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Oggi compie 88 anni Achille Canna

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Nato a Gradisca d’Isonzo il 24 luglio 1932, Achille Canna cominciò nell’Itala Gradisca e arrivò alla Virtus nel 1953. Tricolore due volte nel 1955 e nel 1956, capitano nella sua ultima stagione a Bologna, allenatore (vice di Tracuzzi ad inizio anni ’70), dirigente, anche presidente, tutto questo è stato Achille Canna per la Virtus. Con la V nera 190 partite e 1902 punti, quattro anni da presidente dal 1979 al 1983, poi tantissimi da direttore sportivo, dal 1983 al 1998. Da dirigente sei scudetti, quattro Coppe Italia, una Coppa della Coppe, una Supercoppa Italiana. Gloria anche in nazionale, 70 presenze, 388 punti (rispettivamente 41 e 255 mentre giocava nella Virtus). Ha disputato le Olimpiadi del 1952 e del 1960 a Roma (recuperando da un infortunio a tempo di record) e gli Eurropei del 1953 e 1959. Dal giugno 2016 è nella Hall of Fame del basket italiano. Con Alesini e Calebotta formava il famoso Trio Galliera, perché la Virtus li aveva alloggiati in una foresteria in fondo a quella via. Guardia-ala di 189 cm, buonissimo difensore, con discreto tiro dalla media distanza, Achille aveva il suo punto di forza nello scattare in contropiede e, per questo, si trovava perfettamente nella pallacanestro di quell’innovatore che era Vittorio Tracuzzi. “Bologna, e la Virtus naturalmente, mi hanno cambiato la vita. Qui mi sono formato, sono diventato adulto, ho trovato un lavoro e una famiglia. Da qui non mi sono più spostato. Fu Marinelli a notarmi, quando giocavo nell’Itala Gradisca e venni a sfidare la Virtus in Sala Borsa. Faceva paura quel posto agli avversari, era un autentico inferno. Dalle tribune sopra le nostre teste arrivava un baccano infernale, la gente batteva ritmicamente i tabelloni pubblicitari in ferro. E poi c’era quel pavimento in mattonelle, a losanghe bianche e nere, che t’infastidiva, ti faceva perdere il senso della posizione se non restavi concentrato. Poi sono arrivato in Virtus e la storia è cambiata all’improvviso: quel baccano era diventato uno stimolo eccezionale, e quel pavimento, a forza di allenarcisi sopra, non aveva più segreti”. Giocatore da piani alti nelle sue nove stagioni con la V nera, dal 1953/54 al 1961/62: terza posizione al primo anno, poi i due scudetti, cinque secondi posti consecutivi e di nuovo terzo nella sua ultima stagione. Le prime cinque stagioni bolognesi di Canna furono quelle del marchio Minganti, il primo sponsor, un abbinamento familiare, la cui titolare era la signora Gilberta, con i nipoti Franco Gabrielli e Lello Zambonelli, quest’ultimo già giocatore prima della guerra, diventò poi un punto di riferimento come dirigente. La Minganti, fabbrica di macchine utensili per cui lavorò Canna, nel periodo in cui giocava per le V nere, nacque nel 1919 e fallì nel 1983; proprio nel dicembre scorso, in occasione del centenario della fondazione, è stata inaugurata una mostra con una sezione per celebrare anche le sponsorizzazioni della Virtus, non solo della squadra di pallacanestro, ma anche quella di pallavolo. Dopo gli anni alla Virtus, Canna andò al Gira in serie B, fu promosso e si ritrovò a incontrare la sua Virtus da avversario, ma la squadra arancione era ricca di ex virtussini. Terminata l’attività agonistica, in varie vesti, tornò presto ad occuparsi della sua Virtus: rispose alla chiamata di Tracuzzi per fargli da vice allenatore, poi una lunga carriera da dirigente, interrotta dopo il famoso derby della paletta, quando un integerrimo e nobile uomo di sport pagò una vicenda che di nobiltà non aveva nulla. Era il primo giorno di novembre 1998, domenica di derby, 14 secondi alla fine sul 57-56 per la Fortitudo quando Mulaomerovic, commette il settimo fallo di squadra per i biancoblù. Così facendo esaurisce il “bonus” oltre il quale tutti le infrazioni sono punite con due tiri liberi. L’ufficiale di campo Mauro Rivalta alza la paletta del raggiunto limite, la Kinder effettua la rimessa. A palla in gioco, mentre Rivalta sta dicendo alla collega Daniela Plazzi che sul tabellone elettronico c’è un errore (segna solo cinque personali alla Fortitudo) e volge le spalle a Puglisi, direttore sportivo della Fortitudo, questi riabbassa la paletta. A 6’71” dal termine Karnishovas commette su Crippa l’ottavo fallo di squadra della Teamsystem. La Virtus dovrebbe andare in lunetta, ma la paletta è abbassata. Il caso vuole, inoltre, che nel bailamme la refertista assegni il fallo di Karnisovas nella parte sbagliata del referto, attribuendolo a Frosini della Kinder. Così quando Puglisi chiede il controllo dei falli commessi, sullo score ufficiale ne manca uno: sono effettivamente soltanto sette. Dunque non si tira e vittoria Teamsystem. Puglisi ammette di avere abbassato la paletta non una, ma due volte e verrà inibito per quarantacinque giorni. La Kinder, che ha diffuso il filmato incriminato, accetta comunque il risultato del campo e fa autocritica: «I nostri dirigenti avrebbero dovuto intervenire, la società prenderà gli opportuni provvedimenti». L’integerrimo Achille Canna, allora direttore sportivo, rassegna le dimissioni: ” “È colpa mia. Mi dimetto”.  Uno dei grandissimi della V nera, avrebbe meritato di essere celebrato con tutt’altra uscita dal palcoscenico della pallacanestro, ma dopo una vita dedicata alla V nera pagò colpe non sue. In realtà, però, Achille di scena non è mai uscito perché ancora oggi segue la sua Virtus con immutato affetto.

 

 



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