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Festival Gazzetta dello Sport a Trento: la domenica con Kevin Young, Tamberi e Barshim

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L’ultima giornata del Festival dello Sport 2023, organizzato a Trento dalla Gazzetta dello Sport dal 12 al 15 ottobre, si è conclusa con alcuni panel estremamente interessanti: alle 12:30 nella Sala Depero con Kevin Young, campione olimpico a Barcellona 1992 e primo uomo a scendere sotto i 47 sui 400 ostacoli e alle 18:30, in uno stracolmo auditorium di Santa Chiara con i campioni del salto in alto Mutaz Barshim e il nostro Gianmarco Tamberi.

Kevin Young: un avversario di Warholm nato con 30 anni di anticipo

Poco dopo lo scoccare delle 12 e 30 sale sul palco della Sala Depero un signore elegante, altissimo, che strappa subito un grande applauso generale dal pubblico, è Kevin Young: simbolo dei 400 ostacoli e primatista mondiale fino al 2021, quando Warholm l’ha superato. Come Mike Powell, anche Kevin Young ricorda tutto alla perfezione. Ricorda ogni gara, quelle andate bene e quelle andate male, che sono in realtà importanti quanto le prime per la propria crescita personale. L’americano, negli anni 80, è sempre dietro al connazionale Edwin Moses, il Dio della disciplina che ha riscritto più volte il proprio record mondiale. Ma nel 1992 ci sono le Olimpiadi di Barcellona, e Kevin Young inizia ad essere ossessionato da un numero, un crono, che si pone come proprio obbiettivo: 46″89, vale a dire più di un decimo in meno rispetto al record mondiale di Moses di 47″03 siglato nel 1983.

Young lavora sodo curando ogni aspetto della tecnica di superamento degli ostacoli. Ma quel 46″89 continua a rimanere impresso nella sua testa. Ecco quindi che nel villaggio olimpico Kevin Young scrive quelle cifre sul muro della stanza, in maniera timida, consapevole di non poter fare un atto del genere. Quando il suo compagno di camera entra e vede il muro con quelle piccole scritte chiede a Kevin Young: «vuoi davvero fare quel tempo? Beh allora scrivilo più grande!». A pochi giorni dalla gara olimpica Kevin Young sigla, nel campo di allenamento, un tempo che rispecchia quello da lui sognato, rendendo l’ostacolista americano consapevole di poterci riuscire. Sul traguardo della finale di Barcellona 1992 Kevin Young arriva nettamente primo, con un braccio alzato in segno di vittoria, fermando il cronometro non a 46″89…ma a 46″78, un risultato incredibile (che porta sempre con se attraverso una collana con impresse quelle cifre). 
 
Dopo il racconto di quegli anni sale sul palco il più forte italiano della disciplina: il napoletano Alessandro Sibilio, che pone una serie di domande al più anziano collega ascoltandone le risposte con uno sguardo carico di ammirazione e rispetto. Verso la fine dell’incontro viene posta la tanto attesa domanda sul record del norvegese Karsten Warholm. La risposta di Kevin Young è emblematica. L’americano infatti non può non ammettere che la tecnologia abbia avvantaggiato enormemente gli atleti attuali, compreso il norvegese che è riuscito a fare il primo sub 46 della storia, con un surreale 45″94.  «La tecnologia va avanti. Le piste, le scarpe e le metodologie si rinnovano com’è giusto che sia. Chissà solo quanto avrei fatto io nella situazione di oggi». Seppur non l’abbia detto è realistico immaginarsi un tempo sicuramente non distante dal record di Warholm, che così si è risparmiato un pericolosissimo avversario, nato in anticipo sui tempi.

Tamberi e Barshim: uno spettacolo teatrale di commedia e tragedia

Uno degli eventi clou della rassegna della Gazzetta dello Sport è senza dubbio quello andato in scena dalle 18″30 alle 19:45 nell’auditorium di Santa Chiara davanti una platea di oltre 500 persone. Gianmarco (Gimbo) Tamberi e il qatariota Mutaz Barshim sono stati sicuramente tra gli ospiti più importanti e seguiti di tutto il Festival. Lo spettacolo è tanto. Gimbo è uno showman nato, è spontaneo, irriverente, un po’ folle; fa da traduttore al suo amico-rivale quando gli auricolari non gli funzionano, regalando così simpatici siparietti. Ciò che emerge è uno stupendo affresco, degno dei migliori film sullo sport e l’amicizia. Le loro carriere sportive sono sovrapponibili seppur diverse. Barshim è oggettivamente più forte, come ammette più volte lo stesso Gimbo, però ha vinto una edizione dei mondiali, una Olimpiade e si è infortunato gravemente alla caviglia esattamente come l’azzurro. Emozionanti e al limite del commovente le parole di Gianmarco sul periodo post infortunio del 2016.
 
L’incidente in pedana ad un mese dalle olimpiadi cancella infatti il sogno olimpico del marchigiano, il quale si rimbocca le maniche sperando di poter tornare esattamente come prima. Ma nel giorno tanto atteso, quello del suo ritorno in pedana, tutto si frantuma: sbaglia tre volte la misura di ingresso a 2,15 ed esce dallo stadio trattenendo a stento le lacrime. 
Quella sera in albergo non c’è per nessuno: «era come se quella gara mi avesse sbattuto in faccia la realtà, ricordandomi che non sarei potuto mai tornare quello pre-infortunio». Chiuso in camera Gimbo non risponde al padre-coach, alla ragazza (ora moglie)… a nessuno. Ad un certo punto a bussare è Barshim, che dopo un po’ di insistenza riesce ad entrare e a parlare con Tamberi. Racconta Gimbo: «non so perché, ma sentivo che Mutaz potesse essere l’unico a capirmi veramente in quel momento, l’unico che potesse seriamente aiutarmi a superare un momento così cupo». L’anno successivo, nel 2018, è Barshim a rompersi la caviglia e Tamberi ripercorre nella sofferenza dell’amico esattamente il proprio percorso.
 
Questa storia basta per spiegare il perché della condivisione della medaglia d’oro alle Olimpiadi del 2021. Entrambi avevano vissuto le stesse sofferenze, gli stessi sogni infranti e non era giusto per nessuno dei due perdere l’occasione di prendersi quella medaglia d’oro olimpica sudata e costruita con lacrime di dolore. Anche se Gimbo ammette: «in realtà l’oro di Tokyo e quello di Budapest non potranno mai cancellare la delusione e la sofferenza di quel periodo iniziato con l’infortunio nel 2016». 
 

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