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FINALI – Dal purgatorio al paradiso, Bologna-Pescara 1-1: la Serie A è riconquistata

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Per raggiungere palcoscenici pregiati occorrono determinazione, sudore e spirito di sacrificio. Nella stagione 2014-2015 il Bologna in Serie B non voleva trattenersi. L’annata precedente si era spenta in maniera disastrosa, con un’amara retrocessione. La stagione seguente, tra le piccole, i rossoblu non erano a proprio agio. Quel palco stava stretto. Serviva una svolta. Dopo un rendimento altalenante, la grande opportunità: i playoff non si potevano fallire. 

Dopo aver eliminato – tra infiniti batticuori – l’Avellino, c’era solo un ultimo scoglio da superare: il Pescara di Massimo Oddo. Dopo uno scialbo 0-0 in Abruzzo, la resa dei conti si sarebbe giocata al Dall’Ara, quattro giorni dopo: 9 giugno, una data ancora oggi scolpita nel cuore e nella testa dei rossoblu. La squadra di Delio Rossi partiva favorita: bastava un pareggio, in virtù della miglior posizione in classifica durante la stagione.

Quel martedì tardò ad arrivare. Alla fine giunse. I cancelli del Dall’Ara aprono due ore prima della gara ma, di solito, la maggior parte dei tifosi arriva un pò più tardi. Non quel giorno. L’attesa era troppa, la spinta del pubblico era necessaria. 

Delio Rossi cambiò qualcosa: in difesa Mbaye sostituì Ceccarelli, a centrocampo Buchel in panchina con Krsticic ad agire da mezz’ala. Laribi arretrò nei tre di centrocampo, mentre Acquafresca vinse il ballottaggio con Mancosu. Confermato il resto: Da Costa in porta, Mbaye, Maietta, Oikonomou e Morleo in difesa. Centrocampo con Casarini, Matuzalem e Laribi, infine Krsticic alle spalle di Acquafresca e Sansone. Nell’altro versante cambio forzato per Oddo: promosso Pucino da terzino, causa forfait di Rossi. A centrocampo tornò Torreira, con Brugman che si spostò in avanti vista l’assenza di Bjarnason. Ai suoi lati Caprari e Politano, con Melchiorri unica punta. 

Moduli gemelli, tattiche discordi, un pensiero comune: Serie A.

31 mila persone, 3000 provenienti da Pescara: non era una sfida come le altre. La battaglia partì. Iniziò l’attacco Melchiorri che, assistito da Brugman, non sfondò. Concluse alto. Eccessiva potenza, scarsa precisione. Minaccia respinta. La controffensiva felsinea non si fece attendere. Protagonista Sansone, scaltro nel calciare a giro dal versante destro del campo: attivo Fiorillo, sicuro nello spazzare il più lontano possibile. Iniziarono intanto a fioccare i cartellini, aprì le danze Mbaye. Occasioni da una parte e dall’altra: arrivò il turno di Politano, bravo a dribblare il difensore avversario, meno a concludere verso la porta. Da Costa sicuro, si ripartì. A dieci minuti dal termine del primo tempo l’occasione arrivò sulla testa di Oikonomou, abile nel saltare più in alto di tutti. Questione di centimetri, la palla accarezzò soltanto la traversa.

I rossoblu continuarono però a spingere, la chance giusta era nell’aria e arrivò due minuti più tardi. Acquafresca, allargatosi sulla sinistra, crossò in aria. Il passaggio non fu dei migliori, un rasoterra facile da capire per un difensore. Già, un difensore. Peccato che su quella palla si trovò Torreira, che tutto era tranne che difensore. Un goffo tentativo di rinvio favorì Sansone che, con tutta la rabbia del mondo, scagliò la palla in rete. Di prepotenza, con il sinistro. Fiorillo potè solo guardare. 1-0. Si concluse un primo tempo scoppiettante. La voglia di andare in Serie A era tanta e si vedeva. La gente sugli spalti, tra una birra ghiacciata e infinite speranze, continuava a soffrire.

Era una battaglia da vincere, Rossi e Oddo lo sapevano. A inizio ripresa i primi cambi. Nel Pescara fuori Politano e Caprari, dentro Pasquato e Sansovini. Venne bocciato anche Kristicic, che lasciò il posto a Buchel. Il secondo tempo cominciò come era finito il primo. Un assedio, da entrambe le parti. Dopo soli cinque minuti un jolly per Sansone: arrivò in area dribblando tutti,  ma la gambe cedettero. La palla si schiantò su Fiorillo, bravo ad opporsi con il corpo. Come un portiere di hockey. Quell’occasione persa poteva risultare decisiva. Il Pescara alzò il baricentro, non poteva fare altro. Servivano due gol per raggiungere il traguardo. Ma le lancette dell’orologio continuarono a scorrere. Ininterrottamente. 

Al 56′ la svolta. Una torre di Melchiorri favorì Pasquato che, dopo essersi portato la palla in avanti, superò di precisione da Costa. Un gran gol. Meritato. Il Pescara stava giocando bene, il Bologna s’impaurì. 1-1, palla al centro. Tutto riaperto. I rischi erano tanti. Due minuti più tardi fu Sansovini ad avere la palla dell’1-2: un gran sinistro da fuori area accarezzò delicatamente il palo. Come una carezza. Terminò sul fondo. Nel frattempo aumentava il timore. Continuarono le sostituzioni, dentro Cacia per Acquafresca. Partita scialba, la sua. Al 67′ un episodio chiave: Pasquato anticipa Mbaye che non fermò in tempo la corsa e colpì nettamente il corpo dell’avversario. Doppia ammonizione, sotto la doccia il terzino rossoblu. Da lì in avanti fu solo Pescara. 

Intanto Rossi optò per un cambio difensivo, fuori Sansone e dentro Ceccarelli. Dall’altra parte dentro Lazzari per Torreira. Mancava poco, i 31 mila del Dall’Ara erano sempre più impauriti. Da una parte e dall’altra. Ci provò Pucino dalla distanza, bravo Da Costa a respingere in angolo. Al 41′ silenzio assoluto: cross in area rossoblu per Lazzari che, da due passi, trovò ancora l’opposizione del numero uno felsineo. Non finì lì. A recupero inoltrato un altro cross degli abruzzesi, ancora più insidioso. Arrivò sulla testa di Melchiorri che, da ottima posizione, trovò soltanto la traversa. Si sentirono i battiti accelerati di tutto il pubblico. Spesso le partite si chiudono nei minuti di recupero. Non quella volta. Bello pensare che quella palla sia stata spinta in alto dal soffio dei tifosi di casa. Il destino aveva deciso. Un’ultima occasione per il Bologna, in contropiede. Non se ne fece nulla. Fiorillo provò a rilanciare subito, invano. 

Primo, secondo, terzo fischio di Fabbri. Il Dall’Ara si trasformò in Broadway. Sciarpe al cielo, grida liberatorie. Pianti dall’altra parte. Il fato scelse, il Bologna risalì in Serie A dopo un solo anno di inferno. Dalla tribuna festeggiavano tutti, da Joe Tacopina fino ad arrivare a Gianni Morandi. Serviva un’impresa, una gara di sacrificio. E così fu. L’inferno non era adatto a quella squadra, forse nemmeno al Pescara. Ma quel giorno c’era spazio solo per una. E arrivò l’estate. Felice per i rossoblu, di rimpianti per i biancoazzurri. La guerra era stata vinta, le ferite bruciavano ma poco importava.

Ora ci si poteva divertire, aspettando la prossima alba.

E, tutto d’un tratto, fu Serie A.

 

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