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Forcing – Alessia Merz: “Mihajlovic è entrato nella testa dei giocatori, li ha trasformati mentalmente”

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Enrico Calderoni


Un vecchio detto insegna che “il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Effettivamente, nella mezz’ora al telefono con l’intervistata di questa settimana – Alessia Merz – mi sono messo nei panni di coloro che, un po’ più grandi di me, si sedevano sul divano mentre lei parlava e conduceva la trasmissione. L’ex soubrette trentina ha spento i riflettori anni fa, entrando nel ruolo di “mamma e moglie, che non so poi se mi costa più fatica fare la mamma e la moglie piuttosto di quando lavoravo in tv”. Giura che non è disperata “come in quella fiction, Desperate Housewifes” e noi le crediamo: ride spesso e parla – ripetiamolo – sempre a ruota libera, con un accento bolognese che mi ha fatto pensare “Ma veramente non è nata in Emilia?”. Tifosa (tifosissima) juventina, ignara della sconfitta che riceverà proprio la sera della chiacchierata, ci ha raccontato com’è nata la passione per il bianconero, per il suo lavoro, il suo “amore” per Allegri e cos’ha portato Mihajlovic, sotto le Due Torri.

Prima di introdurti nel tuo Bologna-Juve, toccherei un tema scottante di questi giorni: le dichiarazioni di Wanda Nara e quelle di Collovati. Tu, da ex donna dello spettacolo e – allo stesso tempo – da tifosa juventina, cosa ne pensi? Ne hai parlato anche con Fabio (Bazzani, ndr)?
“No, no. Io so che, comunque, quando lui giocava capitava spesso che ci interpellassero a vicenda sul lavoro dell’altro. Sono sempre stata diplomatica, non ho mai fatto commenti o esternato le mie idee. Chiaro che il ruolo di Wanda Nara è diverso, perché è anche agente e sa che deve parlare di più, però sono sempre dell’idea che la cosa ti si possa ritorcere contro. Se tu vai in una trasmissione televisiva ed esprimi dei giudizi, è anche vero che – essendo la manager – vai un pochino a essere contro la società. Io sarei stata più zitta, perché poi ti si ritorce contro: nel mio caso, quando mi facevano domande su mio marito, su come giocava o come stava in una squadra piuttosto che nell’altra, ho sempre cercato di rimanerne fuori. Ognuno parla delle cose sue. Ripeto: lei non è solo un’ospite del programma; lei è anche agente, quindi ha più potere di parlare, e per questo le parole avranno più peso”.

Certo, anche perché quelle lacrime potevano essere intese come un teatrino…
“Poi le è anche capitato il sasso sulla macchina. Sicuramente non stanno attraversando un bel momento, quindi ci può stare anche un po’ di stress. No, non credo che le lacrime potessero essere un teatrino. Mi metto nei panni della gente che vede, magari, che si sta parlando di un rinnovo in cui si deve passare da 7 a 10 milioni. Insomma, già 7 mi sembra abbastanza buono. Quindi, si passa da dare esamine tecniche: io metto nei panni della società che dice di parlarne tra di loro invece che su Italia 1, in un programma televisivo”.

Tornando al tuo vecchio lavoro, ti è mai capitato un riferimento del genere quando lavoravi a ‘Quelli che il calcio’? Nel senso, ti hanno mai detto ‘Sei una donna, non puoi fare la commentatrice’?
“Chiaro che il calcio sia sempre stato visto come uno sport prettamente maschile, come del resto lo vedo io. Noi abbiamo Ilaria D’Amico che, voglio dire, è stupenda e bravissima e può essere meglio di tanti altri uomini. Essere donna non è discriminante. Ripeto: abbiamo esempi di donne, come Diletta Leotta, che forse non è preparata? Non sa parlare? Quello, purtroppo, non vuol dire che non sia capace di intrattenere, che sia brava quanto un uomo. Quelli sono luoghi comuni stupidi che non hanno senso. Che il calcio sia uno sport prettamente maschile, certo, io lo vedo più così, ma ci sono donne bravissime  condurre che meritano rispetto quanto gli uomini”.

E ho paura che questi luoghi comuni non cadranno mai.
“Ma sono in tutti i settori: se viene richiesto aspetto fisico o bellezza, la donna subito; se dev’essere richiesto qualcos’altro, la donna fa più fatica in alcuni settori. È innegabile, perché deve dimostrare che, oltre ad avere corpo, ha anche una testa. Il luogo comune ci sarà sempre, però – per fortuna – di esempi positivi ne abbiamo”.

Ora, però, entriamo ‘in campo’, altrimenti il Direttore mi ammazza. Com’è nato il tuo amore per la Juve?
“Da mia madre: credo che mi abbia insegnato a dire prima ‘Juve’ che ‘mamma’ (ride, ndr). La colpa, se volete dargliela – perché immagino che a Bologna sia una colpa –, è sua. Mio zio, poi, è andato all’Heysel a vedere la famosa partita in cui ci sono stati i morti. Quindi, io vengo proprio da una famiglia di juventini: quando la Juve veniva in ritiro a Trento, a Pinzolo o in quei posti lì, io ci andavo sempre. E la mia ‘carriera’ è nata poi da lì: sono andata con mia madre per due anni fila, dove c’era anche un cameraman che riprendeva e lavorava per un’agenzia pubblicitaria a Trento. Mi diede il suo bigliettino da visita, iniziai ad andare lì, poi le prime cose, fino ad arrivare al provino di ‘Non è la RAI’. Semplicemente, è partito tutto stando dietro una rete, con mia madre, a vedere la Juve che si allenava”.

Molto interessante questo aneddoto! Alla fine conta andare sul campo creando contatti, no?
“Ah, beh, sì! Per dirti, la mia passione è partita da là. Con mia madre non ci siamo mai perse una partita: siamo proprio tifose, tifose, tifose. A vedere Real Madrid-Juve c’ero andata da sola, partendo da Roma. Sono proprio una malata di calcio”.

Allora, da malata di calcio, qual è il ricordo più bello di una telecronaca, quando lavoravi a ‘Quelli che il calcio’?
“(ride, ndr) Mah, tu ora riderai, ma di cose positive ogni volta che andavo allo stadio – sul mio conto – ce n’erano poche: dovevo riuscire a salvare la pelle! Come tu ben saprai, uno juventino non è ben visto dalla gente, quindi in tutti gli stadi in cui andavo ricevevo dei corettini niente male. Poi, dagli accendini in testa agli insultini, devo dire la verità che è stato divertente ma anche faticoso. Mi ricorderò sempre Simona Ventura che mi diceva: ‘Dai, Alessia – che poi lei faceva apposta – esulta, esulta, perché stai lì tutta in camuffa?’. E io le rispondevo ‘Ma sei matta?!’. Magari facevi quel gol all’88’, di botta di culo, che già ti odiano. No, ho dei ricordi divertentissimi perché ho visto un sacco di gente e tutti gli stadi in Italia, però è stato quasi un salvarmi la pelle, ti dico la verità”.

Eh beh! Dovevi morderti per forza la lingua, soprattutto con quei gol all’88’…
“Ma anche perché fai fatica a farlo, quindi mi veniva da esultare. Poi una volta mi hanno messo con l’ambasciatore del Benin, quindi non gente che ti difendesse (ride, ndr). Devo dire che è stato divertente, ma anche impegnativo”.

C’eri in quel Bologna-Juve, nel ’96-’97?
“Quale?”.

Quando i bianconeri vinsero con gol di Boksic.
“Eh, oddio. C’ero in quel Bologna-Juve quando Guidolin si girò verso i bolognesi e gridò ‘città di…”, dove segnammo – anche lì – mi sembra all’ultimo momento e rischiai la vita. Poi, di altri Bologna-Juve non mi ricordo a ‘Quelli che il calcio’…anche perché sono passati tanti anni. Da quando ho avuto i miei figli ho finito anche di girare, quindi mi fermo a 12 anni fa. Per dirti, non sono ancora stata a vedere lo stadio nuovo della Juve. Mi manca”.

Venendo alla Juve odierna, si parla che sia “brutta” ma vincente. Tu cosa ne pensi?
“Io sono dell’idea che ‘brutta, ma vinco’. Poi gli amanti del gioco diranno ‘oddio, roba da far rizzare i capelli’, ma tra giocare una partita splendida e tornare a casa con zero punti e farne una brutta tornando a casa con tre, io preferisco i tre punti. Poi, ‘brutta’ dipende perché ha fatto alcune partite brutte. Magari la gente pensava che, arrivando Ronaldo, giocassimo chissà come. Di partite brutte io non me ne ricordo tante, le conto sulle dita di una mano, tenendo conto che ci sono anche gli avversari. Però, sono più dell’idea che preferisco giocar male e vincere: se gioco male in Champions e vinco 1-0, me lo porto a casa. Piuttosto che prendere quattro pali e tre traverse e dire ‘Mamma mia, che possesso di palla’ o ‘Mamma mia, che tecnica’ e poi perdo 1-0…anche no. Preferisco andare sul concreto”.

Certo, nelle partite andata e ritorno, come ha detto Allegri, è importantissimo segnare. Da stasera, però, l’allenatore dovrà fare a meno di Khedira per un po’ di tempo: quanto può pesare la sua assenza?
“Beh, sicuramente è un giocatore fondamentale, non solo per il ruolo che ha, ma anche perché è un discreto goleador. Non è che ti manca solo nel ruolo che ricopre, ma anche come finalizzatore. Per carità, non dovremmo avere problemi tra Dybala, Mandzukic e – ovviamente – Ronaldo, però non guasta. È una bella assenza, sicuramente, però devo dirti che abbiamo avuto un bel po’ di infortuni. Ti dico la verità: già il fatto che abbiamo recuperato Bonucci e Chiellini per me è tanta roba. Se non avessimo recuperato loro e avessimo avuto Khedira, sarebbe stato peggio. Mi dà più sollievo il fatto di aver recuperato la difesa, piuttosto il fatto di aver perso Khedira, però chiaro che se uno poteva aver tutto, era meglio, insomma”.

Beh, vedendo dopo il pareggio col Parma che si è scatenato l’uragano…
“Ma anche nella partita con l’Atalanta: è uscito Chiellini, hai visto subito cos’è successo. È innegabile che se ti arrivo a dire che forse Chiellini e Bonucci, in questa Juve, siano più indispensabili di Ronaldo, qualcosa significa… Comunque, gli scudetti li vincevamo anche senza Ronaldo, ma quando ti manca un Chiellini o un Bonucci vedi proprio che la difesa traballa”.

Infatti, Conte aveva costruito la sua muraglia sulla famosa BBC…
“Eh, sì. Veramente la ‘famosa BBC’: quando ho pensato che si sarebbe potuti arrivare a giocare senza loro, lì sì che ho temuto. Khedira, sì, dispiace, ma comunque riesci a sostituirlo in modo indolore, insomma”.

Stasera Atletico, domenica Bologna e tra una settimana il Napoli. Secondo te, i rossoblù sono “fortunati” e per la Juve sarà un impegno meno importante?
“Diciamo che se io dovessi affrontare la Juve, spererei di farlo esattamente proprio tra l’Atletico Madrid e il Napoli. Parlandoci chiaro, la Juve ha già 13 punti di vantaggio, quindi una partita di campionato ha il giusto peso. Se devo privilegiare una delle due, mi gioco quella col Napoli – che sta già a 13 punti – quindi, delle due, mi faccio quella, la vinco e sono a posto. Ho l’Atletico Madrid, che è il sogno della mia vita, la Champions, quindi – con tutto il rispetto – la sfida col Bologna lascia il tempo che trova. Il Bologna ha tutte le motivazioni del mondo, avendo cambiato anche allenatore, con la posizione di classifica che ha, per forza deve far punti, il prestigio che avrebbe vincere contro la Juve, la rivalità che c’è contro la Juve: vincere, a prescindere, sarebbe una roba stratosferica. Quindi, se le metti sul campo, il Bologna ha tutte le motivazioni per vincere questa partita; la Juve, il contrario. Non mi stupirei nemmeno se non giocasse lo stesso Ronaldo, perché comunque, sai, ti gioca il mercoledì in Coppa e poi c’è il Napoli, ti pigli una partita di riposo. Per la Juve, diciamo che Bologna-Juve è l’ultimo dei suoi pensieri, mentre per il Bologna è tutto. Quindi, se dovessi affrontare la Juve, preferirei incontrarla nell’incastro tra queste due partite. Poi, il divario tecnico è talmente grande che se poi sarà una passeggiata o no, non lo so”.

Domanda secca: tre indizi fanno una prova? Nel senso, Mihajlovic – in tre partite – ha portato 4 punti, Inzaghi 14 in venti…
“Giocando benissimo con la Roma, tra l’altro…”.

Esatto. Quindi doveva arrivare prima, secondo te?
“Eh, col senno di poi… Io dico sempre che, col cambio di allenatore, le prime partite sono sempre stupende perché – comunque – c’è il rivolersi mettere in gioco, quelli che non erano stati considerati si fanno vedere: vanno tutti al 100%, anzi al 200%. Con l’allenatore vecchio, vuoi perché alcuni erano stati accantonati, vuoi perché c’era un po’ di pessimismo, magari non davi più il massimo. Non so come dirti… Quando tu cambi allenatore, la partita dopo, nove volte su dieci, la vinci. I giocatori giocano in una maniera diversa, assolutamente, ma è anche vero che con l’Inter l’ha vinta, ha pareggiato col Genoa e con la Roma se portava a casa un pareggio gli stava stretto. Sicuramente, Mihajlovic, più che tecnicamente, è entrato proprio nella testa: ha dato una scossa morale, con più fiducia. Li vedo più pimpanti”.

Quindi, secondo te, il principale cambio di Mihajlovic è stato nella psicologia.
“Io ti dico quello perché non entro nel merito tecnico, non sarei neanche in grado. Sicuramente ci sono giocatori trasformati, che hanno più fiducia in loro stessi, che corrono di più. Perché, se no, per quanto puoi dare il massimo, non vai a San Siro e vinci e a fare una splendida partita con la Roma: devi avere una certa personalità per andare a giocartela così. Poi lascia stare che l’Inter ha sbagliato due gol clamorosi, che magari li faceva e il Bologna non avrebbe vinto. Ci possono essere le componenti della fortuna, della testa trasformata, la voglia di far vedere all’allenatore di far giocare uno piuttosto che un altro. Ci sono tante cose, ma è indubbio che nella mente siano trasformati”.

Ora provo a fare una metafora: al Dall’Ara, chi può trovare il gettone giusto per attivare la sua Jolly Blu? Mi riferisco ovviamente alla sala giochi, non al film a cui avevi partecipato. Nel senso, dove possono trovare Allegri e Mihajlovic il tasto giusto per vincere la partita?
“Mihajlovic sulla motivazione, perché ha giocato da Dio anche contro la Roma, ha preso zero punti, mentre l’Empoli tre, quindi ha allungato. Sicuramente, Mihajlovic le motivazioni non ha nemmeno bisogno di cercarle: tra il fatto di dover, per forza, far punti e, soprattutto, già la Juve ti dà la carica. Io, ignorantemente, dico: ‘Se mi dovessi giocare la partita con l’Udinese, sarei più agitata perché è uno scontro diretto e, se perdo, è una tragedia; se gioco contro la Juve,  vado in campo dando il tutto per tutto, se faccio il colpaccio sono un fenomeno, mentre se perdo il 99% delle persone non mi dice niente perché, sulla carta, ci sta. Secondo me, ‘sta partita si prepara da sola.
Allegri, parlando sempre da profana, forse l’appiglio potrebbe essere quello di far mettere in campo quelle persone che giocano un po’ di meno: in una partita così ci può essere un calo di tensione. Vero che è bravo a coinvolgere tutti, più o meno, sempre, però la gente che entra in campo dalla panchina della Juve può essere un Dybala, può essere un Bernardeschi, Perin… Voglio dire, le loro partite se le fanno, ma giocarla con loro potrebbe dare qualche ‘stimolo’. Di altri, non so cosa la Juve potrebbe trovare. Poi dipende molto da come va la partita: se torniamo a casa con un risultato positivo, ha un valore; facendo le corna, perdi, e soprattutto fai una prestazione molto brutta, poi lì ci può essere l’orgoglio di cancellare una brutta prestazione, però io mi augurerei di tornare a casa con una bellissima prestazione, con una vittoria e giocare meno bene a Bologna e lasciargli il tutto
(ride, ndr). Se devo barattare, preferisco una vittoria contro l’Atletico”.

Anche perché a noi servono punti, quindi dovete fare i bravi!
(ride, ndr) “Noi vogliamo andare avanti in Champions League: a noi la vittoria contro l’Atletico e a voi quella contro la Juve”.

Colgo la palla al balzo, ricollegandomi al discorso dei sostituti della Juve, ai quali accennavi prima: nella squadra di Allegri, esistono seconde linee o sono tutti titolari?
“Secondo me, lui è bravo a farli sentire tutti comprimari. Nel senso che un Bernardeschi non entrerà mai pensando di essere un sostituto o, addirittura, un Dybala non penserà mai di entrara pensando di essere un sostituto. Stiamo parlando di gente che giocherebbe stratitolare in qualsiasi squadra buona, non nel Canicattì, ma in quelle di prima fascia. E’ bravo lui a sfruttarli per giocare le partite più importanti: a me piace un sacco Allegri perché è uno che non bada ai nomi – vedi quello che è successo con Bonucci –, è meritocratico. Quindi, puoi andare in panchina se ti chiami Dybala, puoi andare in panchina se ti chiami Bonucci: però, questo ti permette di ottenere il rispetto di tutti e tutti sanno che hanno possibilità di poter giocare. Il nome davanti, se non si sbatte, va in panchina o in tribuna. Questo è il merito di Allegri, perché, sai, gestire tutti questi campioni e fargli capire che devono andare in panchina… Vero che è bella l’abbondanza, ma quando non li hai dici ‘Che due scatole, non li ho’; quando li hai, devi avere due begli attributi per farlo”.

Ultimissima domanda: non ti chiedo quale della Juve, perché credo sia scontato, ma del Bologna chi ti ha colpito di più?
“Oddio, non è che io le abbia viste proprio tutte tutte, quindi… Sicuramente Santander: non mi aspettavo potesse essere così tanto incisivo come lo è stato. C’è, ‘sto omone, lo vedi così… Tra quelli del Bologna è quello che si è distinto di più. Poi bisogna vedere tutto il contesto: quanto ha aiutato, quanto no, la prestazione della squadra: paghi molto per i gol, ma anche per quanto sei assistito dai compagni o no. Insomma, è quello che mi ha stupito di più, ma – ripeto – non è che le abbia viste tutte le partite. Magari c’è stato qualche altro giocatore che ha fatto vedere altre cose… Però non c’è il Verdi della situazione che mi aveva stupito come negli anni precedenti, insomma, però Santander è uno che si è messo in mostra”.

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