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Marronaro: “Che nostalgia il calcio di una volta” – 28 apr

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Di storie legate ai colori rossoblù ce ne sono tante da raccontare, e Lorenzo Marronaro si è concesso ai microfoni di 1000cuorirossoblù, in un’intervista esclusiva, per raccontarci e farci rivivere i momenti più belli del Suo Bologna.

Marronaro approda al Bologna nel 1984, in Serie B dove gioca tre campionati mettendo a segno rispettivamente 3, 6 e 9 reti. Nella stagione 1987-1988 viene promosso in Serie A con il Bologna vincendo la classifica cannonieri con 21 realizzazioni complessive, eguagliando il record di gol detenuto da Paolo Rossi. Nella massima serie col Bologna segna 7 reti in due stagioni, venendo infine ceduto nell’estate 1990 all’Udinese. Con i friulani conquista una seconda promozione in Serie A e colleziona le ultime presenze nel massimo campionato prima di chiudere la carriera in terza serie con la maglia dell’Empoli.

“Il Puffo” e “la Freccia di prima porta”; Bologna non dimentica uno campione come lei.
“Sono dei simpatici appellativi che i tifosi mi hanno affibbiato quando ero un calciatore. Ai miei tempi quasi tutti i giocatori avevano qualche nomignolo, al giorno d’oggi se ne sentono decisamente meno, probabilmente perché il rapporto tra pubblico e atleti si è un po’ trasformato.
Con l’avvento di tanti giocatori stranieri l’attaccamento alla maglia e ai colori sta diventando una cosa sempre più rara. Probabilmente è vero quando si sente dire che “le bandiere di una volta non esistono più”. Francamente, una dei pochi simboli non può che essere Francesco Totti; nonostante lui abbia avuto tante possibilità di andarsene, ha sempre preferito la sua Roma, anche se la gestione di questo campione mi lascia un po’ senza parole.”

Marronaro-Pradella; un’intesa che difficilmente si trova al giorno d’oggi in una coppia d’attacco.
“La nostra forza era il nostro affiatamento anche al di fuori del campo da gioco, che tutt’ora persiste. Io e Loris venivamo da un’ulteriore esperienza insieme a Monza, e questo ci aiutò a conoscerci sempre meglio. Sapevamo a memoria i nostri movimenti e io senza guardarlo sapevo dove trovarlo e viceversa. Quando si va d’accordo anche con la persona, allora non può che essere un vantaggio in ambito professionale. Sono passati 30anni ma continuamo a frequentarci e nel nostro mestiere non è sempre facile mantenere questo tipo di amicizie. Questa è un’ulteriore dimostrazione di quanto ho accennato prima, ovvero che un tempo c’erano più unione, più amicizia e più rispetto verso i propri colleghi. Al giorno d’oggi è più difficile riuscire a fare gruppo all’interno di una squadra composta dalla maggior parte dei ragazzi provenienti da almeno 10 nazioni differenti. Il colloquio sta alla base di tutto e l’impossibilità o la poca chiarezza in questo rende tutto più complicato. C’è chi dice che il calcio è in continua evoluzione, ma io in tutto ciò vedo solo involuzione. Lavorando ancora a stretto contatto con questo mondo, mi sento di dire che preferivo il calcio ai miei tempi, in cui i rapporti umani stavano alla base di tutto.”

Ad oggi è l’ultimo giocatore del Bologna ad avere vinto la classifica cannonieri, c’è un gol che ricorda con particolare chiarezza?
“Ricordo molto bene, e con estremo piacere, il gol che feci contro il Piacenza che ci diede la matematica certezza della promozione in Serie A. Stavamo perdendo 1-0, ma riuscì a gonfiare la rete con un micidiale sinistro che regalò a bologna il salto di categoria. Anche se lo capimmo solo dopo qualche ora, dopo una complicata decifrazione della classifica avulsa. Non fu l’unico gol che mi è rimasto nella mente però. Nella stagione 1987/88 giocammo molte partite in maniera particolarmente sofferente, anche perché ingranammo la marcia giusta solo dopo 3 o 4 match dall’inizio del campionato. Tutte le avversarie sapevano che il nostro obbiettivo era quello di salire in Serie A, quindi quando scendevano in campo contro di noi sembrava che ce la mettessero davvero tutta per ostacolarci. Di quell’anno ho un ricordo indelebile, perché il calcio espresso da quel Bologna era davvero un bel calcio giocato. Lo stadio era completamente pieno ogni domenica, c’era molta più gente all’epoca che ora, nonostante noi fossimo in B.”

Ha mai avuto il classico “blocco dell’attaccante”?
“Purtroppo gli attaccanti vengono considerati bravi solo se segnano, la gente non capisce che un calciatore di quel ruolo ha tante altre cose da fare oltre il gol. Ho avuto la fortuna di non aver mai dei “blocchi” di questo genere, con la maglia del Bologna appena sfioravo la palla entrava nella porta avversaria quindi non mi posso di certo lamentare. Ripeto che il calcio una volta era molto differente da quello di oggi, Maradona era in cima alla classifica dei marcatori con 15 reti, mentre Higuain quest’anno ne ha messe a segno 30.”

Cosa ci racconta della parentesi Empoli della sua carriera?
“E’ stata una breve, ma pur sempre importante parentesi. Purtroppo coincide con il mio abbandono all’attivita agonistica perché durante quell’anno ebbi un grosso problema famigliare legato a mio padre e dovetti tornare a casa. Inoltre, in quel periodo l’allenatore era Luciano Spalletti. Non era ancora un tecnico, era ancora un giocatore, perché rientrava nell’organico dell’Empoli, ma si era infortunato quindi era stato incaricato dal presidente di allenare la squadra. Chiese anche a me di dare una mano ed io mi misi a disposizione, all’epoca avevo 34 anni circa.”
 

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