Seguici su

Bologna

Addio motor show: benvenuti nella folle città – 13 Ott

Pubblicato

il


A questo punto sorge un dubbio: non è che Bologna sta pagando qualche maledizione lanciatale contro da qualche avversario storico?

Magari da un papa, considerando la millenaria avversione di Bologna nei confronti dello Stato della Chiesa, o da un imperatore, un Federico II o il figlio Enzo, che visse qui in prigionia gli ultimi vent’anni della sua triste esistenza.

Quale sortilegio grava su Bologna? Cos’è che impedisce alla città di tornare, sotto tutti i punti di vista, alla sua grandezza passata?

Qui nacque l’università, qui nel 1530 Carlo V fu incoronato imperatore ( memorabile la battuta di Gazzoni secondo cui, se all’epoca si fosse giocato il campionato, il Bologna avrebbe lottato per il tricolore), qui si son vinti sette scudetti, qui c’erano due squadre di basket che facevano tremare l’Europa intera: qui c’era anche il Motorshow.

Un vanto per la città intera, un orgoglio a livello nazionale e non, una miniera d’oro per l’enorme numero di turisti ed appassionati coinvolti ad ogni edizione, ma soprattutto un simbolo ed un evento dal sapore strettamente bolognese, come ormai ben poche cose potevano essere: perché il Motorshow, oltre che un crogiuolo di motori e belle ragazze, era qualcosa di più che un semplice evento fieristico.

Era un momento di aggregazione, un’anticamera delle feste natalizie dove, tra stand e vicoli vari, si incontravano amici e facce conosciute, talvolta perse o dimenticate: era bello ritrovarsi tutti quanti in questa sorta di museo automobilistico a cielo aperto.

Fa male assistere impotenti alla perdita di uno dei pezzi storici della storia bolognese del secondo novecento ( in partenza verso lidi milanesi, con la benedizione di Alfredo Cazzola e dei francesi): è ancor più doloroso vedere la città sgretolarsi inesorabilmente anno dopo anno.

Povera Bologna, abbandonata da una classe imprenditoriale sorda al suo straziante lamento, snobbata da chi potrebbe dare una mano ed invece se ne sta rinchiuso nella sua torre d’avorio: le gestioni Bfc e Fortitudo dell’ultimo decennio sono il perfetto specchio delle condizioni tragiche in cui riversa il nostro amato “paesone”, l’anello di congiunzione tra cittadina e metropoli.

“ Folle città” cantava Loredana Bertè “ma nonostante tutto non voglio andar via”. Perché, nel bene e nel male, qui ci sono le nostre radici: l’unica cosa che non potranno mai portarci via.

Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook

E tu cosa ne pensi?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

adv
adv

Facebook

adv