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Carspillar – Maserati Eldorado: tra la via Emilia e il West

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Foto AutoMotorFargio

Arrivano gli sponsor

Europa e America sono da sempre mondi automobilisticamente distinti e distanti, ma a metà del Novecento sembrava che tutto dovesse cambiare. Accanto all’inserimento della 500 Miglia di Indianapolis tra le gare valide per il mondiale di Formula 1, nacque nel 1957 la 500 Miglia di Monza per dare vita al “Trofeo dei Due Mondi”. La Maserati, unica casa italiana vincente in Indiana, si presentò in Brianza con una 420 F (una 250 F di Formula 1 con un 12 cilindri da 3,5 litri) ed una sport 450 S con cilindrata ridotta. La partecipazione fu deludente e l’azienda stava attraversando un periodo difficile, ma per la seconda edizione avvenne il colpo di scena. Gino Zanetti, industriale proprietario del marchio di gelati “Eldorado” finanziò la realizzazione di una nuova monoposto da dipingere con i colori della sua azienda e da affidare ad un campione come Stirling Moss. Un’operazione che in Europa non aveva precedenti e che avrebbe consegnato per sempre alla leggenda la Maserati 420 M-58, per tutti semplicemente Eldorado.

La Maserati Eldorado era decorata con i colori della ditta finanziatrice: una vera innovazione per le corse europee del tempo (Foto AutoMotorFargio)

Cuore generoso

Il motore era un 8 cilindri a V8 di 90° con cilindrata di 4190,38 cc. Si trattava del propulsore della sport 450 S ridotto dagli iniziali 4477,85 cc abbassando la corsa da 81 a 75,8 millimetri senza variare l’alesaggio (93,8 mm). Il sistema di distribuzione era a due valvole per cilindro comandate da un doppio albero a camme in testa per bancata, mentre l’alimentazione era gestita da quattro carburatori Weber 46 IDM. Il raffreddamento era a liquido, con circolazione d’acqua tramite pompe centrifughe. La lubrificazione era a carter secco con pompe per mandata e recupero, mentre la doppia accensione era a magneti forniti dalla Marelli. Dotato di un rapporto di compressione pari a 12:1, il V8 “made in Modena” era in grado di sviluppare 410 CV a 8000 giri al minuto, ovvero una potenza specifica di 97,84 CV/litro. Particolare l’installazione: per bilanciare le forze nella percorrenza in senso antiorario delle sopraelevate, il motore aveva il fissaggio al telaio spostato di 90 mm a sinistra rispetto all’asse longitudinale.

La sospensione anteriore destra della Maserati Eldorado (Foto AutoMotorFargio)

Al top della meccanica

La vettura nasceva con un telaio tubolare a traliccio ricavato da quello della 250 F vincente in Formula 1. Le sospensioni erano sovradimensionate per reggere alla potenza e alle forti sollecitazioni dovute alle discontinuità del fondo dell’anello monzese, amplificate dalle alte velocità. All’anteriore riprendevano lo schema visto sulla 450S, con ruote indipendenti, molle elicoidali, un ammortizzatore telescopico a destra ed uno a leva a sinistra. Al retrotreno erano dotate di Ponte De Dion, balestra trasversale e doppi ammortizzatori idraulici. Lo sterzo era a vite senza fine e ruota elicoidale, mentre i freni erano a tamburo e comandati idraulicamente sulle quattro ruote. Queste ultime erano a disco Halibrand con pneumatici 8.00 – 16 all’anteriore e 8.00 – 18 al posteriore. La trasmissione prevedeva un cambio, collegato al motore tramite una frizione multidisco a secco, installato in blocco col ponte posteriore e con due soli rapporti, di cui il primo utilizzato solo in partenza, più la retromarcia. In considerazione dell’utilizzo su ovale non era previsto il differenziale: lo scarto di giri tra le ruote posteriori motrici interna ed esterna non ne giustificava l’installazione.

Un grande squalo bianco

La carrozzeria era di tipo monoposto e realizzata in alluminio. Le forme erano estremamente semplici e generose: l’intero corpo vettura appariva come un enorme sigaro schiacciato con una larga “bocca” anteriore per catturare l’aria destinata alla ventilazione dei radiatori, posizionati anteriormente. La sommità del cofano motore era dominata da un’altra presa di forma allungata che alimentava l’aspirazione. L’ abitacolo, per ragioni di bilanciamento, era spostato sulla destra subito davanti all’asse posteriore e protetto da un sottile parabrezza trasparente. La coda era sfuggente ma tondeggiante e dominata da una lunga pinna che si prolungava alle spalle della testa del pilota per donare stabilità in velocità al retrotreno. Questo particolare e gli sfoghi d’aria laterali a branchie di squalo donavano alla vettura l’aspetto di un predatore sottomarino pronto a scattare in caccia delle prede. Ci pensava il simpatico “cow-boy” della Eldorado disegnato su pinna e muso a rendere meno cattivo l’aspetto della monoposto modenese.

La Maserati Eldorado nella vista posteriore (Foto AutoMotorFargio)

Tanto valore, poca fortuna

Nonostante l’aspetto giunonico, la vettura pesava solo 758 chilogrammi, per un rapporto peso/potenza di 184 kg/CV che si traduceva in una velocità massima di circa 350 km/h. La validità del pacchetto fu evidente nelle prime due batterie, quando Moss portò la Eldorado rispettivamente al quarto e al quinto posto. I sogni di gloria si chiusero al quarantesimo passaggio della terza frazione, quando un guasto allo sterzo provocò un’uscita di pista ad oltre 260 km/h. Il pilota inglese rimase fortunatamente incolume e venne classificato settimo. Seppur danneggiata, la monoposto venne recuperata per un nuovo ambizioso obiettivo: riportare il Tridente alla vittoria a Indianapolis. Iscritta alla 500 Miglia del 1959 come 420 M-59 prese parte alle prove con Ralph Liguori, ma guai all’alimentazione non consentirono allo statunitense di qualificarsi per la gara. Terminò così la vicenda agonistica di una delle vetture più interessanti apparse sulla scena mondiale a fine anni Cinquanta, un mito che oggi è rientrato nella Motor Valley come perla della Collezione Panini di Modena.

Rarissime immagini a colori della 500 Miglia di Monza 1958 con la Eldorado e Moss protagonisti (Historisches Motorsportarchiv su YouTube)

 

 

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