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Meteore: Andres Guglielminpietro

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fonte immagine: calcioweb

In questo sport che noi tutti amiamo non è difficile imbattersi in nomi strani e bizzarri. Vedi Lazaros Christodoulopoulos, vecchia conoscenza rossoblù.

Il protagonista di questa puntata porta un nome decisamente importante, al contrario del suo contributo sul rettangolo da gioco.

Andres Guglielminpietro nasce a San Nicolàs, in Argentina, il 10 aprile 1974. Inizia a tirare i primi calci al pallone nelle giovanili del Gimnasia, squadra in cui debutta in Prima Squadra nel 1994.

Nel giugno 1998 sbarca in Italia: il Milan, allenato da Alberto Zaccheroni, lo acquista per 10 miliardi di lire, una cifra non indifferente per un 24enne pressoché sconosciuto. A Milano si sa, non c’è tempo da perdere, neanche per imparare un nome così difficile. Così, dopo pochi giorni, nasce il soprannome Guly.

L’inizio in rossonero risulta difficile: Guly rimane spesso in panchina, ma dopo poco tempo riesce a trovare spazio nel 3-4-3 designato dall’allenatore. In quella stagione si rende protagonista anche con un gol segnato nella vittoria contro il Perugia all’ultima giornata di campionato, che permette ai rossoneri di sorpassare la Lazio e vincere lo scudetto. La sua prima stagione nel “Milan più scarso tra quelli vincenti” è certamente la più importante della sua esperienza italiana: nelle due stagioni seguenti gioca 36 partite (quasi tutte da subentrato) e segna appena 2 gol.

Nella sessione estiva Guly passa ai cugini dell’Inter, rientrando nell’affare che porta ai rossoneri Andrea Pirlo e Cristian Brocchi. Se per questi due lo scambio risulta essere il trampolino di lancio, per il laterale argentino le cose non fanno che peggiorare. Con i neroazzurri gioca 30 partite in due stagioni, formando con Gresko e Georgatos un binario mancino inguardabile. Se ne accorgono anche i dirigenti, che alla prima offerta se ne liberano cedendolo al Bologna, l’ultima tappa italiana della nostra meteora.

In rossoblù l’argentino cerca il riscatto, ma ovviamente il suo tentativo resta vano. Solitamente le storie delle nostre meteore prendono una piega inaspettata dopo un infortunio, un incidente, un trasferimento disastroso… No. Non in questo caso. In questo caso tutto gira intorno alla “qualità” della meteora.

In una stagione gioca 18 partite segnando due gol, uno di questi a dir poco “illegale”. Si gioca contro l’Udinese, Guly si trova in area avversaria e colpisce la palla di testa dopo un gran cross di un compagno insaccandola in rete.

I giocatori avversari corrono dall’arbitro: sembra chiaro a tutti che il gol è stato segnato di mano e non di testa, ma furbamente Guly nega tutto e la rete viene convalidato.

In quegli anni ovviamente il Var non era presente, ma la moviola conferma chiaramente la svista dell’arbitro. Non proprio un gesto da fair-play.

Insomma, si fa di tutto per vincere. A volte però gli sforzi fatti non sono abbastanza: a fine stagione Guly fa ritorno in patria dopo il fallimento con i felsinei. Tenta più avanti anche di approdare negli Emirati Arabi, ma anche quella parentesi risulta deludente.

Nel 2007, a soli 32 anni, Guly appende gli scarpini al chiodo, terminando la sua carriera con la squadra che lo aveva lanciato nel calcio che conta. Da un grande nome derivano grandi responsabilità? No, non per Guglielminpietro almeno. Inutile dire che, a parte per il suo nome, in pochi si ricorderanno di questo calciatore.

Tuttavia, non è certo da tutti riprodurre il gol più famoso della storia del calcio, fatto da uno dei giocatori (anche lui argentino) più forti della storia del calcio.

Si può quindi dire che invece della mano de Dios abbiamo assistito alla mano de… Boh.

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