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Il Personaggio della settimana – Valentino Rossi, The Doctor
Nato sulle quattro ruote molto probabilmente chiuderà la sua carriera seduto su un sedile da corsa. Nella vita di Valentino la sua storia sulle moto sembra quasi una parentesi, ovvio bellissima, dolce e gloriosa, ma comunque solo un intermezzo di una storia iniziata su un piccolo kart in una cava polverosa e ripresa poi su un Audi R8 nel GT World Challenge. In realtà le auto non sono mai uscite dalla vita del Dottore. Nella sua lunga e decorosa vita motoristica ha provato anche la Ferrari 248 F1 nel 2006 e la Mercedes W08 nel 2019. Un pilota trasversale, qualsiasi cosa guidasse sapeva andare solo forte e far cantare le gomme lasciando strisciate nere a terra e fumo bianco come segnale di passaggio. Sin dall’ Apecar con cui da ragazzino faceva a sportellate per le strade di Tavullia insieme ai suoi amici. Minimoto, motorini, moto da corsa bastava che avesse un motore e lui sapeva bene come farlo ruggire. Buon sangue non mente. Suo babbo Graziano era fatto della stessa pasta, aveva la stessa benzina che scorreva nelle vene e la stessa dose di follia che ti permette di fare la differenza in moto. Forse per Vale però alla nascita, nella sua miscela, il bicchiere della pazzia si è vuotato del tutto perché Rossi in pista è stato capace di gesta e manovre che solo un folle farebbe su due ruote, con la stessa facilità con cui la mattina si aprono gli occhi.
Dalle gag in 125cc fino a quelle in MotoGP. Dalla tartarughina sul casco fino alla gallina dell’ultima maglietta celebrativa, quella del nono titolo vinto in Malesia nel 2009. In mezzo di storie ce ne sono passate. La bambola gonfiabile di Claudia Schiffer, Robin Hood, il bagno di Jerez 1999, la Polleria Osvaldo, la multa al Mugello, le catene, lo spazzolone, i sette nani, le orecchie da asino sul podio di Misano e così via, solo per citarne alcune. Valentino è stato mattatore del motomondiale dal 1996 fino al 2021. Per ventisei stagioni è stata la luce che ha dato popolarità ad uno sport considerato per pochi matti che rischiavano la vita su una bicicletta con il motore. Con il Dottore le corse in moto hanno assunto un sapore diverso, ogni domenica famiglie intere si radunavano sui divani di casa sapendo che il 46 qualcosa si sarebbe inventato, un sorpasso mozzafiato, una staccata oltre il limite, una celebrazione che ti strappava un sorriso od una lacrima. Welkom 2004 e il bacio stampato alla sua M1 alla prima gara insieme, la prima vittoria, una gara che significava molto di più dei canonici 25 punti che avrebbe portato a casa. Valentino ha sempre instaurato un rapporto di amore con le sue moto, non solo un pezzo di ferro, ma una compagna di viaggio con un anima con la quale vincere e dominare il mondo. E lui con le sue “bambine” gli altri li ha guardati dall’alto per moltissimi anni.
Valentino Rossi festeggia il suo primo titolo mondiale in 125cc con il numero 1 gigante sulle spalle, anno 1997 – credits to motogp.com
Si dice che il valore di un campione si misuri dai suoi avversari e se Valentino lo analizziamo per conto di chi lo ha sfidato allora capiamo veramente la grandezza di un personaggio insostituibile. Biaggi, Gibernau, Stoner, Lorenzo, Pedrosa, Marquez. Questi i suoi più grandi rivali. Epoche diverse, nemici diversi, un’unica costante: il 46. Rossi ha vinto ed ha perso, le ha date e le ha prese dai suoi colleghi, ma quello che incensa il suo mito è stata la sua capacità di adattamento nel tempo. Moto, stili di guida, tecnologie e tanto altro intorno a lui sono cambiate. Ogni suo avversario ha portato qualcosa di nuovo, qualcosa in più che poi lo ha reso grande nella sua storia, ma Valentino riusciva sempre ad analizzare, memorizzare e poi apprendere prima di ripeterlo in pista. Le sue imprese e i suoi sorpassi sono arte poi provata ad essere emulata da chi è arrivato dopo. La forza di chi vince sta anche nei momenti di difficoltà. I mondiali persi, la parentesi rossa con la Ducati, l’infortunio nel 2010. Tappe buie di una carriera stellata, ma che Valentino stesso non cambierebbe perché lo hanno reso quello che poi è diventato, rendendolo più forte.
Oggi l’intera classe della MotoGP è formata da giovani ragazzi che da piccoli hanno almeno una foto con Valentino oltre ai “suoi piloti” cresciuti nell’Academy. L’impronta del Dottore è tangibile ancora oggi nelle nuove generazioni, ma soprattutto è visibile nel vuoto lasciato nel motomondiale. Le tribune meno gialle, le colline sempre più vuote e un calo mediatico importante per la MotoGP, dopo il suo ritiro. I colori cambiano così come i numeri sulla griglia, ma nel cuore dei tifosi il 46 giallo rimane scolpito. Ha mosso un popolo intero per tutto il mondo dall’Argentina al Giappone. Oggi continua a muoverlo dietro alle gare del GT. I cappellini gialli sono arrivati a riempire le tribune delle gare automobilistiche. I bambini con il 46 sulla maglietta e le bandierine pronti ad esultare nel nome di Rossi sono il simbolo di una leggenda che continuerà a percorre chilometri su chilometri anche quando il cerchio si chiuderà definitivamente. E non importa se ora alla soglia dei 44 anni da papà collaudato ha cambiato profilo, la sua immagine rimarrà sempre quella del ragazzino che festeggiava impennando in piedi sulla sella diventato poi campione. Il Campione di tutti.
Valentino Rossi concentrato prima della gara sulla griglia di partenza. Una posa divenuta iconica per il Dottore che sembra parlare alle sue moto prima di mettersi il casco e chiudere la visiera – Credits to motogp.com
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