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Amarcord – 24 Ore di Calcio non stop….e c’era anche il Bologna – 6 Feb

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In un momento drammatico per la Storia dei Nostri colori, vogliamo proporVi il primo cross-over 2014 (Amarcord/Il Bologna visto da Voi) di sapore antico dove un nostro amico di sempre, MauriViet,guerrigliero rossoblù, ci racconta, a poche ore da Torino-Bologna (lui che vive a Torino, ma tifoso del Bologna dall’infanzia), un torneo in terra piemontese dove la sua squadra vestiva “rossoblù”, a dimostrazione di una passione infinita. Questa la bellissima storia.


24  ORE DI CALCIO NO-STOP…e c’era anche il “Bologna”.

 

 

Ventisette anni fa ebbi l’idea di organizzare nella mia Collegno un torneo calcio, spogliato dall’ortodossia dei tornei estivi e mutuato da una bella manifestazione sportiva a cui ebbi la fortuna di assistere l’anno prima, nell’estate del 1986, precisamente a Cerdanyola del Vallès. In quella cittadina catalana, gemellata con la mia e che in quei giorni ospitava il sottoscritto e una dozzina di ragazzini collegnesi, il football ha sempre avuto un rivale temibile: l’hockey su pista, degnamente rappresentato dal club più antico di Spagna, il Cerdanyola Club Hoquei che, tra l’altro, vanta diversi titoli nazionali maschili e femminili e successi nelle coppe europee. E ogni anno veniva disputato un torneo di hockey su pista che durava ininterrottamente per 24 ore, una formula che ben si sposa con i fantastici ritmi di vita iberici. Per cui, liberamente tratto da quel torneo ne realizzai uno di calcio, ma dove le partite (sette contro sette) erano solo una parte dello spettacolo. Mi spiego. Come a Cerdanyola la durata del torneo era fissata in 24 ore, senza alcuna sosta. Dal pomeriggio del sabato a quello della domenica. Come a Cerdanyola lasciammo ai partecipanti la possibilità di installare delle tende ai bordi del campo per garantire un po’ di riposo ai giocatori. Come nell’hockey le sostituzioni avvenivano al volo. 

Nel luglio 1987, Campo Sportivo “S.Allende”, 8 squadre ciascuna composta da una rosa di 20 giocatori disputarono la prima  “24 ore no-stop di calcio”. In tre parole, fu un successo! Ed ero orgoglioso di me che, senza volerlo, avevo organizzato la prima manifestazione sportiva del genere in Italia. Questo particolare lo appresi da un articolo pubblicato il giorno dopo su “La Stampa” dove si sottolineava che la no-stop era stata organizzata da un “patito di calcio, tifoso del Bologna”.

 

L’anno dopo, e l’anno dopo ancora e per circa una decina d’anni seguirono altre edizioni, sempre più partecipate e sempre più grandi, con la collaborazione tecnica della Uisp Valle Susa che forniva arbitri e una inflessibile commissione tecnico-disciplinare. 

Le squadre diventarono 16 a due gironi, con due campi di gioco a disposizione più uno per il “campeggio”. Un vero e proprio accampamento preparato sin nei minimo particolari da chi, in quel torneo, ci avrebbe anche giocato. Il campo principale, era diventato un cantiere: chi montava le tende, chi segava liste di legno buone per tavolacci e panche, chi preparava allacciamenti volanti per i frigoriferi e fornelli, chi montava le griglie. La “sicurezza” era garantita da un buon numero di  estintori che alla chiusura del torneo venivano regolarmente svuotati “a spruzzo” in una sorta di festosa battaglia.  

Ecco, in quelle 24 ore il vero spettacolo era proprio lì in quella tendopoli: tra una partita e l’altra negli spazi di ognuna delle 16 squadre si consumavano banchetti a suon di grigliate, angurie,  salumi vari ovviamente accompagnati da una notevole quantità di vino e birra.  Il maggior  flusso di spettatori (sia sugli spalti che nella tendopoli) si aveva tra le 11 e le 3-4  della notte, in quelle ore non meno 2 o 3 mila spettatori, roba mai vista a Collegno. Per chi giocava le ore più dure erano quelle tra le 5 e le  8 del mattino. Degli zombi in campo. Nell’edizione dell’89 Franco Costa, a quel tempo giornalista sportivo per la Rai fece un ampio servizio che andò in onda al TG regionale e e negli anni numerosi giornali locali, oltre a La Stampa, dettero notizia della no-stop calcistica collegnese: “roba da matti” titolò un giornale, perfettamente in linea con l’identità principale di Collegno, il manicomio e il suo smemorato. E sempre veniva sottolineato, quasi a sorpresa, che tale “ambaradan calcistico” fosse organizzato da “un tifoso del Bologna”, quasi a mò di lesa maestà nei luoghi di Juve e Toro! 

Altra originalità i premi. Bandii coppe e medagliette. A tutti solo regali utili offerti dai vari negozianti.  Nel corso delle edizioni le prime classificate vincevano mortadelle di 70 chili (più di un metro di lunghezza), forme di Parmigiano-Reggiano, casse di dolcetto, prosciutti toscani, e così via. 

Le squadre portavano il nome di quelle di serie A, B e C. Per cui si assistette a match tra il Toro e l’Inter, tra la Juve e la Fiorentina e così via. E c’erano quelli che in onore alle loro origini decisero di chiamarsi Palermo, Spal, Venezia, Napoli, Foggia. Ovviamente “il Bologna” c’era sempre anche se di nativi di quelle parti non ne ricordo! A  qualcuno venne l’idea di chiedere alle società “vere” le maglie ufficiali. Alcune risposero positivamente, tra queste anche  il Bologna.

Il giorno della nostra risalita in A con Maifredi (2 a 2 col Taranto) ero al Dall’Ara e il lunedì alla sede del BFC. Alla presenza del nostro stopper di allora, Ottoni, mi venne regalato un gioco di maglie antiche: quelle mitiche bianche “estive” di cotone spesso e con la banda trasversale rossoblù ricamata sopra. Mi dissero far parte della fornitura degli anni settanta della prima squadra. Emozione a mille! 

Obbligai i “miei” giocatori ad indossarla, mi pare per 2 o 3 edizioni, ma che sofferenza con il caldo di luglio. Per le successive edizioni ebbi in regalo dal BFC altre maglie (della Uhlsport) grazie all’intercessione dell’allora presidente del Coordinamento Club del Bologna Sergio Tagliavini. 

Dopo circa 10 anni la “24 ore” divenne ruotine e poi le misure di sicurezza del campeggio dovevano essere seriamente rispettate. Perciò finì quella bella esperienza che rimane tuttora la manifestazione sportiva più originale e partecipata che la nostra zona abbia vissuto e mi fa piacere che ancora oggi qualcuno se (e me) lo ricordi.

   

Il mio “Bologna” non vinse mai il torneo (purtroppo gli arbitri della Uisp Valle Susa si dimostrarono incorruttibili) ma il divertimento in quelle occasioni era sul serio stare insieme, vivere in allegria il tempo reale di una giornata. Come diceva il Catalano di “Quelli della notte”: è meglio vincere che perdere. Certo, ma in quelle notti perdere era un pò meno triste. Una spaghettata e una barbera ridavano il buon umore a tutto l’ambiente.

 

A parte 4-5 ragazzi, gli altri “giocatori del Bologna” non erano nostri tifosi, così come i tanti amici accolti nel nostro accampamento. Con alcuni di loro continuo a vedermi, altri hanno percorso strade che li hanno portati altrove. E qualche volta mi sono chiesto se qualcuno di loro si ricorda di quelle splendide ore. Mi chiedo anche se, quando la domenica sera scorrono i risultati del campionato, qualcuno di quei ragazzi scruti il risultato del Bologna. In fondo – mi dico – ne hanno indossato la maglia in tante partite.  

 

Pochi giorni fa ero in coda alle poste, tempo 10 minuti chiamano il mio numero, incrocio lo sguardo con l’impiegato aldilà del bancone “Maurizio!” esclama lui. Non lo riconobbi. “Lo so lo so – fa lui – la barba, gli anni e un po’ di pancia confondono la memoria, ma se ti dico…..24 ore, il Bologna e quelle maglie bianche con la banda trasversale rossa e blù?…”. Lo riconosco, Rudy. Un discreto mediano. Mi pare fosse, sia, un interista…però qualcosa di quella maglia bianca con la banda trasversale rossoblù, gli è rimasto!

 

Sono consapevole che racconti come questo rischiano di stridere di fronte all’ennesima sconfitta, alla tragica confusione che regna dentro il BFC e sugli spalti del Dall’Ara e alla certezza di dover soffrire fino all’ultimo minuto del campionato. Me ne rendo conto; ma il mio è un modo per cercare di  esorcizzarlo questo momento. Di fronte al poco che ci regala il Bologna, ho infatti la speranza che racconti come questo riescano a lenire le nostre comuni ferite sportive, anche solo per qualche minuto.

 

 

PS: domenica il Bologna verrà a giocarsi le sue carte qui a Torino. Sabato sera non ero nelle condizioni per decidere se andarci allo stadio. Comunque più no che si. Oggi (lunedì) ho deciso di fare un ennesimo atto di fede. All’Olimpico ci sarò, nonostante tutto. 

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