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Al via oggi una pazza Supercoppa, la più imprevedibile di sempre

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Con l’anticipo alle 17, al Mediolanum Forum, dell’incontro della terza giornata di ritorno tra Milano e Cantù prende oggi il via il torneo forse più pazzo del decennio, una Supercoppa voluta da una Lega alla ricerca di una identità sempre più difficile da trovare, che ha forse trovato un presidente come si deve (proviene da altro ambiente, questo non guasta di certo) ma è nella sua struttura complessiva che ancora fatica a darsi un’anima che la nobiliti (non sarà che sono le società stesse ad essere in molti casi fondamentalmente immature?)

Fatto sta che parte il torneo più imprevedibile che si sia organizzato forse da sempre: sei partite di qualificazione da giocare una ogni tre giorni dopo un precampionato risibile, con alcune formazioni ancora in via di definizione, con tanti giocatori appena usciti dalla quarantena che a malapena conoscono di vista i compagni. Poi, il rush finale alla Segafredo Arena una settimana prima dell’inizio del campionato, giustamente anticipato perché se non ci si fa del male, non si è degni della pallacanestro italiana. Una certa logica sulla carta vedrebbe consegnato il trofeo all’Armani Exchange senza nemmeno scendere in campo, poi però si va a vedere che ogni squadra ha qualcosa che non quadra: le presunte più forti sono anche quelle che devono stare attente nella preparazione, se vorranno arrivare in primavera in grado di essere al meglio nei momenti top della stagione; le altre sono state quasi tutte rifatte da zero o poco più e dovranno dare il tempo a tecnici e giocatori di conoscersi l’un l’altro. Pare abbastanza naturale di conseguenza che potranno esserci infinite sorprese, perché in un torneo che nell’identità assomiglia a quelli giocati in certi campetti può davvero succedere di tutto, se un giocatore ad esempio si trova al momento molto più in forma degli altri e può risultare dominante, se le chimiche di squadra si stanno appena configurando, se i giocatori non sono ancora entrati nello spirito agonistico e, appena arrivati, rispondono con fisico e testa annebbiati dall’estate. Tra l’altro, dopo i mesi di covid-19 ad imbastardire una situazione mica poi ancora sanata, visto il costante spauracchio della positività di ciascuno, dentro e fuori dalle squadre.

Insomma, chi crede già che la finale non potrebbe che essere Virtus Milano si metta il cuore in pace: le sorprese potrebbero essere tante, e magari per il movimento è anche meglio così. L’unica partita vera – meglio, le sole due – potrebbe risultare il derby, non tanto per questioni tecniche, ma perché Virtus-Fortitudo non sarà mai un allenamento qualsiasi, checché ne possano dire il loro allenatori in conferenza stampa. Anche se verrà giocato senza le storiche tifoserie organizzate ad infuocare l’ambiente. Potrebbe essere un’occasione per la Fortitudo, in un certo senso, giacché la differenza sia tecnica che fisica tra le due quadre rimane elevatissima, nonostante la F stia cercando di puntare un po’ più in alto del recente passato. La sentenza il 4 e il 7 di settembre: due giornate che per qualcuno potrebbero anche valere una stagione, nonostante in pratica non la si sia ancora veramente cominciata

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