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IL GRILLO PENSANTE – Concorso di colpa

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Foto GDS - Giornale di Sicilia


Galeotta fu la pausa per le nazionali tanto che, da un’invidiabile posizione a ridosso delle corazzate, il Bologna è rapidamente franato nella familiare “zona anonimato” in perfetta linea con i 12 punti conquistati nella stagione scorsa. Dopo la roboante vittoria casalinga con la Lazio l’ambiente si era caricato di aspettative ed il pit-stop per le qualificazioni mondiali aveva soltanto accresciuto la smania di ritrovare una squadra carica e vincente; ambizioni prontamente spezzate dal solo punto conquistato nelle successive 3 partite.

 

Il parziale ridimensionamento patito nelle ultime 2 settimane è figlio delle deludenti prestazioni contro Udinese e Napoli, dell’eroica ma vana lotta contro il Milan e di una classe arbitrale prepotentemente tornata alla ribalta per lo scriteriato uso di uno strumento sacrosanto come il VAR.

Ad Udine il sig. Abisso di Palermo spedisce il bianconero Pereyra sotto la doccia ancora prima dell’intervallo, apparecchiando sostanzialmente la tavola ai rossoblu per il probabile banchetto del secondo tempo; l’acquolina in bocca viene gratificata dal vantaggio di Barrow ma, nonostante l’inferiorità numerica, l’Udinese non china la testa ed anche alcune scelte di Mihajlovic (contemporaneamente sostituiti gli ottimi Theate e Binks capaci di mettere la museruola al temibile Beto) non si rivelano indovinate. Ed infatti, a pochi minuti dal termine, lo stesso centravanti portoghese pareggia insperatamente il match in un’azione viziata dal blocco al limite della regolarità di Becao su Skorupski. Il VAR si traveste da Ponzio Pilato, la rete viene convalidata senza perdite di tempo e il risultato di 1-1 finirà a referto al triplice fischio.

Il primo tempo della successiva gara contro il Milan si apre con uno scenario da piaghe d’Egitto, sul Dall’Ara piove di tutto: rete (con deviazione) di Leao, espulsione di Soumaoro per fallo da ultimo uomo (sebbene non vi fosse alcuna certezza che Krunjc potesse raggiungere il pallone prima di Skorupski in uscita) e raddoppio di Calabria a conclusione di un’azione-flipper. Qualsiasi persona dotata di buon senso sarebbe stata tentata di abbandonare lo stadio o spegnere la TV per risparmiarsi la mattanza della ripresa; la palla però è pur sempre rotonda ed il canovaccio viene clamorosamente stravolto, nel giro di 7 minuti l’autogol di Ibrahimovic e la zampata del solito Barrow trasformano il Bologna da vittima sacrificale ad eroico gladiatore. Neppure il tempo di gioire che si erge nuovamente a protagonista il VAR richiamando Valeri, con conseguente espulsione di capitan Soriano reo di un’entrata pericolosa su Ballo Tourè (magari ci fosse sempre tanta solerzia e non solo a targhe alterne). La truppa di Mihajlovic ridotta in 9 continua a combattere con un furore commovente, il Milan è minaccioso in una sola occasione mentre sul versante opposto soltanto un difettoso controllo di palla di Arnautovic separa i rossoblu dal fiabesco vantaggio. Nel finale il Diavolo riesce a sbloccare lo stallo pescando una matta provvidenziale con Bennacer ed il 2-4 di Ibra è del tutto ininfluente.

A Napoli la partita è dominata dai padroni di casa con il benestare dell’arbitro Serra; la squadra di Spalletti non avrebbe avuto bisogno di alcun aiuto per avere ragione di un Bologna inerme e compassato ma il direttore di gara torinese ha comunque intrapreso una condotta che in tempi antichi si sarebbe definita “casalinga”, ricorrendo al VAR per assegnare ai partenopei un primo calcio di rigore non rilevato in diretta (il fallo di mano di Medel sembra però indirizzato dalla carica di Osimhen sul cileno) e poi non contemplandolo per sconfessare un secondo penalty fantasiosamente assegnato (l’intervento di Mbaye è poco più che accennato).

 

Tirando le somme di un trittico infausto, nel Bologna si intravedono potenzialità ma anche limiti strutturali, le sconfitte sono già 4 in 10 partite e soltanto lo Spezia (23) ha subìto più reti dei rossoblu (22). E’ evidente che le nuove strategie difensive di Sinisa faticano a trasformarsi in automatismi efficaci. Ma c’è un concorso di colpa, oggettivamente anche le direzioni di gara di questo avvio di stagione si sono rivelate poco convincenti; la difformità di utilizzo del VAR somiglia sempre di più ad una strenua resistenza della classe arbitrale all’utilizzo della tecnologia, l’intrusione di un terzo incomodo avente l’obiettivo di correggere errori e sviste mina di fatto il potere decisionale degli stessi arbitri che, dal canto loro, faticano a mascherare il mal di pancia. Il fischietto non potrà più essere la Parola di Dio ma sarà sempre soggetta al giudizio della nuova divinità VAR, prima tale consapevolezza verrà assorbita dalla squadra di Rocchi e prima sarà possibile (si spera) assistere a condotte più coerenti di quelle visionate negli ultimi tempi.

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