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I racconti del commissario – Un’ Antologia a due ruote

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Foto Claudio Fargione

Metti di trovarti in una fredda domenica autunnale libero da impegni e con tanta passione per i motori. Hai davanti un’ottima occasione per dedicare il tuo tempo all’approfondimento e scopri che al Museo del Patrimonio Industriale di Bologna è appena stata inaugurata una mostra dal titolo “Antologia della moto bolognese, 1920-1970”. “Museo” ed “antologia” sono parole che richiamano troppo spesso lo studio e la noia, invece non c’è nulla di più sbagliato perché sono soltanto l’introduzione ad un viaggio unico nella storia del motociclismo.

Una rarissima ABRA Sport del 1924 (Foto Claudio Fargione)

Capitale delle due ruote

Fin dall’inizio è chiaro come anche il luogo sappia creare suggestione. IMuseo del Patrimonio Industriale ha infatti sede in una fornace da laterizi del XIX secolo e racconta l’evoluzione produttiva della città dal Medioevo a oggi. Altrettanto chiaro è come la mostra sia molto più di una semplice esposizione di moto. Saliti al primo piano si accede ad un percorso creato per tuffarsi in cinquant’anni che resero Bologna la capitale italiana del motociclismo non solo attraverso le trentadue meraviglie meccaniche esposte, ma anche grazie ad un apparato di immagini unico che avvolge il visitatore mescolandosi a preziose informazioni. La storia tra l’antica Felsina e le due ruote a motore inizia addirittura nel 1899, quando il Touring Club Italiano organizza una gara in circuito facendo scoccare la prima scintilla di passione. Cinque anni dopo la Grazia e Fiorini è la prima ditta cittadina a costruire due motocicli in versioni Corsa e Turismo, ma solo negli anni Venti nasceranno veri e propri costruttori bolognesi. Il percorso espositivo parte da questi anni con pezzi di case dalla breve storia come la ABRA e la MBR per dare quindi spazio a G.D. ed M.M., le regine dell’epoca. Rivali sia in gara che sul mercato, le due aziende diventano presto punti di riferimento nel panorama nazionale fino a quando la prima, rappresentata da una 70A Normale del 1931, sospende la produzione di motocicli per dedicarsi solo alle macchine automatiche, settore nel quale opera con successo ancora oggi. La seconda affronta il decennio successivo mietendo altri successi con con le sue 175A Sport e 250A Super Sport (entrambe esposte) nonostante la politica autarchica del fascismo sia un pesante fardello per la crescita del settore. Emozionante poter ammirare la 175 del 1933 che ha stabilito il Record Mondiale di Velocità sul Chilometro Lanciato nel rettilineo tra Borgo Panigale e San Giovanni in Persiceto esposta vicino ad una nuova rivale come la C.M., rappresentata dalla sua 250 Lusso. Ma la storia prosegue e gli anni Trenta lasciano spazio ad un periodo ben più tragico.

La Morini 125 Monoalbero accanto a una M.M. 350 CTS (Foto Claudio Fargione)

All’inferno e ritorno

La tragedia della seconda guerra mondiale travolge Bologna. Ai produttori di motocicli è consentito produrre solo pochi motocarri, le commesse militari scarseggiano e molte officine vengono distrutte nei bombardamenti. Ma al termine del conflitto il mondo delle due ruote rinasce lentamente, adattandosi ad un mercato in cui l’uso della moto è limitato alle necessità di lavoro e dalla scarsità di combustibile. Sono gli anni dei micromotori da applicare alle biciclette come il Cucciolo T50 (presente alla mostra) che porta Ducati a motorizzare un’Italia in ricostruzione. Sono anche gli anni delle piccole cilindrate con nuovi marchi come F.B Mondial, milanese per sede ma progettata e costruita a Bologna, che vince il Campionato del Mondo 125 nel 1949, 1950 e 1951, e Moto Morini che si impone nell’Italiano del 1948 e 1949 con la sua 125 monoalbero di cui è esposto un esemplare. Mentre C.M. ed M.M. si avviano ad un rapido declino nonostante splendidi modelli come le 250 e 500 che posano orgogliose davanti ai visitatori, c’è spazio anche per alcune meteore nel firmamento delle due ruote in salsa emiliana. Rarissime ed originali sono la Nettunia 160S del 1952 e la Ibis T75 Competizione del 1950, espressioni di potenzialità tecniche che non hanno potuto esprimersi compiutamente. In quegli anni sono ben cinquantacinque i produttori che vivacizzano la scena motoristica bolognese. Molti scompariranno, alcuni muteranno specializzandosi nella produzione di componentistica, pochi diventeranno miti con la lungimiranza di compiere imprese uniche.

Un’area riservata ai modelli degli anni Cinquanta (Foto Claudio Fargione)

Negli anni del boom

Siamo nel 1957 e la Ducati, dopo le vittorie nel “Motogiro” e nell’Italiano 125, regala agli appassionati la splendida 175, presente con un esemplare in versione Sport. La versione T è invece protagonista dell’epico giro del mondo del 1957-58 con Giorgio Monetti e Leopoldo Tartarini. Quest’ultimo sarà uno dei grandi protagonisti del decennio successivo perché appena sceso di sella fonderà la Italemmezeta, poi Italjet, che conquisterà un’importante spazio in un mercato nazionale sempre più complicato. Nonostante la concorrenza dell’automobile e delle moto giapponesi, modelli come la Junior 125 (perfetto l’esemplare esposto) e la coraggiosa Grifon 650 rappresenteranno vere eccellenze. Ma è il settore dei “cinquantini” a rendere unici i favolosi “60’s”. Una Malaguti Olympique del 1969 ed una Morini Corsarino ZT del 1968 strizzano l’occhio al visitatore insieme ad una Malanca 4M Competizione del 1967 ed una Testi Champion del 1969 motorizzata Minarelli. Ovvero l’azienda di Calderara di Reno che ha conquistato il primato mondiale tra i produttori di motori di piccola cilindrata ed è rappresentata dalla sua “Carlotta” 175 c.c. da record permanentemente esposta al piano superiore del museo.

 

La Malaguti Olympique del 1969 simbolo dei “cinquantini” anni Sessanta (Foto Claudio Fargione)

Viaggio in immagini

Per immergere il visitatore alla scoperta del contesto socio-economico in cui sono nati i mezzi in mostra è presente un ampio corredo di immagini, documenti e video forniti dagli stessi collezionisti (beati loro…) che hanno messo a disposizione le loro moto. Ogni esemplare è accompagnato dalla propria scheda tecnica e da una ricca documentazione fotografica sui pannelli retrostanti, mentre l’archivio documentale è accessibile su un “touch screen” che permette di ricostruire la storia delle case citate, un vero albero genealogico che vale la pena riscoprire. Ciliegina sulla torta sono le proiezioni del filmato “Italiani in motocicletta”, interamente prodotto dal museo basato sui cinegiornali dell’Istituto Luce del decennio 1930-1940, e degli estratti della “Settimana Incom” dedicata ai Saloni del motociclo e al “Motogiro” degli anni Cinquanta. Spaccati di storia raccontati con le parole dell’epoca che va apprezzato con calma per riscoprire il sapore non solo del motorismo, ma anche della società italiana di quegli anni. La mostra resterà visibile fino al 28 maggio 2023 il giovedì e il venerdì dalle 9 alle 13.00 e nel fine settimana dalle 10 alle 18.30 con ingresso a 5€ (ridotto 3€, giovani 2€) o gratuito per i possessori di Card Cultura. E, fidatevi di chi vi scrive, avete davanti un’occasione unica per scoprire un capitolo affascinante e poco conosciuto del grande romanzo della Motor Valley.

Un breve filmato dell’Istituto Luce dedicato al Motogiro del 1954. In “Antologia della moto bolognese, 1920-1970” l’apparato video è tutto da scoprire (Archivio Luce Cinecittà su YouTube)

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