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21 Novembre, il punto su Basket City. Tra entusiasmi, depressioni e sconsigliabili voli pindarici

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Ancora una volta partiamo con un invito alla calma. Dopo ogni sconfitta della Virtus Segafredo si innalzano grida di dolore, prendono il volo stormi di avvoltoi, diventano loquacissimi i gufi anche più timidi. Se dopo l’ennesima vittoria in volata, come quella di domenica a Trieste, non era il caso di prodursi in voli pindarici, giacché, come ripete coach Djordjevic, questa Virtus non ha fatto ancora niente di definitivo, neppure oggi, dopo la sconfitta ad Andorra, è il caso di gettare tutto nel rusco perché rivelatosi avariato. La più brutta Virtus di questa prima parte di stagione, indolente e imprecisa come mai prima, ha in verità alcune scusanti non da poco: viene dopo un vero e proprio estenuante tour de force, completato con lo sfortunato problema personale di Kyle Weems che ha tolto l’ala ad un organico per il quale è fondamentale, e poi nulla ci vieta di credere che con Santeodosic reinserito nell’ultimo quarto, una volta  trovato un insperato vantaggio col quintetto in apparenza meno produttivo, le cose sarebbero finite ben altrimenti. Ecco, sapere esattamente cosa ci sia stato dietro il panchinamento del serbo nel secondo tempo è diventato l’argomento principe di discussione sui social. Va benissimo come chiacchiera da bar, in attesa di avere conferme più precise sullo stato delle cose. La mia impressione è che il giocatore abbia avuto un problemino dopo l’ultima penetrazione con fallo subìto poco prima della fine del periodo, così da fargli chiedere, poco dopo, il cambio, e Djordjevic abbia preferito non rischiarlo più. Anche perché a conti fatti era probabilmente davvero più importante mettere alla prova la squadra senza di lui, visto che il passaggio del girone di Eurocup è cosa fatta, non si è persa la possibilità di arrivare primi e in verità fra arrivare eventualmente primi o secondi, data l’ipotetica composizione dei futuri gironi delle Top16, dovrebbe non cambiare granché in funzione del proseguimento del torneo: la differenza sarebbe soprattutto tra il giocarsela con Malaga o Belgrado, mi pare, guardando le attuali classifiche, con tutte le altre che comunque saranno buone squadre con cui non sarebbe scandaloso perdere quantomeno in trasferta.

Piuttosto, essersi risvegliati constatando che la squadra non è la stessa senza Milos possiamo dire che non sia questa grande illuminazione? Davvero c’era chi pensava che Santeodosic fosse davvero solo una ciliegina su una torta di per sé fondamentalmente completa? L’attuale Virtus Segafredo è un progetto in via di elaborazione, funzionale a raggiungere obiettivi di media entità, che non prevede ancora grandi vittorie, ma solo traguardi interlocutori: playoff possibilmente da protagonista in campionato, la speranza di una finale in Eurocup che non vuol dire vincere la coppa. Non pretende di essere il Real né il CSKA, ma nemmeno una Armani: quello è un mondo cui sia ambisce di entrare a far parte, per ora un’altra galassia. Il play serbo, nell’attuale contesto, rimane un marziano. Ci si consoli viceversa con i grandi progressi che sta facendo Pajola, la progressiva crescita dell’apporto di Cournooh, e i segnali di risveglio di Baldi Rossi. Ieri la partita è stata bucata più dal quintetto “maggiore” che dai “cambi”, fatte salve le dovute proporzioni dell’apporto qualitativo presumibile. Avanti così, con un periodo finalmente di palestra per i correttivi indispensabili a livello sia fisico che tecnico, sapendo che alla ripresa si sarà comunque primi in campionato e in coppa ce la si giocherà con Patrasso, cercando di non buttare alle ortiche quanto fatto fin qui perché i numeri dicono anche che perdendo entrambe le partite rimaste la Virtus potrebbe ritrovarsi quarta. Ma avrebbe senso essere così pessimisti, oggi, dopo il bel basket visto quasi sempre fin qui?

Anche in casa Fortitudo Pompea sono sconsigliabili i voli pindarici. Preso atto dell’impresa di domenica contro un’Armani francamente, e a mio parere ingiustificatamente, orribile, la squadra di Antimo Martino si gode una posizione in classifica di tutta sicurezza che allontana con un certo anticipo la prospettiva di una lotta per non retrocedere, probabilmente, ma occorre ricordare che è ancora troppo presto per  pensare a qualcosa di più. Tra il quarto e il tredicesimo posto ci sono due punti, una partita, e dietro restano squadre come Milano, Venezia, una Varese che ha già fatto scorrere qualche lacrimuccia ai biancoblu, una Trieste lontana ma che sta perdendo sempre per un pelo e d’ora in avanti dovrebbe avere un calendario in teoria assai più agevole e in definitiva ha giocato un turno in meno, come anche Reggio Emilia, Trento, Cremona, Varese. I buoni segnali che continuano a venire da Fantinelli, Sims, Robertson, Leunen e Aradori, supportati dal contributo concreto dei veterani Mancinelli e Cinciarini, oltreché Stipcevic, rivelano un roster più lungo di quanto ad un certo punto temuto, però attenzione: l’età media non è solo un numero sulla carta d’identità, il campionato è lunghissimo, non sono nemmeno sicuro che non convenga una sosta tonificante in occasione della Coppa Italia, invece di aggiungere ulteriore stress a questa Fortitudo. Che ha un’anima, adesso è confermato, forse più che una corazza. Poi, magari si accorge di potersi permettere di cambiare Daniel con un nuovo James Gist, com’erano capaci di fare squadre tipo Biella, una volta, e allora in un campionato come il nostro cambierebbe tutto. Ma, per adesso, si sconsigliano i sogni esagerati per non mettersi addosso un’ansia ingiustificata.

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