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4 Aprile: il punto su Basket City. Una settimana indimenticabile

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La serata di ieri ha ricollocato Basket City nel Gotha della pallacanestro europea. L’accesso della Virtus Segafredo alle Final Four della Basketball Champions League rappresenta il ritorno ad una dimensione internazionale dell’intero movimento cestistico cittadino, come dimostrato dal parterre de rois sfoggiato per l’occasione. Erano dieci anni che non succedeva, o dovremmo forse dire diciassette, visto che l’Eurochallenge conquistata nell’era sabatiniana non scalda mai troppo (chissà poi perché?) gli animi dei tifosi, e la precedente finale continentale risale al 2002.

Oggi si può dire che Sasha Djordjevic ha fatto un piccolo capolavoro, gestendo una situazione assai complicata sul piano psicologico ancor prima di quello tecnico (peraltro da non sottovalutare: il Nanterre è squadra coi fiocchi, averla battuta con autorevolezza è un magnifico segnale lanciato ai più scettici). Si può ben dire che sia stata una vittoria di squadra: nessuno ha dominato la scena, tutti, o quasi, i giocatori hanno dato un contributo fondamentale. Punter alla lunga è calato nelle medie al tiro, ma a metà gara era mvp, concentratissimo e reattivo in difesa, assistman spettacolare. Martin, un leone, ancora ferito, presumibilmente, ma con una carica addosso che si è confermata propellente indispensabile per l’intera squadra. Taylor, tanto per cambiare all’inizio è caduto nella consueta trappola dei falli, ma Djordjevic lo ha gestito come meglio non si poteva preservandolo per l’avvio di ripresa dove con un 6-0 tutto suo il play ha fatto partire l’allungo decisivo quanto meno sul piano psicologico. Baldi Rossi, silente, si è ancora una volta posto al servizio del gruppo non sbagliando quasi nulla, anzi, mettendo una tripla molto importante. Cappelletti è stato un po’ la sorpresa della serata: schierato inaspettatamente ad avvio secondo quarto per tenere alto il ritmo di gioco, ha retto l’urto, difeso con tenacia, compiuto qualche errorino peraltro non grave, dimostrandosi giocatore vero e affidabile. Su Kravic c’è poco da dire, ieri ha messo in evidenza i suoi grandi pregi e dissimulato i difetti, sopperendovi con una gran voglia di fare bene: perfetto al tiro, in difesa continua a cercare più le stoppate del tagliafuori, ma facendone la somma con i rimbalzi si arriva comunque a 6. Chalmers è quello che è: 2/11 al tiro, 3 perse sembrerebbero dati da condanna; invece la sua presenza sia sul parquet che in panchina si è dimostrata fondamentale per i compagni per quello che riesce a trasmettere sul piano sia tecnico che emotivo, cui si devono aggiungere le 3 palle recuperate (con astuzia e immensa tecnica), i 6 falli subiti (idem come prima), 3 assist da fantascienza e anche 3 rimbalzi. La stella NBA che si sbuccia le ginocchia, in attesa della sua forma migliore: una prospettiva davvero golosa. Per M’Baye non ci si può che chiedere perché non sia sempre così; al di là dello score (60% al tiro), è l’intensità con la quale è sceso in campo che ha fatto la differenza: in una azione lo abbiamo visto difendere con efficacia addirittura su Senglin, probabilmente ha un gemello che spesso manda a giocare al posto suo. Cournooh è stato commovente: plus/minus migliore della serata, si è applicato su Senglin, spauracchio principe del Nanterre, per quasi metà gara, limitandolo enormemente. Idolo della serata per i tifosi. Per Qvale il discorso è pressoché analogo, anche se viene sempre più da domandarsi quale sia la sua condizione: se è rotto, viene da chiedersi come faccia a giocare così (3/5 al tiro, 7 rimbalzi di cui 4 in attacco, boa sia in avanti che dietro per i compagni), se fosse guarito non si capirebbe perché limitarne in questa misura l’utilizzo, con la conseguenza  di tenerlo totalmente fuori ritmo-partita, diminuendone in tal modo la qualità delle prestazioni. Unico assente al banchetto della festa, per una volta, Pajola, ma non si deve considerare una bocciatura: è il più giovane del gruppo, per caratteristiche tecniche gli è stato preferito Cappelletti, verranno altri momenti. Un discorso a parte invece merita Aradori, ieri utilizzato solo per otto minuti scarsi, ma francamente è difficile non condividere la scelta del coach: avulso dal gioco, soprattutto sul piano mentale, apparso in seria difficoltà in difesa, è il solo rimasto con la testa a Sassari. Ha fatto due bei canestri (una tripla ignorantissima, ma quando entra hai poi ragione), 100% al tiro, 1 rimbalzo, 1 assist, 1 persa, 1 fallo subito, dati da perfetto decimo uomo. Sta solo in lui, nell’atteggiamento col quale decide di scendere in campo, stabilire quale potrà essere il prosieguo della stagione.

Tornando invece ai dati di squadra, brillano il ribaltamento degli assist, 15 contro i soli 9 dei francesi (all’andata 13 a 17) e quello dei rimbalzi, 39 a 36 (33 a 39 in Francia), ma soprattutto la valutazione complessiva, 91 a 50, che dimostra come in verità la Virtus abbia dominato ancor più di quanto dica il punteggio finale. Un altro dato inaspettato, per una formazione che in stagione è attorno al 70%, è il 10 su 11 ai liberi, a testimoniare la concentrazione di tutti sul parquet.

La Virtus Segafredo ha compiuto la missione fin qui prioritaria, ma ora deve reimmergersi nel campionato. Dopo la disfatta in Sardegna è uscita in classifica dai playoff, che restano tuttavia ancora alla portata. L’aspettano due gare casalinghe, Pistoia e Brindisi, non impossibili, sulla carta, ma ancora una volta ribadiamo che sarà una questione di testa, come anche Djordjevic ripete in continuazione. La stagione non è affatto conclusa, adesso dovrebbe venire il bello.

La settimana peraltro era iniziata col trionfo anche in casa Fortitudo. Il ritorno anticipato in serie A è stato festeggiato come uno scudetto, giustamente, sfortuna ha in parte voluto che l’evento, mediaticamente, sia stato in parte surclassato dalla nuova impresa virtussina. Però su questa Fortitudo ci sarebbe davvero tanto da scrivere, giacché il ritorno ai piani alti suggella la riuscita di un progetto cui mancava sempre il centesimo per fare la lira. Il segreto, ribadiamo, è stato certamente aver scelto l’allenatore giusto per questa impresa, associato alla tecnica, le qualità umane e sportive di Marteen Leunen. Ora sarà tutto un problema di programmazione e scelte tecniche, quindi in larga misura finanziario. Il presidente Pavani ha già annunciato un budget, senza però chiare se complessivo o destinato alla formazione del roster. Guardandosi attorno, comunque, si trova sempre chi riesce, con le competenze necessarie, a fare nozze coi fichi secchi, per poi magari crescere in virtù dei successi conseguiti. Questa potrebbe essere la via giusta per chi si riaffaccia alla ribalta principale, senza un colosso economico alle spalle. Questa, forse, sarebbe la via giusta per tutti, a prescindere: un passo alla volta, ma oculato, acquisendo via via l’esperienza indispensabile. Fondamentale sarà non farsi prendere dalla frenesia di risultati velleitari, che potrebbe costare cara.

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