giugno, prima volle mantenere la promessa fatta alla città.

Le strade di Baggio e Bologna si sono poi incrociate di nuovo, quando nel 2002 i rossoblù andarono a giocarsi l’accesso alla Coppa Uefa proprio contro il Brescia di Baggio, che doveva assolutamente vincere per salvarsi.
3-0 per le Rondinelle, con il secondo gol firmato proprio da Baggio su rigore, e il Bologna di Signori che si deve accontentare dell’Intertoto.
E’ il calcio.

Nulla potrà mai cancellare ciò che è stato il Divin Codino per questa città.
Uno dei più forti calciatori ad aver vestito la gloriosa maglia rossoblù, forse quello che più di tutti ha fatto sognare nei tempi recenti.

Quando si pensa a Baggio, a chi lo si paragona? Probabilmente a nomi del calibro di Mazzola, Totti e Rivera.

Chi è stato Roberto Baggio? Anzi, cosa è stato? La risposta è semplice: il calcio allo stato puro.

Ci sarà sempre un filo che unisce questa città a questo grande campione. 
Si, perché per essere campioni non basta diventarlo sul terreno verde, ma per esserlo davvero lo si deve dimostrare anche fuori dal campo. 
Baggio lo è stato.

Auguri di cuore Divin Codino, grazie per averci fatto sognare, cosa che forse non siamo più tanto abituati a fare.

 

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