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Belinelli nel progetto targato Virtus Segafredo. L’editoriale del lunedì

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foto Virtus Pallacanestro


L’entusiasmo che si avverte negli ambienti virtussini è più che palpabile. Il regalo che la proprietà ha deciso di fare ai tifosi e, soprattutto, alla squadra non poteva essere più intrigante: Marco Belinelli non so se sia il colpo di mercato più importante degli ultimi quarant’anni nel basket, come ha detto durante la presentazione Massimo Zanetti, ma di sicuro ci va vicino. Ricorda quelli che furono, in passato, gli arrivi di Villalta, prima, o Cosic, poi, per il coinvolgimento della piazza, o ancora quello dell’asso americano per antonomasia, Ray Sugar Richardson. Non arriverei a paragonarlo al “ritorno” dello Zar Danilovc, per quello che allora significava, ma a palmares Belinelli è pur sempre il più grande della storia, fra gli italiani, poiché è l’unico ad aver vinto, tutt’altro che da semplice rincalzo, nel campionato NBA, e dominato una gara all’interno dell’All Star Game. L’errore però sarebbe a questo punto aspettarsi da lui quello che furono Cosic o Richardson o lo Zar e forse anche Villalta, per la Virtus attuale: sono cambiati i tempi, il peso di un solo giocatore difficilmente può raggiungere quelle proporzioni nel basket attuale e, in definitiva, il Beli non è un Santeodosic, anche se per taluni aspetti oggi possa risultare anche più forte. Tuttavia, il suo tasso tecnico/fisico può garantire soluzioni di gioco sia in attacco che in difesa da paura; con lui la Segafredo ha messo insieme un pacchetto di esterni da sicura Eurolega, ha aumentato una potenza di fuoco già considerevole, ha messo, insomma, Sale Djordjevic nella condizione di affrontare il proprio test più importante come allenatore di club, superiore probabilmente a quello che è stato l’anno non del tutto fortunato al Panathinaikos, per le aspettative che a questo punto si riversano sulla squadra.

E su questo, sarebbe invece più saggio ricondurre le attese ad un livello meno passionale: le squadre sono qualcosa di complesso sul piano dell’alchimia e finché non si saranno sperimentate le compatibilità all’interno del gruppo potrebbe essere velleitario indicarne la forza assoluta. Quest’anno la Virtus Segafredo rimane da considerarsi un progetto in fieri, che potrebbe raggiungere risultati eclatanti ma anche non arrivarci, come insegna la storia dello sport, un po’ perché esistono anche gli avversari, un po’ perché le carenze della preparazione estiva e l’inserimento di un giocatore così “impegnativo” lungo il percorso potrebbero riservare ogni tipo di sorpresa, nel breve periodo dei prossimi sei/sette mesi. Piuttosto, è chiaro come le premesse dicano che dalla prossima a stagione a Bologna si dovrebbe tornare a respirare aria di Eurolega, quindi a vivere nuovamente le emozioni del massimo basket continentale, tornando ad appartenerne all’élite, che è poi quello cui immaginiamo punti la Segafredo sul piano del ritorno di visibilità. Tutto questo mentre gli “operai” della squadra, Ricci, Pajola e Tessitori hanno appena guidato la Nazionale nella vittoria contro la Russia nelle qualificazioni agli Europei, con Tex addirittura MVP con 27 punti, 9 rimbalzi e 5 assist. Ecco dunque che il “progetto” virtussino comincia a svelarsi nei contenuti: su una piattaforma di italiani di spessore un gruppo di campioni di valore assoluto scelti fra i più appetibili in circolazione, non per “rinomanza” bensì per utilità alla squadra, con una o più stelle che rappresentino il quid fondamentale a livello sia tecnico che di immagine. Il tempo dirà se la strada intrapresa sia quella giusta; per adesso, sarebbe importante non sprofondare nella depressione nel caso non tutte le ciambelle dovessero riuscire immediatamente con il buco.

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