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Meteore: Fabio Macellari

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L’immagine tipica del calciatore è ormai quella del riccone, con macchine sportive, case lussuose e accompagnati da donne bellissime. Ogni stereotipo d’altronde deriva da un fondo di verità. 

Tuttavia, ci sono giocatori che, per una ragione o per un’altra, non hanno mantenuto la propria fortuna e si sono dovuti reinventare a seguito della loro carriera.

 

Fabio Macellari nasce il 23 agosto 1974 a Sesto San Giovanni. Inizia a muovere i primi passi nel mondo del calcio con la maglia della Pro Sesto, con cui debutta tra i professionisti. 

Terzino sinistro, spesso impiegato anche nella linea di centrocampo, viene subito notato per il grande dinamismo e la potenza nella progressione con la palla. 

 

Nel 1992, all’età di 18 anni, viene prestato alla Fiorentina per prendere parte al Torneo di Viareggio, da cui uscirà vincitore grazie alla finale vinta contro la Roma.

La parentesi con la Viola, però, termina dopo il grande successo, e Macellari fa ritorno alla Pro Sesto in C1.

Nel 1994 viene acquistato dal Lecce, dove rimane per tre stagioni. L’inizio nella nuova squadra si rivela però drammatico, con una sorprendente retrocessione in C1. Le due stagioni seguenti, però, risultano un successo: doppia promozione che riporta i salentini in massima serie.

 

La Serie A è il sogno di ogni bambino che gioca a pallone, ma Macellari decide di rinviare l’appuntamento della massima serie per seguire il suo mentore Gian Piero Ventura al Cagliari in Serie B.

Come detto, il treno della Serie A è solo rinviato. I sardi raggiungono subito la promozione, e Macellari è al centro del progetto di Ventura.

Gioca due anni da protagonista, con prestazioni di alto livello e costanza nel rendimento che suscitano l’interesse di molte squadre in Italia.

 

Nel 2000 si fa avanti l’Inter, che lo acquista a titolo definitivo su forte richiesta del tecnico Marcello Lippi. Esordisce con la nuova maglia nei preliminari di Champions, dove i neroazzurri vengono eliminati a sorpresa dall’Helsinborg.

L’avvio difficile dell’Inter viene seguito dalla finale di Supercoppa persa contro la Lazio. La squadra non gira e Lippi viene sostituito da Marco Tardelli.

Il nuovo allenatore non vede in Macellari una colonna su cui fare affidamento in un momento così difficile e il minutaggio del giocatore scende a dismisura.

 

Io sono di Sesto San Giovanni. Da ragazzino tifavo per la Juve e andavo a San Siro per sostenerla. Comunque, arrivato all’Inter mi sembrava di avere realizzato egualmente un bel sogno. Purtroppo, è durato poco perché uscito di scena Lippi anch’io sono gradualmente scomparso. Un po’ per colpa mia, un po’ per scarsa fiducia della società e di Tardelli. Insomma, quando è andato via Lippi ho capito che sarebbe stata una stagione persa”.

 

In un anno colleziona appena 7 presenze e 0 gol. A offrirgli il pronto il riscatto è il Bologna, che Macellari definisce “La dimensione ideale”.

La sua avventura in rossoblù è, se possibile, peggiore rispetto a quella con l’Inter. Nella prima stagione gioca 10 partite senza mai trovare il gol. Le prestazioni sono altalenanti, la forza e la dedizione mostrata a Cagliari sembrano ormai svanite.

A luglio 2002 si infortuna al menisco. Il problema è più grave di quanto sembri ed è necessaria un’operazione che lo tiene fuori dal campo per molto tempo. A ottobre, di accordo comune con la società, avviene la rescissione del contratto.

 

È proprio durante il periodo dell’infortunio al menisco che Macellari inizia a fare uso di droga. Lo dichiara lo stesso giocatore: “Ho fatto degli scivoloni e usi di droga, in questi casi capisci che devi ricominciare da zero oppure muori”.

Da quel momento la sua carriera prende definitivamente una parabola discendente: esperienze in Serie B e C1, fino alla discesa tra i dilettanti. Nel 2014, poi, dichiara l’addio al calcio giocato.

 

Dopo il ritiro, però, Macellari inizia una vita nuova, forse atipica per molti calciatori: “Ho avuto poca intelligenza e ho speso tanti soldi. Ho cambiato stile di vita: vivo nel mio casolare in mezzo alla montagna. Lavoro in un panificio quando ci sono i miei amici, se no sono sul trattore in montagna a tagliare la legna”.

Tra le tante, c’è anche spazio per una breve carriera musicale: “Ho cantato in un gruppo con i miei amici di Bobbio. Questa è casa mia”.

 

Non è nostro diritto giudicare le scelte fatte da qualcun altro, o almeno non è questo il luogo in cui farlo. Sicuramente c’è rammarico per un uomo che aveva tutto nelle sue mani e che invece viene ricordato, purtroppo, come un’altra meteora. 

 

 

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