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Esclusiva – De Biase: “Sto sognando a occhi aperti. Il professionismo deve essere in ogni categoria”

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Crediti: Bologna Fc

Benedetta De Biase, classe 2001, è una centrocampista arrivata a Bologna nella campagna acquisti estiva per rafforzare l’organico. In rossoblù sta vivendo, come tutta la squadra, un’ottima stagione. Si è prestata alla nostra intervista con molta disponibilità e con una grande voglia di comunicare la sua passione e la sua visione del mondo. A intervista finita ha anche confessato che uno dei suoi sogni è quello di fare l’attrice.

Quando è cominciato il tuo rapporto con il calcio? C’è qualche figura particolarmente significativa che ti ha aiutata in questo tuo inserimento?

Ho iniziato a giocare quando ero piccola, diciamo grazie ai miei fratelli e mio padre che sono appassionati di calcio: grazie a loro ho iniziato a giocare tra le strade di Napoli e poi sono finita fortunatamente sui campi da calcio. Non era solo un divertimento, ma una passione e un “lavoro” se si può chiamare così.

Soprattutto nelle fasi iniziali, nell’inserimento in squadre (anche miste), hai trovato difficoltà come ragazza oppure è stato semplice?

Beh, io ho iniziato nella squadra del mio quartiere quindi bene o male ci conoscevamo già perché frequentavo la scuola di alcuni compagni quindi diciamo è stata abbastanza semplice. C’è stato un po’ di imbarazzo solo che mi hanno aiutata anziché farmi sentire a disagio, quindi sono stata davvero bene. Io ringrazio innanzitutto i ragazzi e soprattutto i mister perché sono stati i primi a starmi vicino e a farmi credere che poteva essere una buona squadra per me.

Da quanto sei a Bologna? Come ti trovi con l’ambiente sella società e della città?

Sono qua dal 22 agosto e posso dire che sto benissimo, sto molto bene. La cosa che mi piace è che quando sento la mia famiglia in videochiamata loro percepiscono questo mio stare bene a Bologna. Oltre a essere una città bellissima, c’è una società davvero piena di obiettivi e ambizioni e diciamo che sto sognando ad occhi aperti e che mi mancava avere questa serenità e quindi posso dire che sto bene.

È uno sport, il calcio femminile, che non è riconosciuto, se non al massimo livello, come professionistico in Italia, il che implica impegni extra-calcistici. Come vivi questa cosa? Ti crea delle problematiche con la gestione del tempo?

Io è un mese che lavoro, faccio la cameriera in un ristorante e posso dire che è abbastanza stressante mentalmente e fisicamente, solo che quando arrivo qui la stanchezza la sento di meno perché è come se mi sentissi a casa e come se il lavoro non mi pesasse così tanto perché proprio quello “stare bene” che spiegavo prima mi fa prendere tutto alla leggera. Quindi, ovvio, per altre ragazze lo studio e il lavoro incidono molto perché magari una è nervosa prima di iniziare l’allenamento e quindi può dare di meno. Solo che purtroppo ora viviamo ancora in questo divario tra professionismo e dilettanti e quindi possiamo solo fare lavoro e calcio. Speriamo nel meglio come è successo con la Serie A, dove fortunatamente ora c’è il professionismo, ma speriamo che ci sia anche per la Serie C e la Serie B perché il professionismo deve essere in ogni categoria, non in una sola.

E ti senti ottimista su questa svolta futura?

Per ora, e questo è il primo anno, ci sono dei bei risultati, ci sarà anche il Mondiale e quello aiuterà anche di più. Però spero si continui così nel far conoscere il calcio femminile, come ad esempio anche la Juventus Women che sta aiutando molto il calcio italiano facendosi vedere anche in Champions, come anche la Roma. Questo può aiutare molto nel calcio italiano e spero che questo continui per il meglio.

Parlando di buoni inizi, la vostra stagione per ora sta andando a gonfie vele. Quali sono le tue sensazioni sulla ripresa e sul proseguimento?

Siamo solo all’inizio come hai detto tu e ce la metteremo tutta per restare lì dove siamo ora. Non voglio aggiungere altro perché sono abbastanza scaramantica, quindi preferisco parlare un po’ meno. Noi abbiamo dei buoni obiettivi e ce la metteremo tutta per raggiungerli.

Invece, fuori dal calcio quali sono i tuoi interessi e le tue passioni?

Il calcio è la mia unica passione, ma mi piace molto viaggiare e visitare posti e quindi quando sono libera, fuori stagione, mi piace visitare quanti più posti possibili.

Importanza delle parole nel condizionare quello che si ha attorno: l’utilizzo da parte dei giornalisti di un linguaggio più inclusivo nel calcio femminile sarebbe meglio. Voi, nel vostro quotidiano, sentite questa discrepanza tra quello che siete voi e il linguaggio che viene usato?

Noi lo sentiamo molto, anche perché in tv veniamo solo accennate, non si parla spesso di calcio femminile: magari al tg c’è lo spot del calcio femminile, ma è uno spot di trenta secondi rispetto a uno maschile che è di tre minuti. Quello può anche influire oltre al linguaggio. Però ora, riguardo ai ruoli, noi siamo molto abituate così: cioè, se io ho un’avversaria dietro di me sono abituata a dire “uomo”, non “donna”. Non so se potrà cambiare molto, però io preferisco dire “uomo” al posto di “donna”: è un po’ un paradosso, ma magari essendo abituata così non trovo molta differenza. Però in alcuni campi ovvio che il linguaggio va molto cambiato, perché sia il linguaggio che l’importanza del calcio femminile e maschile possono influire abbastanza. Un giornalista, però, non potrà mai fare la differenza con altri cinquemila giornalisti. Quindi, come io posso dire questa cosa, non posso bastare io a dirlo, ma dovranno essere anche altre mie compagne a parlare di questo.

 

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