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Il Resto del Carlino – Un anno senza Sinisa Mihajlovic, il figlio Miroslav: «Alleno per passione, con i valori di papà. Ringrazio Bologna e il Bologna»

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È passato quasi un anno da quando Sinisa Mihajlovic ci ha lasciati per non tornare mai più. Il 16 dicembre 2022 se lo è portato via la leucemia, lasciando un grande vuoto nel calcio. Ma il vuoto più grande lo ha lasciato a casa, dove la moglie Arianna e i cinque figli dell’ex tecnico del Bologna hanno dovuto convivere col dolore della perdita di un marito, di un padre. Tra i figli c’è anche Miroslav, 23 anni, studente di Economia e Business Management e allenatore in erba nella scuola calcio dell’Urbetevere. Miro ha scelto di fare l’allenatore come papà, dopo essersi fermato a livello della Primavera mentre giocava nella Samp: «Quando porti un cognome così pesante è difficile. Se non giochi sei scarso, se giochi sei raccomandato. Devi lavorare il doppio degli altri – racconta Miro – Ammiro Chiesa e Maldini, che sono arrivati in alto portando cognomi pesanti».

Un anno senza Sinisa

È già passato un anno, un anno velocissimo per il Bologna e per i suoi tifosi che hanno visto il Bologna nel frattempo i rossoblù vincere ripetutamente. Un anno dalla morte di Sinisa che è stato ovviamente lunghissimo per la famiglia Mihajlovic. Miroslav lo ha affrontato decidendo di fare l’allenatore: «È stato un anno difficile. Andare al campo mi aiuta, perché stacco e allo stesso tempo rimango legato a mio padre, lo tengo vicino – racconta Miro – Ho scelto di fare l’allenatore perché mio padre mi ha insegnato a inseguire le mie passioni». Il ricordo di Miroslav è nitido, ma soprattutto ha in mente tutto ciò che papà Sinisa gli ha insegnato: «Mi ha lasciato il coraggio e i suoi valori come la lealtà, il rispetto e la sincerità. Aspetti che nel calcio si stanno perdendo».

Senza fermarsi mai

Miroslav racconta l’altro lato della lotta di Sinisa Mihajlovic contro la sua malattia. Nonostante l’inscalfibile volontà dell’ex tecnico del Bologna, dietro le quinte, la famiglia gli ha chiesto più volte di fermarsi, senza successo: «Ci abbiamo provato, ma era impossibile: il calcio era la sua vita. Senza il campo non era contento ed era anche un modo per staccare». Non voleva fermarsi mai Sinisa, anche quando le energie erano ridotte al lumicino: «Una settimana prima di morire abbiamo fatto una camminata di 10 km sotto la pioggia. Era magrissimo, tutti al suo posto sarebbero rimasti a letto. Era testardo, un leone in gabbia. Camminava quasi tutti i giorni».

L’ultimo saluto

Poi il 16 dicembre, il momento più triste. Sinisa Mihajlovic ci ha lasciato, lasciando un grande vuoto in tutti coloro che lo hanno conosciuto. A maggior ragione nella famiglia: «Eravamo pronti alla cosa, ma puoi essere preparato quanto vuoi… È dura. Tu vorresti solo sparire, ma gli altri ti scrivono, ti cercano per starti vicino. Ringrazio tifosi e chi ci è stato vicino come Deki (Dejan Stankovic, ndr) che è come uno zio. E anche Ibrahimovic è stato molto carino con noi». In famiglia l’anno trascorso è stato pesante: «Si cerca inconsciamente di non parlarne, ma fa male. Quando è successo, e ora verso l’anniversario sarà uguale, ne parlano tutti è difficile». Mamma Arianna è rimasta il pilastro in famiglia e prova a non far pesare il suo dolore ai figli: «Mamma non ci fa vedere che sta male, perché forte. Io so che lo fa per noi e noi cerchiamo di farla stare meglio».

Il percorso della malattia sempre col pensiero del campo

A luglio 2019 Sinisa comunica al mondo la sua malattia in una conferenza piena di dolore, ma anche coraggio e voglia di andare avanti. Miroslav la racconta dal suo punto di vista: «Noi eravamo in Sardegna, lui a Bologna. A noi l’ha detto nostra madre il giorno prima della conferenza – racconta Miroslav, che poi racconta anche di quando Sinisa si presentò a Verona il 25 agosto 2019 – Lo scoprimmo un attimo primo. Ce lo disse un suo collaboratore. Quando lo vidi in tv secco, indebolito, fece impressione anche a me, ma aveva fatto una promessa ai suoi giocatori». Po a marzo 2022,i il ritorno della malattia, il dolore e ancora la forza di Sinisa nel conviverci andare avanti, continuare il suo lavoro: «È stato peggio della prima volta. È stata più dura anche per papà, doveva ricominciare una battaglia che aveva già vinto». A settembre l’esonero dal Bologna: «Papà l’ha vissuta male, lui voleva stare in campo, ma allo stesso tempo aveva chiesto di essere trattato da allenatore. A Bologna sono stati bravissimi prima e dopo: ci sono sempre stati vicini. Sentiamo ancora molti dirigenti e giocatori. Ringrazio tutti. Ringrazio i bolognesi che sono stati perfetti con lui e con noi».

Il Bologna di Thiago Motta e il ricordo

Ora il Bologna, dopo il cambio di allenatore, con l’arrivo di Thiago Motta al posto di Sinisa ha intrapreso un grande percorso di crescita e si trova addirittura in lotta per la Champions League: «È bello vederli lì, tifo per loro, come per la Lazio. E poi penso che ci sia anche la mano di mio padre che ha risollevato una squadra destinata a retrocedere, cambiando la mentalità – spiega Miro, anche da allenatore alle prime armi – Motta sta facendo un grande lavoro, ma papà ha lasciato un’impronta. Tanti rossoblù stanno giocando con il suo ricordo, come De Silvestri e Orsolini, ragazzi straordinari che ci sono stati molto vicini». Domenica sarà l’occasione per ricordarlo, a Bologna ci saranno delle celebrazioni al Dall’Ara e non solo: «Mia madre sarà a Bologna per la partita con la Roma. I miei fratelli saranno all’Olimpico per Lazio-Inter». Miroslav invece ricorderà papà continuando a fare quello che Sinisa amava di più, stare in campo: «Sarò con l’under 15 dell’Urbetevere, sono assistente dell’allenatore. Siamo primi, devo esserci è il mio lavoro, così avrebbe voluto mio padre». E intanto prosegue anche a studiare per acquisire il patentino UEFA D: «Avrò il test a gennaio».

 

Fonte: Gianmarco Marchini, Il Resto del Carlino

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