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Monday Night – Bill Shankly, colui che fece felice la gente

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“Le tre grazie”. Se vi recate a Liverpool, oltre al vento sferzante, ai tanti locali e alla vivacità di una città di gente cortese e accogliente, troverete anche loro. Chi sono? Piuttosto, cosa sono. Royal Liver Building, Cunard Building e il Port of Liverpool Building, tutte e tre lungo la Pier Head, insieme di edifici lungo le rive del fiume Mersey. Il primo, un grande palazzone sormontato da Bertie e Bella, i due cormorani simbolo della città: l’uno volge sguardo al Mersey, l’altro che osserva la città. Il secondo, il Cunard Building, è stata dal 1914 al 1918 la sede della compagnia navale parallela alla White Star, quella che aveva il Titanic. Il terzo, è un elegante edificio dove sino al 1994 c’era la sede della autorità portuale. Ma attenzione, c’è una quarta grazia, ed è Anfield, una sorta di chiesa dove si tiene ogni sabato una messa laica. E’ la casa del Liverpool, un luogo nel quale almeno una volta nella vita bisogna andare.

Là, molti fedeli si raccolgono in preghiera devoti a un solo colore, il rosso, che è anche il colore dell’intera città in quanto ad appartenenza politica. Ecco, se vi recate laggiù, e vi fermate sotto il luogo simbolo di molte cose del Liverpool, la Kop, la curva principale dei supporters rossi che è stata interamente ricostruita nel 1994 e che ha raccontato centinaia di storie di appartenenza alla causa, troverete una statua di un uomo nella sua posa storica, a pugni chiusi e a braccia larghe, esultanti. Sulla cui base, sono impresse queste parole: “He made people happy”. Fece la gente felice.

Chi? Parliamo del santa sanctorum dei manager, di una sorta di Papa, dato che ci piace cavalcare l’andazzo religioso, di una delle due divisioni calcistiche della città. Ci scuseranno i tifosi dell’Everton, per il quale il nostro coniò la formidabile battuta “A Liverpool esistono solo due squadre: il Liverpool e le riserve del Liverpool”, ma la storia di Shankly travalica il pallone, figuriamoci i colori di appartenenza. 

Nato in un villaggio scozzese di nome Glenbuck, che non esiste nemmeno più, a 14 anni finisce a fare il minatore, lui il più giovane di cinque fratelli tutti bravi con l’attrezzo del mestiere sui campi da calcio. Bob, suo fratello, diverrà anche un importante allenatore. Tutti si mettevano in luce, Bill compreso, con i Cherrypickers, squadra del posto tutt’altro che sprovveduta, che ha dato molti talenti al calcio dei grandi. La sua storia da giocatore però sarà impressa in un altro club: il Preston North End, club alla ribalta nei primissimi anni del calcio inglese consapevole e regolamentato dalla FA nata nel 1863, che era stato uno dei membri fondatori del primo campionato a girone unico e lo aveva vinto senza sconfitte. Oltre a questo, fu il primo club a realizzare l’accoppiata campionato-coppa d’Inghilterra.

E a proposito di Coppa d’Inghilterra, Shankly la conquista con il Preston nel 1938, e oggi al Deepdale, lo stadio del club, i seggiolini di una delle due tribune compongono un disegno stilizzato del suo volto, impresso a memoria del grande contributo che lo scozzese diede alla causa. Ma il libro più bello di Bill, è quello che scrive in panchina. Carlisle, Grimsby Town e poi il Workington. Shankly è diverso da tutti gli altri: non è solo colui che indossa la tuta e va in campo ad allenare, ma un tuttofare. Risponde alle lettere dei tifosi, gestisce anche la contabilità del club. Quando passa all’Huddersfield, vedendo che un suo giocatore non era in grado, lo invita nel suo ufficio il giorno dopo. “Non posso metterti in prima squadra, ma passa da me domani, ti troverò un lavoro”. Socialismo e pallone, il rispetto per il pubblico, l’unità tra esso, la squadra e il club, verso un obiettivo comune. La considerazione per i più deboli, l’umanità senza fine di un personaggio meraviglioso e unico.

Nel 1959, a dicembre, lo chiama il Liverpool e nulla sarà più come prima. Scordatevi il Liverpool odierno: Melwood, il centro sportivo, è mal curato e ha l’erba alta, la squadra dopo il titolo del 1947 è finita in seconda divisione e appena arrivato cambia quasi tutti i giocatori azzerando il club. Un carisma infinito, un carattere straordinario, soprattutto coi suoi dirigenti. Se mancavano i soldi per acquistare un giocatore, lui rispondeva: “Non è che vi mancano i soldi, a voi manca l’ambizione”. E’ l’inizio di una storia d’amore che ancora oggi resta indissolubile nella storia del Liverpool: riporta il club in prima divisione, gli fa vincere il titolo inglese dopo tanti anni di digiuno nel 1963, e nel 1965 conquista anche la FA Cup stavolta dalla panchina, quando il Liverpool batte il Leeds 2-1 a Wembley. Durante un giro di campo per festeggiare la conquista della First Division del 1973, un tifoso lancia una sciarpa. Il poliziotto la scosta col piede e un microfono capta la risposta di Shankly: “Non farlo: per te è solo una sciarpa, ma per un tifoso è la vita”

Nel 1973 arriverà anche l’alloro europeo, la Coppa Uefa, seppur la Coppa dei Campioni sarà appannaggio dei suoi successori. Ma non sono tanto i trofei, ripetiamo, a raccontare il personaggio. Ad Anfield, la stanza degli scarpini diventa la “boot room”, una saletta riconvertita a luogo nel quale si stappa una bottiglia e si prendono decisioni da parte di tutto lo staff. I membri sono in pratica quarant’anni di Liverpool: Shankly, Paisley, Fagan e anche Ronnie Moran, uno che al Liverpool resterà per 49 anni in tutte le vesti, compresa quella del fisioterapista. Quando un giocatore si lamentava del proprio infortunio alla gamba, Shankly non gliele mandava a dire: “Non è la tua gamba, è la gamba del Liverpool FC!”, e voleva che il club desse gioia ai tifosi, che faticavano tutta la settimana e nel week-end volevano divertirsi in leggerezza. Un giorno, un tifoso del Liverpool Branch di Londra, Christopher Wood, si reca a casa Shankly per farsi autografare la sua biografia. Il nostro lo accoglie in casa, offrendogli del tè e firmando il libro. 

Già, perché nel frattempo, anno 1974, Shankly improvvisamente lascia il club. Vince la Charity Shield contro il Leeds, ultimo suo trofeo, e di tanto in tanto si affaccia ancora dalle parti di Melwood cercando di non disturbare, ma con un fondo consistente di amarezza per il fatto di essere comunque stato tenuto ai margini una volta lasciato. Nel settembre del 1981, pochi mesi dopo la conquista della terza Coppa dei Campioni del Liverpool, un infarto se lo porta via, e a lui verrà dedicato l’anno seguente, alla presenza della moglie, un cancello, lo “Shankly Gate”. O meglio, “il” cancello, quello sormontato dal motto per eccellenza del club, “YOU’LL NEVER WALK ALONE”, che vediamo in molte immagini e riprese dello stadio e della storia del Liverpool. Il Liverpool come lo conosciamo oggi, con la sua dimensione internazionale e la sua caratura, lo dobbiamo a Bill Shankly. Che un giorno, uno di quelli dove la nostalgia per il suo passato era di nuovo dietro l’angolo, si reca ad Anfield per toccarne i muri e sentirne ancora l’odore. Incrocia un bambino che gli parla del padre, grande tifoso dei reds, che vorrebbe una spilla del suo idolo. Shankly si toglie la sua dalla giacca e la porge al ragazzino. “Per ringraziare tuo padre di tutto ciò che ha dato a noi”. C’è un e uno solo Bill Shankly.

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