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Bologna

The Day After: “Cinque minuti di paura” – 16 nov

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Storie da calcio: vinci 1-0 a dieci minuti dalla fine, con la partita praticamente sotto controllo, senza minaccia alcuna e con la possibilità di chiuderla più di una volta. Insomma, tutto sembra volgere nel migliore dei modi, filando via liscio senza intoppi. Pare la classica trama di un match ben gestito e portato a casa senza neanche troppo faticare: tre punti comodi, manco sofferti. Ma la dea bendata del pallone, sempre in atto ed equa nei suoi giudizi imparziali, ha in mente un altro finale per questa gara.        E quando ci si mette di mezzo lei, bhe…meglio lasciar perdere. Cinque minuti: cinque minuti durante i quali tutto cambia e finisce per esser capovolto.        Prima il solito Caracciolo, che col rossoblù sembra aver un conto in sospeso, poi il giovane Morosini, per un uno-due micidiale capace di tramortire chiunque: nel giro di poco, pochissimo, si passa da una vittoria ormai consolidata ad una sconfitta bruciante, inaspettata per quanto visto nei novanta minuti, ma comunque preventivabile, perché se ti addormenti l’avversario non perdona. E la difesa del Bologna, forse sulla scia di una partita dove fino all’80 non era stata praticamente chiamata in causa, si è ieri resa colpevole di eccessiva sonnolenza nei minuti finali di gioco. L’emblema di questa partita strana e dai risvolti impensabili può essere infatti considerato il greco Marios: da sette fino all’83, da quattro a partita finita, per due amnesie risultate decisive ai fini del risultato. Poi, sia chiaro: non che questa sconfitta, nonostante la rabbia per come maturata, cambi il giudizio sulla squadra e su certi singoli, sempre pronti a dare il massimo per il causa. E non si capisce dunque a tal proposito perché, dalla tribuna e certe zone della curva, a fine gara sian piovuti fischi sui giocatori: ma come, già finito l’effetto-Tacopina? Prima tutti campioni ed ora bidoni inguardabili? Un po’ più di coerenza ed equlibrio, nel far certe valutazioni, sarebbe in effetti utile: perché il Bologna non era una squadra da primi posti prima e non lo è di certo di adesso. E’ una compagine, meglio ricordarlo, messa in piedi a parametro zero che, dopo un mese di campionato, sembrava dovesse lottare per non retrocedere: ecco perché, comunque, cadere in depressione per una sconfitta sì bruciante, ma non tale da fare harakiri ( siamo a novembre, la strada è ancora lunga…), parrebbe in effetti la peggiore delle soluzioni.    

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