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11 Aprile: il punto su Basket City. Non è il momento per gli isterismi, ora che il gioco si fa davvero duro

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Domenica triste, la scorsa, con due sconfitte su due per le squadre bolognesi. Se, però, quella targata Fortitudo può considerarsi poco più che un incidente di percorso, visto che l’obiettivo fondamentale è già stato raggiunto, quella virtussina sta lasciando strascichi alquanto spiacevoli, oltre ad avere messo in seria discussione un obiettivo importante della stagione, l’accesso ai playoff di campionato. Quello che però è accaduto dopo rischia di rivelarsi ancor più pesante: non tanto, sinceramente, per le ipotetiche “trasgressioni” del gruppo di giocatori che si sarebbero “consolati” in discoteca la sera prima del loro giorno libero, a una settimana di distanza dal successivo impegno agonistico, dopo una sovraesposizione psicofisica che ha prodotto, peraltro, il risultato prestigioso dell’ammissione alle finali della FIBA Basketball Champions League, quanto piuttosto per la reazione della società che probabilmente poteva gestire la cosa in maniera più diplomatica, mentre ora potrebbe essersi anche scavato un solco relazionale, all’interno del gruppo, molto pericoloso in  vista del rush conclusivo di stagione. Una volta scoperta la presunta “scappatella” (ma i giocatori non sono dei militari da dover chiedere la libera uscita, ricordiamolo: cosa si vorrebbe ottenere applicando un codice da monastero di clausura?) probabilmente sarebbe stato più opportuno discuterne in sede privata, non rilanciare sui media la questione neanche ci si volesse discolpare da chissà quali responsabilità. O è forse stata una strizzata d’occhio ai tifosi inferociti? Quanto potrebbe costare questa sorta di risibile “captatio benevolentiae”? Una società per azioni al contrario dovrebbe caratterizzarsi per scelte e comportamenti assai più pragmatici, a meno che la situazione non sia stata cavalcata per porre le basi di una scelta già programmata di fare piazza pulita sul piano sportivo per l’anno che verrà, essendosi in tal modo creato l’alibi perfetto qualunque cosa dovesse accadere, anche il risultato più entusiasmante.

Venendo, infatti, alla questione puramente sportiva, è dannatamente vero che la sconfitta di domenica ha ridotto enormemente le aspettative di playoff della Segafredo, ma non è detta l’ultima parola. I dati numerici dicono che vincendo tutte le partite rimaste l’ottavo, forse anche il settimo posto o addirittura il sesto potrebbero essere ancora alla portata, e le partite rimaste non richiederebbero imprese titaniche per essere portate a casa: tre al PalaDozza, Brindisi, Trento e Varese, due fuori, Reggio Emilia e Brescia. Sicuro che certi traguardi diventano utopistici se il clima non è quello del tutti per uno: di fronte ad una frittata (che sarebbe poi la divulgazione sui social della serata incriminata) sarà più opportuno procedere con una caccia alle streghe o tentare di rinsaldare il gruppo? Sul piano tecnico, invece, le considerazioni sull’inadeguatezza della squadra dopo Pistoia mi paiono assolutamente fuori luogo. Sul momento, chiaro, la delusione è stata tanta per una simile débacle, ma lo ha detto già Djordjevic in conferenza stampa, la squadra usciva da un periodo intensissimo, per via del doppio impegno che ha già fatto vittime in teoria più illustri, avendo tra l’altro ottenuto un risultato quasi insperato che potrebbe avere avuto il suo peso, riguardo al modo con cui i suoi sono entrati sul parquet. In più, un virus birichino aveva appiedato Qvale e Taylor (entrato in campo per onor di firma), Martin era inevitabilmente ai box, insomma, qualche alibi una formazione che non è, intendiamoci, quella del grande slam, poteva anche reclamarlo. Chalmers si è visto che è ancora assai lontano da una condizione pienamente accettabile, Moreira è come caduto in un tunnel psicologico che lo ha letteralmente trasformato, rispetto a quello visto appena arrivato, con Punter e M’Baye si assiste a continui su e giù di rendimento: non è del tutto invidiabile la situazione di Djordjevic. Al quale, tuttavia, spetta un compito fondamentale, scrollare di dosso ai giocatori le possibili scorie degli isterismi delle ultime ore. Da qui in avanti gli impegni si diradano leggermente, anche se lievitano per importanza: fare bella figura ad Anversa sarà forse più importante che arrivare ai playoff (a proposito, il sorteggio ha detto Bamberg, la squadra tecnicamente più forte: apparentemente una sfortuna, in realtà forse no, perché ora si potrà davvero andare con la serenità di chi non ha nulla da perdere) ma non ci si deve arrendere pure rispetto a questo obiettivo che i tifosi aspettano come imprescindibile, dopo la figuraccia dello scorso campionato. Ora che il gioco si fa davvero duro, si cerchi di tirare tutti veramente dalla stessa parte, come non sempre è successo in casa virtussina, in questa stagione.

In casa Fortitudo, dare il via ai festeggiamenti non dovrebbe rappresentare tirare i remi in barca, ma diventa difficile imputare alcunché alla squadra. Forlì non sarebbe stata trasferta facile a prescindere, cosa chiedere di più ai suoi giocatori? La palla ora passa alla società, come ribadito già in passato. Il futuro della seconda squadra bolognese in serie A dipenderà in una certa misura dalle scelte della Lega, che si affanna ad intorbidire le acque con ipotesi di contrordini sulla formula del campionato che francamente lasciano interdetti, ma innanzi tutto dalla capacità progettuale di una dirigenza che si affaccia ad una realtà assai diversa da quella con la quale si è dovuta confrontare da anni a questa parte. Prima di confezionare il manipolo di atleti col quale affronterà la nuova avventura la Fortitudo dovrà essere sicura della propria forza nel “backstage”, avendo acquisito le certezze finanziarie indispensabili – sulle quali in verità sembrerebbero già giunte rassicurazioni – senza lasciarsi tentare da velleitarismi o travolgere da trionfalismi, perché, come scritto sopra, anche per lei ora il gioco si farà veramente duro.

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