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ESCLUSIVA 1000 CUORI – Matteo Marani ci parla di Arpad Weisz – 27 Gen

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La  storia di uno degli allenatori più vincenti della sua epoca, un libro uscito dalla penna di un grande Matteo Marani, che ha avuto il merito di restituire alla nostra memoria storica e collettiva la figura di un uomo finito ingiustamente nel dimenticatoio.  Un allenatore del quale si erano perse le tracce, forse per una sorta di “rimozione collettiva”. Stiamo parlando di Arpad Weisz, allenatore del Bologna dal 1935 al 1938, un innovatore e un uomo colto e allo stesso tempo geniale, come ci racconta Matteo Marani in questa intervista. Il suo libro, “Dallo scudetto ad Auschwitz”, ricostruisce proprio la storia di Weisz, costretto ad abbandonare l’Italia, proprio quando era alla guida del Bologna (26 Ottobre 1938) a causa delle leggi razziale. Weisz era ebreo e Marani ha indagato lì dove molti hanno preferito lasciar perdere e hanno preferito far cadere il nome dell’allenatore nell’oblio. A lui va il grande merito di aver saputo restituirci la storia di un grande uomo morto ad Auschwitz la mattina del 31 Gennaio del 1944. Un libro che merita di essere letto, perché ancora una volta, come diceva Primo Levi, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Non è casuale la citazione di Levi, come non lo è questa intervista proprio il 27 Gennaio, giornata della memoria. Arpad Weisz è uno dei milioni di ebrei, una delle milioni persone sterminate nei campi di concentramento a causa di una follia ideologica e storica. Il 27 Gennaio del 1945 venne liberato, proprio, il campo di concentramento di Auschwitz e a quella data è associata la Giornata della Memoria, per ricordare le vittime dell’Olocausto.

Il suo libro “Dallo scudetto ad Auschwitz” parla della storia di un grande uomo che era stato dimenticato dall’immaginario collettivo. Di lui si è tornato a parlare solo negli ultimi anni, soprattutto grazie al suo libro. Che allenatore era Arpad Weisz?
“Era un grandissimo allenatore: è stato un vincente e un innovatore allo stesso tempo. Nella sua carriera ha vinto qualcosa come tre scudetti, uno con l’Inter e due proprio con il Bologna nel 1935-36 e nel 1936-37 e ne avrebbe vinto anche un altro nel 1938-39 se non fossero state istituite le leggi razziali che lo costrinsero ad abbandonare prima la professione e poi l’Italia con la moglie e i figli, Roberto e Clara. Ha introdotto alcune cose, che potremmo definire “moderne”, come ad esempio la preparazione atletica e la specificità dei ruoli dei giocatori”.

Tra i suo trofei figura anche Il Trofeo dell’Esposizione universale
“Si, quel trofeo arrivò all’apice della sua carriera e fu un unicum, al quale furono invitate le squadre principali di alcuni campionati. Il Bologna arrivò a quella manifestazione da campione d’Italia e vinse contro il Chelsea”.

“Fatto sta che di Weisz, a sessant’anni dalla morte, si era perduta ogni traccia. Eppure aveva vinto più di tutti nella sua epoca, un’epoca gloriosa del pallone, aveva conquistato scudetti e coppe. Ben più di tecnici tanto acclamati oggi” (Matteo Marani, “Dallo scudetto ad Auschwitz”)

Nel 2009 è stata apposta una targa a lui dedicata sotto la torre di Maratone e il 15 Gennaio del 2013 in occasione della gara di Coppa Italia fra Inter e Bologna, le due squadre sono scese in campo con una maglia commemorativa. Queste iniziative sono state possibili anche grazie al suo lavoro di ricerca, ci spieghi come ha trovato notizie su Weisz
“Quando ho iniziato a lavorare per cercare qualcosa su Weisz non è stato facile, ho cercato per anni qualcosa che mi potesse fornire notizie su di lui. Non sapevo nulla a riguardo, allora ho cercato di capire quale strada avesse percorso dopo aver lasciato l’Italia, magari per andare a cercare qualcosa in quei luoghi. Poi, per fortuna, ho trovato un registro di classe in uno scantinato, era il registro del figlio Roberto. Da quello sono risalito ad un suo amico di infanzia, che per fortuna aveva conservato lettere e cartoline che gli spedivano da Francia e Olanda. Mi sono arrivate anche parecchie foto, uno storico olandese mi ha addirittura mandato una foto di Arpad con il figlio in Olanda nel 1940”.

 

Ci parli del Weisz fuori dai campi da gioco. Da ciò che ha potuto raccogliere, che tipo di uomo era secondo lei?

“Era un uomo di grande cultura, l’espressione perfetta della Mitteleuropa dell’epoca. Aveva studiato giurisprudenza a Budapest e conosceva benissimo l’italiano. Imparò in fretta la lingua del nostro Paese, dopo essere arrivato nel 1926. Era un uomo mite, finito nella macchina terribile della storia, suo malgrado. Fu costretto ad abbandonare l’Italia dopo che le leggi razziali vennero applicate agli Ebrei arrivati in Italia  dal 1919 e non più, come si pensava inizialmente dal 1933”.

 

Noi questa intervista la dedichiamo ad Arpad Weisz e a tutti coloro che hanno perso qualcuno nei campi di sterminio. Ringraziamo Matteo Marani per la disponibilità e per il grande lavoro di ricostruzione storica che ha reso possibile ridare l’ importanza che merita alla figura di Weisz.

 

Ad  Auschwitz tante persone, ma un solo grande silenzio:
è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento, a sorridere qui nel vento

Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento, in polvere qui nel vento.

[Canzone del bambino nel vento (Auschwitz) Nomadi & Guccini]

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