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Ma il progetto di questa Virtus Segafredo non è sbagliato

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foto di Bianca Costantini per 1000 Cuori Rossoblu/Basket City

 

 

È innegabile che un po’ tutti si sia rimasti interdetti dalla prova in semifinale di Final Eight della Virtus Segafredo. L’arrendevolezza con la quale si sono affrontati dei veri diavoli quali sono i giocatori del Derthona in questo periodo non può che lasciare sconcertati, soprattutto dopo aver assistito alla onorevole quanto combattuta sconfitta di Valencia e alla vittoria in certa misura autorevole contro Brindisi. A questo punto, tuttavia, occorre mettere da parte l’emotività e lasciare spazio ad una maggiore razionalità nell’interpretazione del momento in cui si trova la truppa di Scariolo. Il coach dopo la partita ha detto che non è il caso di nascondersi dietro tante scuse, le differenze però sono emerse nella percentuale al tiro da tre e nell’intensità che si è riusciti a mettere sul parquet. Quest’ultima ha prodotto, in casa Virtus, una certa mollezza difensiva e una scarsa reattività a rimbalzo, per quanto i numeri dicano di una sostanziale parità finale con Tortona sotto i tabelloni. Il fatto è che la Virtus in questo momento non può essere niente più di quello che è per ragioni essenzialmente fisiche, frutto di una concatenazione di eventi dalla quale sarebbe sciocco prescindere.

Vogliamo fare un ripassino? Si comincia la scorsa estate con la malattia di Mannion, che ha consegnato alle Vu Nere il fantasma del bel giocatore visto fino alle Olimpiadi. A settembre il ragazzo pareva uscito da un lager, sul piano muscolare; nel tragitto intrapreso per ritrovare la condizione si è insinuato uno stop per il covid, a rallentarne il recupero. Ora non so se riuscirà a rientrare in forma in tempo per il finale di stagione, ma è evidente che oggi come oggi è ancora lontanissimo da una situazione accettabile a certi livelli. Mettiamo da parte i gravi incidenti a Udoh e Abass, che rimangono peraltro come un macigno sospeso su tutta l’annata: il sostituto del primo, Sampson, appena arrivato subisce un infortunio che lo toglie dalla possibilità di integrazione nel gioco di squadra. Quando rientra lui, si comincia con la trafila degli stop per il covid e le sedute di allenamento raramente possono considerarsi pienamente funzionali. Poi arriva il lungo stop per Hervey, il giocatore che stava meglio impressionando ad avvio di stagione; a questo si aggiunge quello di Cordinier, il sostituto di Abass che ha saputo infiammare il cuore dei tifosi con la propria energia. Tornato lui, si è rotto il dio Milos, mentre in palestra si va con quelli che ci sono perché ora l’uno ora l’altro è un ripetuto isolamento per positività al virus. La squadra, di fatto, è come se avesse fatto una preparazione precampionato a metà, e durante i mesi successivi si è riunita più on line che fisicamente. Ora, se il risultato di tutto questo fosse in linea con la richiesta agonistica del momento sarebbe un vero miracolo. La squadra ha ottenuto fin qui risultati più che accettabili solo perché tecnicamente forte, in grado di risolvere grazie alla classe dei suoi giocatori tanti dei momenti più complicati. Se poi sono i maggiormente indispensabili a fermarsi, beh, allora non c’è santo che tenga. In un roster pure di qualità come quello virtussino alcuni giocatori si confermano pressoché imprescindibili, attualmente. Uno è Pajola: dice niente che ieri giocando 31 minuti e perdendo di 12, abbia avuto un plus/minus positivo di 10? Un altro lo è diventato, al di là delle aspettative, Jaiteh, che una gara dopo l’altra conferma sempre più i progressi sia in attacco che in difesa e sotto i tabelloni ora è difficilmente sostituibile. Il terzo è sicuramente Hervey, un po’ perché si è dimostrato giocatore di altissimo livello, un po’ perché nel suo ruolo oggi come oggi non ha un adeguato sostituto, viste le differenze tecniche e “tattiche“ tra lui e Alibegovic, giocatore decisamente in crisi di crescita tecnica. L’ultimo, ma essenzialmente il primo, in vertà, è SanTeodosic, col quale si fanno quei 90 punti che consentono alla squadra di applicare proficuamente il gioco su cui è stata impostata e senza il quale invece così non è. Weems invece può non essere meno importante di questi, ma è anche vero che nello spot di ala piccola si possono alternare, seppure con interpretazioni diverse del ruolo, Belinelli e Cordinier, che rispetto a Weems hanno il difetto di contribuire decisamente meno alla difesa, ma in attacco possono ugualmente risolvere tante situazioni. Poi si parla di situazione contingente, non di valori assoluti, che porterebbero a considerazioni di altri tipo, giacché sulla carta, in condizioni “normali”, un quintetto con Mannion, Cordinier, Belinelli, Alibegovic e Sampson sarebbe di valore incredibile, no?

Dunque, alla resa dei conti attualmente in casa Virtus non si può prescindere da una condizione atletica e tattica di cui larga responsabilità è dovuta al fato, contro il quale puoi cercare di porre delle toppe ma alla lunga i nodi vengono al pettine. Questa situazione porta a sbagliare i tiri anche se liberi o apparentemente in ritmo, a non riuscire a dare intensità al gioco, a non essere efficaci in difesa, le cose cioè che si sono viste iri contro Tortona. Il progetto generale non può venirne sminuito, e solo a fine stagione si potrà capire se e quali errori si siano davvero compiuti. L’esperienza dello scorso anno non ha insegnato niente? In questo periodo erano più gli accidenti che i complimenti che si inviavano alla squadra di Djordjevic, oggi da alcuni invocato come un “convitato di pietra”. Aspettiamo che Scariolo & c. possano davvero provare a chiudere il cerchio, augurandoci che la sfiga sia finita. Contro di lei si può ben poco: potrebbe anche arrivare LeBron, ma se poi gli franasse addosso la torre Asinelli non potrebbe certo cambiare le cose anche uno come lui.

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