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RS – STADIO: Ritratto di “El Jefe” Lopez, il nuovo tecnico – 27 giu
“El Jefe”, in Uruguay, è un soprannome impegnativo. Era noto con questo soprannome (che significa in buona sostanza “il capo”) il libero e capitano della “Celeste” che vinse due Olimpiadi e il primo Mondiale, José Nasazzi, idolo dei tifosi del Bella Vista e del Nacional oltre che della Nazionale e calciatore duro, ai limiti della correttezza, dall’immenso carisma.
Vent’anni dopo Nasazzi, nell’Uruguay che espugnava il Maracanà conquistando il suo secondo (e ultimo) titolo mondiale c’era un altro “capo”, il leggendario Obdulio Varela, “El Negro Jefe” per via del colore della pelle.
Nasazzi e Varela sono stati leggende del calcio uruguagio, Diego Luis Lopez forse non è arrivato ai loro livelli ma qualche tratto in comune con i due grandi “capi” dell’Uruguay li ha senz’altro. E’ stato difensore solido e affidabile, è arrivato in Sardegna 24enne e la lascerà alle soglie dei 40 anni.
12 anni da calciatore, 3 da tecnico. Sardo d’adozione, e pensare che pochi mesi dopo il suo arrivo aveva chiesto a Cellino di lasciarlo andare via: in Italia non si trovava, il tecnico Ventura non lo vedeva proprio, la sensazione di sprecare la propria carriera era forte. Il presidente dei sardi gli disse di imparare l’italiano, e che poi si sarebbe trovato bene. Si è trovato benissimo: oltre 300 partite con i sardi, titolare fisso per una decina di stagioni consecutive, poi il passaggio – appesi gli scarpini al chiodo – alla guida dei Giovanissimi. Lopez è uno che impara in fretta, la stagione successiva era alla guida della Primavera, poi quella successiva ancora ecco la prima squadra, complice un momento non felice che era coinciso con l’esonero di Massimo Ficcadenti. Quella soluzione interna, il duo Lopez-Ivo Pulga, non era sembrata la migliore ai tifosi, che però presto si erano dovuti ricredere: il Cagliari si salvò con 5 turni di anticipo, mostrando un calcio redditizio ma propositivo. La scorsa stagione poi, con Cellino già proteso verso la cessione del club e la nuova avventura inglese con il Leeds, la fine del sodalizio: squadra a Pulga, Lopez allontanato. Cose che possono capitare ad un tecnico. A maggior ragione ad un tecnico così giovane.
Lopez lo chiamano “Jefe” non a caso. Non è un leader di quelli che sbraitano, non è uomo da copertina. E’ un duro silenzioso, ascolta tutti ma poi decide in autonomia, ci mette la faccia, ha l’orgoglio tipico di chi viene dall’Uruguay.
Una volta ha detto che dopo che uruguaiano, si sente anche sardo: logico, dopo 15 anni, metà della vita, vissuti sull’isola. Sardi bella gente, non c’è che dire: ma anche i bolognesi sanno farti sentire a casa, anche i bolognesi sono accoglienti. Lopez, dopo la Sardegna, potrebbe aver trovato dunque una nuova isola felice: a lui il compito di conquistarla e di dimostrare che si, è proprio l’uomo giusto per guidare il Bologna fuori dalle sabbie mobili della B. Del resto, se in Uruguay ti chiamano “Jefe”, un motivo c’è sempre.
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