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IL GRILLO PENSANTE – Vietato vendere belle speranze

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Una sola settimana ancora ed il terzo anno della nuova vita canadese del glorioso Bologna volgerà al termine, senza onestamente aver lasciato impresso nella mente nulla di indimenticabile (eccezion fatta, forse, per il gol capolavoro di Verdi in un anonimo turno infrasettimanale di inizio stagione con la Sampdoria). La coda aristocratica contro Milan e Juventus non regala alcuna motivazione di classifica ma soltanto la flebile speranza di un congedo tra squadra e tifoseria gratificata da qualche nobile acuto in extremis; subito dopo tutta l’attenzione, finale di Champions League a parte, verrà catalizzata dal meraviglioso spettacolo mediatico del calciomercato, un sofisticato gioco di ruolo che segna virtualmente lo spartiacque tra l’epilogo di un’annata sportiva ed il sostanziale inizio della successiva. Il Bologna si appresta a rivisitare la rosa e le relative strategie ad essa collegata in un clima di estrema cautela, con dichiarazioni dello staff societario improntate a gettare acqua sul fuoco di facili entusiasmi (in tal senso la straripanza mediatica di Tacopina è stata una perdita sanguinosa) e la piena consapevolezza di dover operare in condizioni di un budget cronicamente a dieta.

Sono tutti presupposti che, putroppo, sono ben noti alla tifoseria rossoblu, ma c’è un punto focale che preoccupa oltremodo un po’ tutto l’ambiente: i giovani prospetti vanno assolutamente salvaguardati. Tradotto: i giovani più valorosi (in primisi Verdi, Di Francesco e Masina, ovvero i ragazzi che hanno più mercato) non vanno assolutamente venduti. L’eco della scorsa estate in cui il diciottenne Diawara fu venduto (in quel caso su presupposti oggettivamente plausibili) per una cifra equa (non eccessiva) e le casse rossoblu videro depositi lievitati per oltre 6 milioni di euro al 1° Settembre sono uno spauracchio concreto, un film che sotto le Due Torri si preferirebbe non veder più proiettato. Un mercato virtuoso è generalmente pratica invidiabile, ma dipende a quale prezzo.

Simone Verdi è il simbolo di una concreta rinascita della Bologna calcistica, l’unico vero jolly pescato da Bigon sul quale costruire la squadra del domani (dopodomani si vedrà); Di Francesco è la scommessa che, dopo la prima corsa, infonde fiducia a restare in gioco con puntate ancora più pesanti. Masina, dopo l’esplosione dello scorso anno, ha vissuto una stagione più variegata tra alti e bassi, ma è attualmente il massimo esponente di giocatore bolognese proveniente dal vivaio e con un viscerale attaccamento al rossoblu. Parla già da capitan futuro. Una sua cessione, di cui si vocifera per dare linfa alle possibilità di mercato, sarebbe un segnale mortificante non solo a livello tecnico ma soprattutto simbolico, oltre a dover trovare un degno sostituto in un ruolo con penuria assoluta di interpreti (soprattutto italiani).

Se, oltre a dover drammaticamente individuare (ed azzeccare) ancora una volta un nuovo faro di centrocampo, fossimo realmente nelle condizioni di sacrificare forzosamente ogni anno un giovane di belle speranze per finanziare il mercato allora la parola “PROGETTO” cesserebbe istantaneamente di avere un significato compiuto accostato alla società Bologna; analoghe manovre ricordano l’amaro sapore di gestioni societarie precedenti ben più scellerate, dove i contorni erano decisamente meno lungimiranti ed assennati ma la politica era similare: vendere per finanziarsi gli acquisti. Premesso che tutti nutrono ben altra fiducia negli uomini attualmente al comando, bisogna con identica onestà intellettuale ammonire condotte che con un progetto di crescita REALE si amalgamano difficilmente. A meno di offerte fantasmagoriche, petroldollari o forzieri di renminbi i giocatori giovani è più importanti non possono e non devono essere ceduti; sarebbero piuttosto preferibili pochi e mirati rinforzi ma senza indebolire l’ossatura già piuttosto precaria della squadra attuale.

Bologna è una piazza esigente ma, in realtà, comprende perfettamente il terreno sul quale poggia i piedi: non c’è nessun tifoso coscienzioso che ambisce a vedere in brevissimo tempo campioni affermati e strapagati calcare il manto erboso del Dall’Ara. Nessuno pretende cifre folli da sperperare per il puro piacere di trattare giocatori dal nome altisonante. Nessuno chiede a Saputo la luna. Ma tutti, semplicemente, confidano che la strategia di provarsi di giocatori giovani ed importanti per presentare una squadra accettabile nel campionato seguente possa restare soltanto un ricordo di tempi lontani e più sfortunati.

 

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