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Calcio

Racconti Mondiali – Il Brasile di Feola (2/3)

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Nel marzo 1957, circa un anno prima rispetto al mondiale svedese, il Brasile è chiamato a disputare l’edizione della Copa America in Perù. L’allora tecnico Silvio Pirillo disponeva di una squadra ormai ben collaudata, vittoriosa nel Campionato Panamericano del ’56 e infarcita di giocatori dall’esperienza europea. Nonostante i favori del pronostico, l’edizione venne vinta dall’Argentina di Sivori, che dimostrò la sua netta superiorità nella penultima partita, vinta 3-0 proprio contro i brasiliani, con gli errori principali che vennero inquadrati nell’esagerato individualismo e nella scarsa preparazione atletico-professionale.

Via quindi Pirillo, dentro Vicente Feola, per preparare con un piglio completamente diverso il torneo scandinavo. Con la nuova qualifica di “Director Tecnico General”, Feola reimposta dalla base il sistema calcio della nazionale brasiliana, attraverso l’applicazione di metodi scientifici. Aumenta il numero dei componenti dell’equipe medica, e dà loro il compito di passare al vaglio quasi 200 calciatori tramite raggi x, esami del sangue e del cuore, controlli su circolazione, muscolatura e respirazione, imponendoli come parametri fondamentali per la selezione dei giocatori. Non solo, induce la Federazione a sottoscrivere con questi ultimi un’assicurazione che includa anche un dentista, e si narra che in totale risultino 300 i denti estratti ai calciatori in quanto pesantemente danneggiati.

Feola, tuttavia, va addirittura oltre: mette su un sistema di spie inviate ad osservare preventivamente le tattiche avversarie, e arriva a controllare completamente l’ambiente vissuto dai suoi giocatori al punto da sostituire l’intero personale femminile dell’hotel svedese con degli uomini, al fine di evitare distrazioni.  

La macchina perfetta costruita dall’allenatore di San Paolo non manca di mietere alcune vittime illustri, su tutti Zequinha e Luisinho, nonché l’ormai anziano Zizinho. Tra i 33 uomini rimanenti, forma un’ossatura importante il manipolo di giovani ormai già da qualche anno nel giro della nazionale, tra cui Altafini, Zito, Garrincha, Pepe, Bellini e Pelé, già giunto alla notorietà internazionale al netto dei suoi soli 17 anni.

Nonostante questo, le difficoltà di Feola si palesano al momento delle scelte, in quanto a detta dello stesso allenatore nell’edizione svedese il Brasile sarebbe stato in grado di presentare addirittura due formazioni diverse, e di competere allo stesso livello.

Le due coppie di esterni che agivano attorno ad Altafini, Joel-Moacyr e Dida-Zagallo, entrambe militanti nel Flamengo, vennero inizialmente preferite a giocatori del calibro di Didi e Garrincha, il primo in quanto più solista, il secondo per via delle carenze intellettuali ed emotive evidenziate dallo psichiatra della squadra (altra innovazione portata da Feola). A livello difensivo invece, le rotazioni sembravano già più sicure e collaudate, con i titolari Nilton Santos, Bellini, Orlando e Dino Sani che permisero una conduzione del reparto quasi perfetta lungo tutta la durata del torneo, con un risultato finale di sole due reti subite.

Il girone che la squadra brasiliana si ritrova ad affrontare non nasconde particolari insidie: 3-0 all’Austria all’esordio, quindi un comodo 0-0 contro l’Inghilterra, e infine la vittoria contro l’Unione Sovietica per il passaggio del turno.

Ai quarti di finale, la vittima designata è il Galles, destinata a cadere sotto i colpi del primissimo gol di Pelè nella competizione e del suo secondo in assoluto con la maglia verdeoro. Nel turno successivo contro la Francia di Fontaine, è ancora la stella del giovane attaccante di Três Corações ad accendersi, con una tripletta che significa la finale.

Il 29 giugno 1958, allo stadio Råsunda ci si appresta a seguire l’atto conclusivo di una competizione che ha visto, parallelamente all’ascesa della CBD, l’insperata cavalcata della nazionale di casa.

A 17 anni e 249 giorni, Pelè è il più giovane calciatore a giocare una finale di Coppa del Mondo, conducendo la squadra a imporsi per 5-2 grazie a giocate spettacolari e ad una doppietta che permetteranno al Brasile di aggiudicarsi il suo primo titolo internazionale. Il primo gol dell’attaccante, un pallonetto a superare l’uomo che lo marcava seguito da un preciso tiro al volo, in seguito è stato scelto come uno dei più grandi gol nella storia della Coppa del Mondo FIFA, arrivando terzo solo alle spalle dell’epico gol di Maradona contro l’Inghilterra nell’86 e di quello di Michael Owen contro l’Argentina ai Mondiali di Francia ’98.

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