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IL GRILLO PENSANTE – Cambiare per non cambiare

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Il manto dorato con cui Re Mida Sartori aveva avvolto la città nel giorno del suo sbarco a Bologna si è rivelato, via via che il calciomercato inghiottiva giornate estive, una proiezione della disperata (e frustrata) ambizione covata dall’intero popolo rossoblu, l’esigenza di identificare nel nuovo direttore sportivo la figura finalmente capace di soverchiare un trand di annate sportive più monotone di una soap opera venezuelana.

 

Le vendite lampo dei pregiatissimi Hickey, Svanberg e Theate avevano subito minato un po’ gli entusiasmi iniziali ma, considerando anche i 45,5 milioni di euro incassati sull’unghia (oltre ai 7,5 di potenziali bonus), una bonaria interpretazione poteva indurre a pensare che il nuovo padrone dell’area tecnica riempisse tempestivamente i forzieri per poi imbandire la tavola con acquisti che riportassero il suo inequivocabile marchio di fabbrica, una strategia votata a creare una precisa discontinuità con la precedente era-Bigon (a questo punto molto rivalutata) indirizzata soprattutto dalla mancanza di reali alternative: Sartori è un ministro che ha dovuto crearsi il portafoglio, Saputo e Fenucci lo hanno equipaggiato per il calciomercato con calorose strette di mano ed accorate raccomandazioni di proficue plusvalenze. O poco più.

Purtroppo il mercato in entrata non è stato reattivo come quello in uscita ma si è trascinato fino a Ferragosto coi soli acquisti del semi-sconosciuto Lewis Ferguson (ad occupare la casella lasciata vuota da Svanberg volato a Wolfsburg) e dalla coppia mancina Lykogiannis-Cambiaso arrivata a costo zero (in sostituzione di Hickey trasferito al Brentfors e Dijks fuori dal progetto), ritardo particolarmente gravoso in un’annata iniziata in netto anticipo a causa del Mondiale invernale in Qatar. Gli arrivi tardivi di Lucumì, Zirkzee e Moro testimoniano la volontà di continuare a scommettere su profili magari promettenti ma provenienti da campionati minori, quindi con l’incognita dei tempi di adattamento al calcio italiano; inoltre tante trattative sono diventate telenovele per i persistenti tentativi del Bologna di tirare su ogni prezzo, emblematico l’acquisto di Lucumì sulla cui clausola rescissoria di 8 milioni (pretesa giustamente dal Bruges) è stato ottenuta una rateizzazione di 3 anni a fronte di un 20% sulla futura rivendita da riconoscere allo stesso club belga. Dulcis in fundo è stato ingaggiato l’austriaco Posch, difensore dell’Hoffenaim con un discreto curriculum che ha svelato problemi di allineamento tra l’allenatore Sinisa Mihajlovic (“Posch? Non lo conosco”) e la direzione sportiva.

In sostanza poco o nulla è cambiato rispetto agli anni scorsi, l’unica differenza risiede in un saldo di compravendite positivo per circa 20 milioni di euro (bonus compresi) perfettamente in linea con le richieste di Joey Saputo in termini di ricavi (“Voglio un ritorno per gli investimenti fatti”) e degli obiettivi dichiarati che, forse, potrebbero rivelarsi addirittura velleitari (“Obiettivo 52 punti”).

 

Il raffazzonato calciomercato rossoblu si è prontamente riflesso sul campo di gioco: dopo un non agevolissimo esordio in Coppa Italia contro il Cosenza tra le mura amiche, in 4 partite di campionato sono stati raccolti la miseria di 2 punti frutto di altrettanti pareggi interni contro le non indomabili Verona e Salernitana. La tifoseria, già piuttosto turbata, si è prontamente divisa in 2 macro-fazioni nell’additare le responsabilità dei deludenti risultati: una ritiene che il mercato nel segno dell’austerity sia un segnale evidente che patron Saputo abbia tirato i remi in barca mentre l’altra ritiene che il ciclo di Mihajlovic sia finito e l’arrivo di un nuovo allenatore potrebbe risollevare le sorti della squadra. Molto probabilmente un fondamento di verità potrebbe esserci in entrambe le tesi ma, almeno al momento, l’obiettivo più immediato sarebbe centrare la prima vittoria stagionale in campionato. Spezia permettendo.

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