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Covid e dintorni: dal caso Boca alla Bundes apripista. A quando le riaperture degli stadi in Italia?

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Ne abbiamo sentite e lette di ogni negli ultimi mesi. Dall’inutilità delle mascherine, poi rivelatesi fondamentali, dalla riapertura più o meno forzata di certe attività commerciali, da strampalate teorie complottiste e bizzarre analisi di virologi e politici dell’ultima ora, fino all’ormai sdoganato saluto con il gomito che, secondo l’OMS, non garantirebbe più il distanziamento sociale, essendo preferibile un più composto saluto con la mano sul cuore. Peccato. Proprio ora che ci eravamo abituati. Ma siamo qui per parlare di calcio e dopo tutte le più accurate precauzioni adottate negli ultimi mesi con protocolli, tamponi e quarantene, ecco che dall’Argentina arriva una decisione che, considerando la drammatica situazione sanitaria che ancora tiene in ginocchio il Sud America, è destinata a fare scalpore. 

Infatti, su decisione del Conmebol e del ministero della salute paraguayano, il Boca Juniors – in occasione della trasferta di Copa Libertadores contro il Libertad di Asunciòn – potrà far scendere in campo giocatori contagiati dal Covid o ancora positivi al tampone. Il motivo? Secondo gli esperti della federazione sudamericana, la carica virale esaminata dai tamponi risulta essere troppo bassa per comportare rischi di contagio. La decisione ha fatto chiaramente storcere il naso (per usare un eufemismo) agli avversari, che hanno minacciato di ricorrere alle vie legali. Appena quindici giorni fa era infatti scoppiato un grosso focolaio proprio all’interno del ritiro degli Xeneizes, con ben 18 giocatori della prima squadra positivi, di cui 10 sintomatici. Già all’epoca la partita in programma con il Libertad era fortemente in dubbio e, la decisione che vi stiamo raccontando, con ancora più della metà dei contagiati non ancora negativizzatisi, potrebbe creare un importante (e pericoloso) precedente. Il Libertad non ci sta e, tramite un comunicato ufficiale, ha espresso la propria “indignazione, ripudio e assoluta preoccupazione per il trattamento differente e di favore nei confronti di queste persone a scapito della salute dell’intera popolazione paraguaiana”. 

Clima più disteso, ma comunque orientato a riappropriarsi della lontana normalità è quello che si respira in Germania. Con la decisione dei Länder (gli Stati che compongono la Federazione tedesca) da venerdì 18 settembre, in occasione della sfida tra Bayern Monaco e Shalke 04 in programma alle 20:30 (mai banale e calzante per l’occasione) si potrà tornare allo stadio. Liberi tutti? Nemmeno per sogno. La precaria situazione sanitaria che tutto il mondo sta ancora vivendo ha orientato i vertici della Bundes verso un’apertura parziale fino al 20% della capienza massima. Il test avrà una durata di 6 settimane, sarà regolamentato da regole ferree sia per quanto riguarda gli ingressi che per il distanziamento fisico, anche se molto dipenderà dall’andamento della curva epidemiologica. Non si tratta tuttavia di una novità assoluta. L’altro ieri, in Francia, durante il burrascoso derby andato in scena tra PSG e Marsiglia, il Parco dei Principi è stato, parzialmente, riaperto al pubblico, anche se – visti i toni che hanno accompagnato il finale di partita – non sarà di certo ricordato come un derby dai risvolti sportivamente felici. 

E in Italia? Detto che il mondo del basket – con l’Emilia-Romagna che ha fatto da apripista – ha parzialmente riaperto i cancelli dei palazzetti dello sport, è ora tempo (dopo la riapertura delle scuole in cima alla lista delle priorità del Governo) di togliere la polvere dai seggiolini degli stadi di serie A (e non solo). Conte, Gravina e Spadafora cercheranno di elaborare un piano affinché si possa tornare allo stadio in sicurezza, forse addirittura ad ottobre, anche se – ad ora – si tratta di mere speculazioni. Non siamo di fronte ad una questione squisitamente sportiva e romantica, ma di veri e propri introiti che, nei bilanci delle squadre, hanno condannato le società, in maniera più o meno evidente, ad adottare politiche di austerity per far fronte ad un’emergenza mai affrontata prima, con evidenti ripercussioni sul calciomercato e non solo. Il tifoso è (e quest’emergenza ne ha dato prova lampante, qualora ce ne fosse bisogno) parte integrante del sistema calcio, in tutti i modi possibili e immaginabili. Ed è bello che sia così. 

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