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Virtus Segafredo: ora i mesi della verità, da affrontare, però, con tutti i possibili protagonisti. L’editoriale del lunedì

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foto Ciamillo-Castoria / LBA

 

 

Si è chiuso il girone d’andata: un quarto posto della Virtus Segafredo potrebbe apparire inferiore alle attese, in realtà ci può stare tranquillamente, per una squadra che ha sempre vinto in trasferta, ha finito le qualificazioni in Eurocup come prima assoluta, ha, di fatto, ceduto qualcosa in casa, solo in campionato, contro avversarie quasi improbabili per un cedimento psico-fisico in una stagione affrontata con una preparazione forzatamente approssimativa. Chi fosse deluso, o anche solo scontento, di quanto fatto fin qui dalla truppa di Djordjevic a mio parere sbaglierebbe di grosso, giacché gli obiettivi sono stati raggiunti e come lo scorso anno, quando invece era prima, in conclusione alle Final8 di Coppa Italia le V Nere troveranno come avversaria la Reyer Venezia, per cui…

Adesso, ci avviciniamo alle Final8, ma prima entriamo nelle Top16 di Eurocup. Ogni partita sarà un esame, con la speranza che problemi improvvisi non facciano saltare troppo un calendario già di per sé mozzafiato. Le prospettive sono interessanti, le aspettative considerevoli. Belinelli si sta inserendo alla grande e ha già dimostrato doti tecniche di stampo NBA che in Europa possono fare la differenza. Il gioco della Virtus è divertente: velocità di esecuzione, passaggi continui più che palleggi insistiti, sistematica ricerca dell’assist anche spettacolare. In difesa, invece, ogni tanto ci si ingarbuglia, per la pigrizia di questo o quell’altro magari bisognoso di rifiatare di testa e di polmoni. Era tantissimo che non si vedeva un basket così divertente da queste parti, sarebbe bello poterlo ricordare anche con vittorie di spessore. Ma non si vince quando si è in pochi in competizioni così lunghe e stressanti.

È qui, a mio parere, che però sta un po’ emergendo un problema, in questa squadra, che la società avrebbe allargato, come roster, per poter affrontare diverse competizioni senza dover pagare un dazio esagerato. La Virtus oggi ha potenzialmente dodici-giocatori-dodici, con gerarchie chiare, certo (chi oserebbe mettersi alla pari di Teodosic o di Belinelli?) eppure gioca come se fosse con non più dei soliti sei/sette titolari. Djordjevic in tutte le occasioni dimostra infatti di fidarsi, nei frangenti fondamentali, pressoché solo di alcuni giocatori, Teodosic, Markovic, Weems, Gamble, ora ovviamente Belinelli, più, forse, l’ora infortunato Pajola. Sembra che solo loro possano giocare i finali infuocati o risolvere le situazioni difficili. Viceversa, alcuni dei nuovi arrivi è poco alla volta cresciuto e ha dimostrato di poter stare in campo con responsabilità: parlo di Adams, anche di Abass, a mio parere Hunter che quasi sempre, invece, nei finali è in panchina. Ci sta che un allenatore abbia i propri “pretoriani”, tuttavia a questo punto non se ne comprende la logica: una squadra che voglia vincere deve garantirsi una panchina affidabile che possa subentrare ai titolari con l’esperienza e la fiducia indispensabili a ricoprire un ruolo moto delicato. Partite come quella di sabato, ma anche altre prima, potevano essere l’occasione per “rodare” in tal senso alcuni giocatori, senza considerare che gioiellini come SanTeo andrebbero preservati il più possibile, visti i ricorrenti problemi fisici emersi negli ultimi anni. A parte il fatto che nella storia personale di Teodosic l’unico vero neo rimane proprio la gestione dei finali, credo che un arrivo come quello di Adams potrebbe essere sfruttato con maggior convinzione, dato che lui ha dimostrato, anche in passato, di saper reggere la pressione di certi momenti: poi, nel caso una volta dovesse venire un raffreddore al dio Milos, si dovrebbe chiudere per forza baracca e burattini? Oppure, ci si troverebbe ad affidare il timone a qualcuno al quale, fino al giorno prima, hai fatto capire di non fidarti. Rimane, a mio avviso, un problema di elasticità di gestione di un telaio di almeno probabile grande potenzialità che fatica invece a concretizzarsi. Poi, sicuramente sbaglio, il coach ha un programma preciso e sa dosare con decisamente maggiore competenza forze che emergeranno nel tempo, però ricordo che il problema che sto denunciando è quello che ha spesso affossato Milano in questi anni, per dirne una: quindici uomini costosissimi a disposizione, poi l’imprevista assenza di uno ne ha decretato il fallimento.

 

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