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Nel segno di Arnautović

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Bologna FC


Allianz Stadium, Torino. Juventus-Bologna, minuto sessantaquattro. Dopo l’ennesima lotta uomo contro uomo, Marko Arnautovic alza bandiera bianca per un leggero problema fisico. Altre battaglie, interne a quella dello “Stadium”, l’austriaco le aveva già affrontate, fino a quella più importante: quella rete, sublime, che ha permesso alla squadra di Sinisa Mihajlovic di portarsi avanti contro i bianconeri. Per la prima volta, dopo anni di sofferenze e risultati scontati, il Bologna ha – sul serio – “rischiato” l’impresa contro gli acerrimi nemici. E, forse ancora per la prima volta, questa squadra può definirsi tale. Non c’è un unico merito, e non sarebbe giusto consegnarlo a un solo individuo. Ma una cosa è chiara, troppo evidente: colui che ha cambiato il volto di questo gruppo ha un nome e un cognome, Marko Arnautovic

Di giocatori in grado di trascinare in maniera così netta la squadra non se ne sono visti molti, negli ultimi anni. Fino all’estate scorsa. Barrow, Orsolini e Sansone non erano abbastanza, la società rossoblù aveva bisogno di qualcuno in grado di poter invertire la rotta, qualcuno che – dal nulla – avrebbe potuto inventarsi qualcosa. Ed eccolo lì. Dalla Cina, è stato convinto ad accettare la proposta rossoblù, consapevole del fatto che tornare in un campionato così competitivo, come la Serie A, non sarebbe stato affatto facile. Le variabili in gioco erano plurime: dalla condizione fisica del calciatore fino a quella mentale, oscurata ad esempio nella sua esperienza all’Inter. Quella, però, era un’altra storia. L’effetto Arnautovic sul mondo rossoblù è stato evidente sin dal primo giorno, quando l’austriaco arrivò in albergo, accolto da centinaia di tifosi. Un’attesa così non si vedeva da tempo, il primo indizio per costruire qualcosa di grande. Le parole, le emozioni e i sentimenti non potevano bastare. Né alla città, né al calciatore. Ed ecco i fatti. Alla sua prima stagione sotto le Torri, dove l’attacco era da ripensare e rifondare, ecco il carico da novanta a stravolgere i piani offensivi di Mihajlovic: 29 gare, 12 reti e un assist, fino ad ora. E’ questo il rendimento, positivo, dell’attaccante austriaco che – nonostante due problemi fisici e la positività al Coronavirus – è sempre riuscito a stampare il proprio timbro. Marko Arnautovic ha cambiato il Bologna, e il Bologna ha cambiato Marko Arnautovic.

Mentalità, maturità, tecnica. Non era scontato una stagione così importante da parte dell’attaccante, che ha cambiato il volto dei rossoblù, nonostante le molteplici difficoltà comunque incontrate dalla squadra. Un nuovo modo di attaccare, un nuovo modo di soffrire. Un nuovo modo di affrontare le situazioni. La “garra”, quel concetto tanto apprezzato e romanticizzato, la voglia di sorpassare i propri limiti: la voglia di arrivare lì, in cima alla montagna, e rimanerci. Perché quello è il compito più difficile. Nelle ultime gare soprattutto, complice anche la situazione di Mihajlovic, si è visto un cambio di mentalità importante; cambio, però che c’era già stato nonostante le lacune tecniche, perché quando vedi un calciatore graffiare così la partita, ecco che viene trasportato in quel mondo adrenalinico dove ti giochi tutto, come se ogni gara fosse una finale. Dagli esperti ai giovani, tutto si sentono parte di un qualcosa, e Arnautovic è stato determinante in questo. Perché si è presentato a Bologna non con i caratteri distintivi di quel “bad boy” che, alla lunga, stanca, ma con quel bagaglio di esperienza in grado di far maturare i giovani e ricaricare i più esperti. Perchè Arnautovic sta facendo anche questo: accompagnare i giovani nella crescita, evitando loro di sbagliare e perdersi per strada. 

C’è poi, com’è ovvio che sia, un aspetto tecnico-tattico da prendere in considerazione. E’ cambiato il modo di giocare da parte dei rossoblù, ed era ovvio data la presenza di un centravanti di spessore lì in avanti. Nella passata stagione, imbastire cross era quasi utopistico, perché Barrow, Orsolini e il resto dell’attacco non avevano le idonee capacità per sfruttare i passaggi lunghi. Mancava proprio la presenza in area; presenza che, quest’anno, è ben riconoscibile. Arnautovic riempie l’area e la riempie bene, e una palla giocata su di lui non è mai perso. Tutt’altro. L’apporto dell’austriaco alla causa rossoblù è determinante anche fuori area, perché il baricentro si è alzato in maniera notevole, esponenziale. Sin dal reparto difensivo, dove gli esterni sono ormai a tutta fascia e cercano sempre di cogliere l’occasione per buttarsi in avanti, fino ad arrivare ai centrocampisti, che proprio con Arnautovic stanno formando un collante decisivo tra fase difensiva e fase offensiva, donando concretezza, duttilità, solidità. L’evoluzione, rispetto alla scorso anno, è totale. In questa stagione, mettendo un attimo da parte le difficoltà, la squadra è più unita: tutti sono sulla stessa linea d’onda, tutti hanno un riferimento, lo stesso. La fase offensiva è più fluida, e l’attaccante si sta dimostrando letale anche nelle situazioni più scontrose: è in grado di ripulire quei palloni sporchi che gli arrivano, si sta dimostrando abile nel far respirare la squadra anche nelle situazioni più complicate. L’ultima dimostrazione, proprio all’Allianz Stadium: mai la Juventus ha schiacciato il Bologna, merito soprattutto delle pedine offensive e dell’austriaco, sempre in grado di far respirare e alzare il baricentro della squadra.

Contro i bianconeri, contro il Milan, e in tante altre situazioni. Un merito collettivo, con grandi meriti a colui che è stato chiamato per dare una scossa all’ambiente. Marko Arnautovic si sta dimostrando l’uomo in più di questa squadra, perché alla grinta sta affiancando i fatti, quelli che poi vengono ripartiti. Ci si chiede, spesso, da dove ripartire il prossimo anno per compiere quello step in avanti che tutti, ormai, si aspettano da diverso tempo. L’austriaco è la pedina giusta da cui ricominciare: trentatré anni oggi e non sentirli, per un attaccante che sta donando grinta ed emozioni al popolo rossoblù. E finalmente, diranno in molti.

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