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Una gara da mito – GP Olanda 1970: destini incrociati

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De Tomaso Racing Heritage

 

Zandvoort, 21 giugno 1970. Mentre Italia e Brasile sono pronte a giocarsi la Coppa Rimet allo stadio Azteca di Città del Messico, un Mondiale di Formula 1 ancora privo di padroni arriva sulle rive del Mare del Nord per la quinta delle tredici prove valide per il campionato. Zandvoort è una rinomata località balneare dei Paesi Bassi ed il suo circuito misto veloce da 4,193 chilometri si snoda proprio a ridosso delle dune sabbiose che caratterizzano la costa in quella zona. Questo è lo scenario del “Grote Prijs van Nederland”, gara presente in calendario sino dalla nascita della Formula 1 mondiale, giusto due decenni prima. Un crocevia sempre importante per i destini del campionato, ma in questa occasione gli indecifrabili ghirigori del destino stanno per rendere la ventitreesima edizione della corsa olandese indimenticabile per una serie di incroci tra prime ed ultime volte. Nel bene e nel male.

Esordienti di lusso

Dopo la difficile stagione 1969 la Ferrari sta ritrovando fiducia e competitività, tanto che ormai riporta in pista regolarmente due esemplari della nuova e sempre più competitiva 312 B. Accanto al confermatissimo Jacky Ickx la Scuderia di Maranello decide schierare un altro esordiente dopo la positiva prova di Ignazio Giunti a Spa. Si tratta di un ticinese che ha già passato la trentina ed è di casa nella Motor Valley visto il suo ruolo di pilota ufficiale della bolognese Tecno nell’europeo di Formula 2. Il suo nome è Gianclaudio Giuseppe Regazzoni, per tutti semplicemente Clay. Nessuno quel giorno p immaginare che diventerà uno dei piloti più amati della storia della rossa, due volte vincitore a Monza e “quasi campione” nel 1974. A Zandvoort mostra le sue doti con una positiva sesta posizione in prova ribadita da un ottimo quarto posto in gara. Sulla griglia olandese Clay non è però l’unico alla “prima” in Formula 1. C’è infatti anche un altro pilota che si affaccia sulla scena mondiale. Anche lui corre in Formula 2 con la Tecno, è francese, elegante, colto e bellissimo. Si chiama François Cevert ed è stato scelto dal Team Tyrrell per correre con la seconda March 701 accanto al campione del mondo Jackie Stewart. Serviva un pilota francese per compiacere lo sponsor petrolifero Elf in sostituzione di quel Jonny Servoz-Gavin che dopo la mancata qualificazione a Montecarlo ha deciso che non poggerà mai più le terga sul sedile di una monoposto. Sarà fedele al proposito. Cevert è il profilo perfetto ed inizia il suo apprendistato senza impressionare troppo, partendo quindicesimo e ritirandosi al trentunesimo giro, piantato in asso dal suo Cosworth.

Monoposto innovativa

Già, il Cosworth DFV. L’ otto cilindri che avrebbe cambiato la storia della Formula 1 ha esordito giusto tre anni prima proprio a Zandvoort sulla Lotus di Jim Clark, manco a dirlo dominatore della corsa. In tre anni quel motore semplice, potente ed affidabile è arrivato ad equipaggiare sedici vetture delle ventiquattro iscritte alla prova olandese. Visto il fortunato precendente, Colin Chapman ha deciso che il circuito affacciato sul Mare del Nord possa portare fortuna alle sue creazioni ed in questa gara arriva l’esordio anche per la sua nuova arma, la Lotus 72 affidata a Jochen Rindt e John Miles. Si tratta di una monoposto dalla innovativa linea a cuneo. Tale forma è resa possibile dallo spostamento del radiatore dall’avantreno alle fiancate, soluzione le dona un bilanciamento nettamente superiore alle avversarie migliorato ulteriormente adottando la soluzione dei freni entrobordo anche all’anteriore. Rindt l’aveva provata preferendo sempre la più collaudata 49, ma a Zandvoort la 72 può finalmente fare il suo esordio in corsa partendo dalla pole, giusto per dimostrare il suo valore fin da subito. 

Una colonna di fumo

Alla partenza Ickx scatta meglio di Rindt accompagnandolo fuori dalla linea ideale per prendere la testa della gara, ma la gioia per il belga della Ferrari è di breve durata. Al 2 ° giro infatti Rindt, con i serbatoi da oltre 200 litri praticamente pieni di benzina, fa segnare il giro più veloce della gara e, già che c’è, tira una staccata mostruosa a Ickx in vista del tornante Tarzan compiendo la più classica delle manovre di sorpasso all’interno. Il terzo giro è appena iniziato, ma la lotta per la prima posizione nel Gran Premio d’Olanda è già virtualmente finita seppur a 87 tornate dalla bandiera a scacchi. Nel frattempo, qualche posizione più indietro, anche la seconda Lotus 72 vende cara la pelle, con John Miles che al primo giro si è installato in quinta posizione rivelandosi un osso durissimo da sopravanzare per avversari come Brabham, Beltoise e Surtees. La battaglia continua con regolarità fino al ventiduesimo giro, quando dalla Tunnel Oost si leva una sinistra colonna di fumo nerissimo. Negli anni in cui il fuoco è indesiderato protagonista di numerosi incidenti è chiaro che una monoposto è stata vittima di uno schianto. La speranza è che l’epilogo possa essere positivo quanto quello del rogo di cui sono stati protagonisti Ickx e Oliver al Gran Premio di Spagna poche settimane prima. Purtroppo non sarebbe andata così.

Lo spettacolare e fortunatamente non tragico incidente tra Oliver e Ickx al Gran Premio di Spagna 1970 (Andrea Colombo su YouTube)

Fiamme indomabili

Non ci sono ancora inquadrature dedicate e grafiche, ma solo un elicottero che con riprese traballanti trasmette le immagini di un dramma. Una vettura è infatti uscita di pista dopo avere danneggiato una sospensione sul cordolo ed è finita ad altissima velocità contro un terrapieno di contenimento esterno, ribaltandosi ed esplodendo nell’impatto. Si tratta della De Tomaso – Ford numero 4, la monoposto nata a Modena per volontà dell’industriale Alejandro De Tomaso per lanciare il marchio che porta il suo nome. Progettata da Giampaolo Dallara e gestita in pista da Frank Williams, la nuova monoposto ha esordito senza troppa fortuna, con linee convenzionali e diversi chili di troppo. Tuttavia, dopo qualche evoluzione, A Zandvoort le cose sembra dovessero andare meglio con un nono posto in prova colto da Piers Courage, il pilota scelto per l’avventura. Ventotto anni, britannico, figlio dell’industriale proprietario dell’omonimo marchio di birra, Piers ha studiato al college di Eton, ha una bella moglie ed un amico che si chiama Jochen Rindt. Ma per lui è tutto finito: nell’impatto una ruota lo ha colpito alla testa uccidendolo all’istante ed il suo corpo sta carbonizzando nel rogo della vettura. I servizi di pista di Zandvoort non sono attrezzati per domare fiamme così violente e per domare l’incendio i commissari di percorso sono costretti a sotterrare la vettura con Piers ancora all’interno. Tre anni dopo un incidente simile sarebbe stato fatale a Roger Williamson. L’ esperienza non avrebbe insegnato nulla.

Finale senza gioia

Nel frattempo le Lotus 72 mostrano tutta la loro solidità anche in corsa. Rindt domina la gara in lungo e in largo tra giri veloci e facili doppiaggi che lo portano a dilatare il vantaggio sugli inseguitori. Alle sue spalle Ickx e Stewart duellano per la piazza d’onore, con lo scozzese che alla fine chiude in piazza d’onore ad una trentina di secondi di ritardo da Rindt, seguito un giro più indietro dalle Ferrari di Ickx e Regazzoni. Alle loro spalle Beltoise coglie la quinta posizione dopo avere impiegato ben 49 giri prima di avere ragione del coriaceo Miles, vittima di una perdita di aderenza causata dal vento che soffia tra le dune della costa, seguito successivamente da Surtees, sesto ed ultimo dei classificati in zona punti. Il Gran Premio d’Olanda 1970 va così in archivio con la prima vittoria di una monoposto destinata ad essere una delle più longeve e vincenti della storia della massima formula e con la seconda stagionale di un pilota che avrebbe colto l’alloro anche nelle tre prove successive, ponendo le basi per la conquista del titolo iridato. Ma quel giorno Jochen non sorride sul podio. Sa che il suo amico Piers è carbonizzato nel relitto della sua monoposto. Sa che ha a disposizione la vettura più veloce, ma sa anche che può tradirlo in qualunque momento. Sa però che è la sua grande occasione per realizzare il sogno di una vita, diventare campione del mondo. Quello che non saprà mai è che quel sogno si è realizzato. Proprio quella vettura velocissima infatti lo tradirà a Monza provocando l’incidente dal quale non si risveglierà mai più. Quello che sappiamo noi oggi è che quella domenica di giugno a Zandvoort tanti destini si sono incrociati scrivendo una pagina incancellabile di storia dell’automobilismo.

Brevi “highlights” del Gran Premio d’Olanda 1970 (msceheres su YouTube)

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