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Bologna

La Pallanuoto e la seconda piaga d’Egitto

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Avete mai giocato a Pallanuoto o fatto la doccia insieme ad altre 18mila persone? Domenica potevate avere l’occasione di farlo. Emozione unica e irripetibile (anche perchè una seconda volta una roba del genere non si affronta).

Dall’Ara WaterSport Center, domenica dal pomeriggio color asfalto, metà dello stadio era venuto un’ora prima dimenticando che non c’era più l’ora legale, 60 minuti tondi in più di acqua addosso, come se qualcuno si fosse dimenticato lo sciaquone in posizione “on” e Voi aveste la sventura di avere la testa nella tazza. Principio di inverno metereologico in campo per come non giocavano i Nostri ragazzi, estate invocata sugli spalti: è proprio vero che non esistono più le mezze stagioni.

Entrando in quella che, l’altro ieri pomeriggio, si poteva definire “vasca grande”, mi accorsi che i lampioni stavano facendo allegra l’Enel, consumando energia a più non posso per rendere la diretta visibile per le pay Tv; anche se a ben pensare, un bel black out non sarebbe stato assolutamente male, buio pesto e tutti a casa, con buona pace per le Pay Tv e i loro abbonati.

La curva e parte dei distinti erano, per varietà di colori, un prato fiorito di ponchos, mantelline e impermeabilini da 1 euro (che per la cronaca non tengono una cippa, ma ci ostiniamo a comprarle) che arcobalenizzavano quello spicchio di stadio che avrebbe sopportato tutte le 10 piaghe di Egitto pur di essere lì, perchè, ricordate, al cuore non si comanda.

Il resto del catino era un misto di sfumature nerazzurre, nero grigie e nero e basta come il peggiore dei pessimisti iniziava a vedere il destino targato Bologna.

Nuestro lider maximo Pioli aveva appoggiato sul manto erboso una estrosa formazione, spregiudicata e votata al sacrificio (ma questo lo avremmo purtroppo imparato dopo) con l’intento di “ganar” e portare punti a casa. E dire che l’inizio del match lasciava presagire ben altri scenari, con una manovra avvolgente e le nostre punte che lasciavano intravvedere una tenerissima intesa, come due fidanzantini alla loro prima uscita insieme, una difesa rigorosamente a quattro, con Morleo che ogni volta che finiva a terra per l’impeto diventava un Hovercraft sul terreno viscido, che teneva meravigliosamente nonostante tutta l’acqua che si era rovesciata che in confronto l’invaso del Brasimone sembrava una pozzanghera. Per il centrocampo invece bisognava avere Pazienza perchè era Guarente, ma non ancora guarito.

Dall’altra parte della barricata, Strama aveva scoperto all’ultimo le sue carte, lasciando Fantantonio a presidiare la panchina, mettendo in campo le due punte sudamericane Palacio e Milito, supportate da una linea Maginot rude ma allo stesso tempo con un tasso tecnico invidiabile, con un Mudy a uomo sull’unico elettricista della compagnia, Diamanti, che, una volta spenta la luce, non esisteva nessuno che la riaccendesse o che portasse la nostra squadra fuori dal buio. Ma soprattutto la forza nerazzurra  risiedeva nella difesa a tre, con poteri divini o quantomeno soprannaturali , annoverando personaggi di caratura biblico evangelica quali  Samuel, Jesus e Ranocchia ( il meno biblico dei tre, ma su Santacroce quest’estate c’era già il Parma……) e fu proprio quest’ultimo a ricordarsi e a ricordare al Nostro Mister la seconda Piaga d’Egitto: ” se non ci lascerai andare, noi colpiremo il Tuo territorio con le Rane (Esodo capitolo 7, versetto 27). E infatti al 27simo del primo tempo, sarebbe poi bastata una sola rana, Ranocchia appunto, a modificare il risultato e avere ragione del fortino rossoblu: cross dalla destra di Cambiasso (quello del motto “con in campo Cambiasso non si vince mai un casso”), quasi fosse un istant replay, e Andrea The Frog, saltando dallo stagno e apparecchiando sulla testa di Antonsson, con una comoda zuccata incrociava sul palo opposto la sfera dove l’improvvisato e fermo come un casellante Agliardi non riusciva a fare altro che accompagnare con lo sguardo verso l’angolino lontano la palla che si insaccava. A fine primo tempo la battuta più bella sotto quel diluvio universale era di un Nonno verso il suo nipotino che alzandosi gli avrebbe detto” Adesso cerchiamo un pò di ombra”.

La ripresa ripartiva sostanzialmente da questo episodio e all’ottavo si era già sotto di due goals, dopo il più classico dei contropiedi. Sarebbe da dire “piove sul bagnato” ma onde evitare linciaggi sul posto, teniamo assolutamente la bocca chiusa e soffriamo in silenzio, tanto la sofferenza non poteva durare in eterno (ma almeno altri buoni 40 minuti si). I goal di Cherubin e di Cambiasso (si sempre quello del motto) non facevano altro che, con lo scorrere dei minuti, sancire quello che sarebbe stato il referto finale. A margine annotiamo, nonostante il clima freddo e umido, un caloroso scambio di complimenti fra le due panchine, con annesso scambio di gagliardetti e addirittura inviti reciproci  per il pranzo di Natale, dove solo per  una sciocca incomprensione formale (“Venite Voi da Noi”, “No insistiamo venite Voi da Noi”) era scoppiata una bagarre verbale e Il Nostro Mister e Mortimer Baresi erano stati invitati dall’arbitro a conitnuare gli abbracci negli spogliatoi.

Al triplice fischio, bagnato come bucato appena estratto dalla lavatrice e intirizzito dal freddo ma con l’accappatoio addosso, incominciai a nuotare, come fossi in trance agonistica, verso casa lasciandomi indietro canoe e piroghe anche loro intenti a guadagnare la loro magione sotto a quel diluvio universale. Mi pare, ma non ne sono sicuor visto il delirio di gente mista acqua che mi avvolgeva, di aver superato anche una gondola e un catamarano poco prima di varcare il mio uscio. Poi la stanchezza

e l’amarezza mi avvolsero e nel buio mi addormentai, sognando calottine rossoblu che battevano le calottine bianche con un goal del mitico Gianni de Magistris che ci apriva le porte della Champions Leaugue (di pallanuoto).

 

Scritto sulle note di “Shape of My Heart” dei BackStreetBoys

Dedicato a Sussezza e alla sua intramontabile voglia di esserci.

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