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Calcio

Il Resto del Carlino – Gli stadi italiani sono i più vecchi d’Europa

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Lega Serie A


La maggior parte degli stadi italiani sono vecchi, malmessi e non restituiscono agli spettatori quella corretta visione del gioco che offrono, ad esempio, quelli inglesi. Il quadro che emerge dal testo “Lo stadio del futuro”, redatto da Massimiliano Giberti e Marco Casamonti da un’idea di Luigi De Siervo (ad della Lega di Serie A), è impietoso.

All’interno delle 360 pagine del volume presentato al convegno “Il futuro degli stadi in Italia”, tenuto dalla Lega A al Foro Italico (con la partecipazione del ministro per lo sport e i giovani Andrea Abodi e il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini), si sottolinea subito un dato fondamentale: l’età media dei nostri stadi è quasi il doppio di quelli inglesi e tedeschi, 68 anni contro 35 e 38.

Nel libro si evidenzia inoltre come il mondiale di Italia 90 sia stato un’opportunità persa; a distanza di soli 30 anni, infatti, molti stadi su cui si era intervenuti sono stati pesantemente ristrutturati o demoliti, come dimostra il caso emblematico del Delle Alpi di Torino. Che i mondiali del 1990 siano stati un’occasione mancata lo dimostrano anche le innumerevoli opere minori sparse qua e la per l’Italia che giacciono in condizioni di abbandono e degrado, come risultato di una errata e a volte mancata pianificazione urbanistica legata a quell’evento.

Non regge il confronto con gli stadi europei anche il dato relativo alla proprietà: mentre in Germania e in Inghilterra i club posseggono oltre l’80% delle arene, da noi il dato si assesta al 24% sommando squadre di serie A e B.

C’è poi il discorso sulla visibilità del gioco. Le piste di atletica ancora presenti in numerosi stadi, infatti, tengono gli spettatori delle curve molto distanti dalla partita, distanza che giunge a volte fino a 180 metri; troppi per una corretta visione della gara soprattutto se consideriamo il prezzo elevato dei biglietti di alcune partite importanti. La questione della visibilità non è certamente nuova all’interno del dibattito sportivo: proprio a ridosso di Italia 90 si discusse sulla possibilità di ospitare la finale dei mondiali in un Flaminio appositamente ristrutturato; lo stadio di Pierluigi Nervi era reputato da tutti come il miglior stadio per il calcio a Roma dal punto di vista della visibilità della partita ma si optò, per ragioni economiche, per l’Olimpico.

Tutto ciò ha sicuramente ripercussioni sull’affluenza di pubblico che, durante la stagione 2018/2019 (l’ultima pre-Covid 19), è stata circa del 50%; ancora una volta il dato risulta nettamente inferiore a quello di altri stati: Germania e Inghilterra 90%, Francia e Spagna 70%.

Infine, nel volume di Casamonti e Giberti viene riportato un interessante sondaggio su quanto siano attrattivi gli stadi italiani. Nonostante l’82% degli intervistati non considerino lo stadio come un luogo attrattivo, l’86% ha ammesso che ci andrebbe se questo fosse “nuovo di zecca con servizi e opzioni top”. Se dunque riusciremo a colmare il divario con gli altri stati europei adeguando e riammodernando i nostri stadi, l’Italia inizierà progressivamente a percorrere una nuova fase della propria cultura sportiva e calcistica.

 

(Fonte: Il Resto del Carlino – Paolo Franci)

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