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A TU per TU – Intervista esclusiva a Daniele Portanova: “Io e il Bologna, ecco la nostra storia d’amore”

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Zimbio


Carisma, esperienza, leadership: alcune delle tante qualità che hanno sempre contraddistinto la carriera di Daniele Portanova. Un trascinatore, prima che difensore. Al Bologna ha passato quattro anni stupendi, arricchiti da momenti entusiasmanti ma anche da situazioni meno felici. Il suo arrivo non era previsto ma, come tutte le cose inattese, si è rivelato felice. Abbiamo ripercorso la sua esperienza in rossoblu proprio con lui.

Bologna, un’opportunità nata come?

“Non è stata una trattativa facile, perché a Siena stavo bene; mi sono sempre affezionato alle mie squadre. Con i bianconeri ho fatto cinque anni stupendi, l’ultimo soprattutto, quindi non è stato facile. Inizialmente non volevo lasciare Siena, poi mi hanno quasi costretto. Non sono pentito, anzi: a Bologna ho trovato una realtà bellissima”.

Quale realtà?

“Appena arrivato ho subito trovato una società organizzata; la squadra veniva da un brutto periodo, soprattutto in termini difensivi, quindi hanno creduto in me con la speranza di poter migliorare la fase arretrata. Il primo impatto è stato positivo, a Bologna ho vissuto quattro anni strepitosi”. 

Il rapporto con la squadra com’era?

“Ho sempre avuto un buon rapporto con i miei compagni di squadra, nulla da dire. Ho cercato di trasmettere alla squadra il mio carisma. Sono sempre stato un uomo e un calciatore molto rispettato, e questo mi ha aiutato molto nel mio rapporto con la squadra. Lo spogliatoio del Bologna era sano, aveva voglia di fare, come quasi tutti gli spogliatoi che ho vissuto”.

L’allenatore che ti ha dato di più chi è stato?

“Ho sempre cercato di prendere il meglio da tutti, sono fatto così. A livello umano, però, ti dico Alberto Malesani mentre, a livello tecnico, Stefano Pioli; è un allenatore completo. Poi potrei dirti anche Franco Colomba; a questi sono stato sempre affezionato ma, se dovessi sceglierne uno, ti direi Malesani”.

Il legame con la tifoseria invece?

“Eccezionale. Il Bologna ha una tifoseria straordinaria che vive di calcio, e quando giochi questo aspetto lo senti. Ti dico una cosa: mi innamorai subito dei tifosi rossoblu quando capii che loro ci sarebbero sempre stati, anche nei momenti scuri. Si stringono sempre intorno alla squadra e a noi è successo. Troppo facile osannare la squadra nei momenti di gloria, loro cercavano l’unità quando erano le difficoltà ad avere la meglio sulla normalità”.

Il momento più bello vissuto a Bologna?

“Ne ho passati tanti, anche perché in quattro anni sono state tante le cose belle che ho avuto la fortuna di vivere. Le vittorie sofferte, i traguardi raggiunti con sacrificio, sono tutti ricordi che porterò sempre con me”. 

Leader a Siena, Bologna e Genova. Cosa aveva Daniele Portanova di così speciale?

“Sono stato sempre leale, e credimi che questa qualità, nel mondo del calcio, conta tanto. Davvero tanto. Ho sempre vissuto il calcio in modo semplice ed equilibrato, volevo trasmettere ai miei compagni la mia esperienza. Il calcio è uno sport di gruppo: questa è l’aspetto che dovevano capire tutti. Non è come quando giochi a Tennis, che non dipendi da nessuno; qui dipendi da tanta gente, e guai a sbagliare. Conta anche il rispetto, nel calcio: ho sempre cercato di trasmettere tutto questo, con la massima trasparenza. Tante volte, per far capire tutto ciò, ho dovuto usare anche le maniere forti”.

Tipo, con chi?

“Questo non te lo dico (ride, ndr); però c’è stata qualche testa calda che aveva bisogno di essere portato sulla strada giusta. Il concetto rimane lo stesso: più il gruppo è forte e coeso, più i traguardi possono essere raggiunti. Non ho mai creduto che il singolo possa far vincere da solo una partita”.

Oggi ti rivedi in qualche difensore?

“Il calcio di oggi è cambiato, non so se in peggio o in meglio. Penso che ogni generazione deve sempre difendersi. Negli ultimi anni sono cambiate qualità e tecnica dei calciatori, ai miei tempi era altissima. Basta citare qualche attaccante, da Totti a Di Natale, da Toni a Gilardino; di conseguenza, il livello dei difensori si alzava. Eravamo famosi in tutto il mondo per la fase difensiva, grazie a quest’ultima abbiamo vinto un Mondiale. Ti dico comunque due nomi: Chiellini, che è della mia generazione, e Acerbi. Mi piace molto”. 

Siniša Mihajlović che allenatore è?

“Lui è l’allenatore, quello che non ho mai avuto la fortuna di avere. Lo dico sempre a tutti. Lo avrei voluto come mister perché caratterialmente mi somiglia molto. Ha una grinta e una testa incredibile. E lo dimostra sempre, nel calcio e nella vita. Un allenatore come lui e un calciatore come me: sarebbe stato un grande connubio. Siniša è genuino, vero; qualità che oggi, nel mondo del calcio, non si trovano ovunque”.

 

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