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IL GRILLO PENSANTE – Uno spartito familiare

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Foto Ansa


Anno nuovo, vita vecchia. La truppa di Mihajlovic sembrava aver preso le distanze dalla censurabile eliminazione dalla Coppa Italia per mano della Ternana (che non brilla in cadetteria) con un avvio di campionato insolito e confortante, qualcosa di diverso dalla solita minestra; il recupero con trionfo finale al cospetto della matricola Salernitana e soprattutto il pari di Bergamo seguito dalla complicata vittoria di misura contro il Verona (senza subire reti in entrambe le occasioni, non succedeva da 2 anni e mezzo) apparivano come i primi mattoni di un nuovo cantiere, la speranza di aver realmente imboccato il sentiero del tanto agognato “salto di qualità”. Più brutti ma più efficienti.

 

L’auspicio che un incipit così incoraggiante potesse giustificare le velleità di strappare punti sul campo dell’Inter si è dissolto sotto i colpi tremendi dei campioni d’Italia, il velo dell’illusione si è sollevato fin dalle prime battute smascherando le fragilità di un reparto arretrato che, a voler guardare con gli occhi dell’avvocato del diavolo, è composto da destra a sinistra: dalla riserva di Tomiyasu, da un giocatore con la valigia pronta fino a fine mercato e di stazza sconsigliata per un centrale difensivo, dal più oneroso rinforzo estivo che (almeno al momento) tormenta i pensieri di chi lo ha pagato 6 milioni e da un promettente prospetto che pecca necessariamente di inesperienza. Chi però volesse vestire i panni del legale difensore potrebbe controbattere che De Silvestri e Medel, sebbene nella scorsa stagione stazionavano più in panchina che in campo, sono protagonisti di un avvio di stagione positivo, che Bonifazi è colto da improvvise amnesie ma è dotato di energia ed intraprendenza e che il futuro è certamente tra i piedi del giovane Hickey. La verità galleggia probabilmente a metà del guado ma la Caporetto milanese ha spalancato di colpo tutto gli armadi nei quali erano stati riposti troppo frettolosamente gli scheletri delle passate stagioni, una batosta (come apostrofata da Mihajlovic) che mina il fascino di cui si stava ammantando la brigata rossoblu e riporta tutti coi piedi ben piantati al suolo.

Fortuna vuole che, dopo appena 72 ore, la frustrazione possa trasformarsi in rivalsa incrociando le armi col Genoa di Ballardini tra le mura amiche del Dall’Ara. Lo scenario è ideale, un’occasione propizia per spazzare via i dubbi e bollare il set tennistico di San Siro come un’incidente di percorso; in realtà la prima frazione offre poco in linea con la precedente gara casalinga col Verona, la contesa è una partita a scacchi sporca e macchinosa, la distruzione del gioco altrui prevale sui buoni propositi offensivi e il risultato è ben poco edificante. Nella ripresa la sinfonia è decisamente più orecchiabile ma tra il Bologna e la posta piena si intromettono prima il sanguinoso errore di Orsolini che permette a Destro di impattare il bel gol di Hickey e, sul finale di gara, l’arbitro Forneau che concede al Grifone un penalty viziato da un fallo su Bonifazi non rilevato neppure da Banti in postazione VAR; Criscito capitalizza la gentile concessione pareggiando una gara che i felsinei sentivano già in tasca dopo il precedente penalty del 2-1 trasformato da Arnautovic, marcatura non bissata al fotofinish nella clamorosa doppia occasione in cui Skov Olsen colpisce la traversa e Soriano spara su Sirigu a colpo sicuro. Finale amaro dal gusto familiare, lo spartito non è ancora cambiato.

 

Il punticino interno col Genoa è un vento che soffia sul fuoco delle polemiche già accennate dopo l’Inter, sembra aumentare la schiera dei critici nei confronti di Sinisa Mihajlovic additato di non sfruttare adeguatamente le potenzialità della rosa a disposizione; gli interrogativi colpiscono più specificatamente l’insistenza sul medesimo modulo tattico, l’inspiegabile destituzione di alcuni giocatori (ad esempio Soumaoro, il cui arrivo lo scorso anno aveva giovato alla disastrata difesa rossoblu) e la difficoltà di non riuscire ad inquadrare in una precisa identità una squadra che vive di strappi e altalene.

L’altro gravoso enigma risiede nell’involuzione degli esterni offensivi, in 5 partite di Serie A la casella delle reti siglate da Soriano, Orsolini, Barrow, Skov Olsen, Sansone e Vignato riporta zero scarabocchio; i terzini De Silvestri ed Hickey insieme ne hanno segnati 3, dato meraviglioso ma che non può compensare la desolazione di un reparto offensivo ipoteticamente fiore all’occhiello della truppa, è assolutamente indispensabile che le frecce nella faretra rossoblu inizino ad essere scoccate per fare morti e feriti (sportivamente parlando) e non titubanti grattini…già dall’imminente gara di Empoli che, sebbene sia travestita anch’essa da favorevole opportunità di riscatto, in realtà nasconde profonde insidie che Sinisa ed i suoi ragazzi dovranno calpestare senza alcun compromesso.

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