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I Sauditi sono solo gli ultimi ad aver invaso il calcio coi soldi. In più però, loro hanno una visione

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In questa estate di folle non c’è solo il tempo, ma anche le offerte che stanno piovendo ormai da qualche tempo sul calciomercato, per portare i migliori calciatori in Arabia Saudita. Personalmente però la cosa che più mi ha stupito sono state le reazioni di alcuni giornalisti e addetti ai lavori. Davvero sono il solo a non capire quale sia lo scandalo dei miliardi che stanno piovendo sul calcio? O meglio, davvero solo a me pare che il problema non siano davvero i soldi, ma il fatto non li abbiano i “nostri” club?

Certo, non mi nascondo dietro a un dito, l’offerta da 300 milioni di Euro dell’Al Hilal per Mbappe fa tremare i polsi, e il fatto che sia stata accettata da un club che certo non ha problemi economici come il PSG, la dice lunga sia sul potere del denaro, si su quello dei giocatori, che certamente è difficile trattenere quando vedono cifre del genere.

Ma cos’è cambiato rispetto a quando eravamo noi a dominare il mercato a suon di care vecchie Lire? Non è accettabile che vengano spesi così tanti soldi? Non mi pare ci siano state così tante persone che si siano lamentate alla notizia, tratta dal Corriere della Sera, che mentre nel 1980 gli A.D. più pagati in Italia guadagnavano 45 volte i loro operai, nel 2020 per lo stesso ruolo si sia arrivato a 649 volte quello dei propri operai. E non contiamo che oggi vi sono alcuni lavori dati in appalto, che abbasserebbero ulteriormente la media dello stipendio dei dipendenti rispetto a quella degli Amministratori Delegati. Vero, Mbappè guadagnerà ancora di più di un A.D., ma forse la sperequazione del mondo “reale” rispetto a quello patinato del calcio, per quanto inferiore, non dovrebbe dare maggior fastidio?

E allora forse non sarà che non accettiamo che siano gli altri ad averli? Che nazioni che la vulgata reputa non all’altezza dei nostri campionati possano permettersi di portarsi a casa i “nostri” campioni?

Recuperiamo alcuni trasferimenti del passato: da Gianni a Savoldi, da Lentini a Vieri.

Potrebbe forse avere senso fare un piccolo amarcord di alcuni acquisti del passato.

E partiamo dal lontano passato, e proprio da Bologna. Nell’estate del 1924 Mario Gianni passò dal Pisa al Bologna. I calciatori non erano pagati e i rossoblù non acquistarono il portierone né con una maxi offerta al Pisa, né con un maxi contratto a lui. Gianni venne a Bologna a lavorare, il Bologna trovò un buon posto di lavoro al giocatore, che trasferitosi a Bologna per quello, divenne anche portiere della squadra. Venne immediatamente chiamata in causa la crisi dei valori della società in senso lato, perché Gianni cambiava casacca grazie ad una posizione lavorativa. Mario Gianni se ne andava da Pisa col marchio del mercenario. In quel momento storico era incomprensibile.

Restiamo a Bologna e parliamo di “Mister 2 Miliardi”? Nel 1975 Savoldi passa dal Bologna al Napoli per l’allora cifra record di 2 Miliardi di Lire, per quanto solo 1 miliardo e 440 milioni fossero in cash, e il resto in contropartite tecniche. Si scatenano le più aspre polemiche sulla cifra, con in prima fila i club del nord Italia. Il paese in quel momento non se la passa bene, e quei soldi sembrano davvero un insulto a chi faceva fatica oltre che soldi buttati. In effetti, lo saranno davvero visti i risultati di Beppegol a Napoli, ma questo è un altro discorso.

L’estate dopo ci pensa la Juve a non fare più la moralista, con l’Italia che non se la passa granchè meglio dell’anno prima. Agnelli compra per 2 miliardi e 612 milioni di lire Paolo Rossi aprendo un nuovo scandalo. Franco Carraro si dimise dalla FIGC e Giuseppe Farina, allora presidente del Lanerossi Vicenza, dichiarò: «Mi vergogno, ma non potevo farne a meno: per vent’anni il Vicenza ha vissuto degli avanzi. E poi lo sport è come l’arte, e Paolo è la Gioconda del nostro calcio».

A volte, siamo stati così bravi da prendere i giocatori, senza avere i soldi. Evitiamo di parlare di Gaston Ramirez preso da Porcedda quasi sulla fiducia, e parliamo di un altro record. Nel 1984, Diego Armando Maradona arriva a Napoli per 13 miliardi e mezzo di lire. E senza che il Napoli avesse la liquidità per pagarlo, visto che il denaro arrivò nelle casse del Barcellona in un secondo momento.

Avanziamo, ed arriviamo al 1992. Il Milan di Silvio Berlusconi in quell’anno mette sul piatto 10 miliardi per Dejan Savicevic, 14 miliardi per Jean Pierre Papin e 18,5 miliardi per Gianluigi Lentini. In quanti in quel momento potevano spendere quelle cifre? E gli anni ‘90 passarono così, con le italiane che si rincorrevano a comprare giocatori di enorme talento, aumentando le cifre spese mercato dopo mercato, dominando in Europa. Nel 1999 si passa da Mister 2 Miliardi a Mister 90 Miliardi, con  l’acquisto da parte dell’Inter di Bobo Vieri. L’ennesimo record con tanto di cartelloni pubblicitari e di polemiche sull’eccessivo costo dei giocatori e delle spese folli di Moratti.

Poi la Spagna e l’Inghilterra ci hanno superati, con gli inserimenti estemporanei della Russia e della Cina che però non puntavano a top player, ma a giocatori validi, strapagati. E ora, non contenti degli oltre 200 milioni di Euro del PSG per Neymar, arrivano i Sauditi a sparigliare il tavolo. In fondo il più ricco ha sempre deciso il mercato, solo che oggi on è solo ricco, è enormemente ricco.

Il caso Arabia Saudita e la Visione per il 2030

L’unica vera lamentela che si può fare sull’arrivo dei Sauditi è che, così come per il PSG, non si parla più di semplici privati ma di vere e proprie nazioni. I quattro club principali dell’Arabia Saudita sono infatti controllati dal fondo PIF, che fa capo alla famiglia reale saudita e quindi allo stato stesso. Ovviamente si parla a questo punto di cifre che normali esseri umani non possono contrastare. Però ancora una volta, il problema sta solo nel fatto che non possiamo contrastarle noi. Perchè quando un Chievo Verona non poteva contrastare un Real Madrid, per fare un esempio talmente “stupido” da non offendere nessuno, non sembravano esserci problemi. Per quasi tutti i giornalisti e addetti ai lavori, era semplicemente assurdo obbligare un club ricco ad auto-limitarsi per non fare concorrenza a uno meno ricco.

Davvero solo ora a livello morale cambia qualcosa? Cioè, davvero puntiamo a fare discriminazioni tra una sperequazione enorme ed una immensa? Solo ora siamo davvero indignati dalle cifre del mondo del calcio? Non eravamo già scaduti nel ridicolo anni fa? Ognuno giustamente ha la sua idea, ma è necessario che si parli anche di un’altra cosa. Quante volte il calcio, in Italia ancora più che all’estero, è stato refrattario al cambiamento? Quante volte non vi è stata una visione collettiva del calcio ma semplicemente una visione campanilistica?

Ecco, l’Arabia Saudita entra in campo ora, in modo così pesante, perché loro una visione (a livello di nazione) ce l’hanno. E vista la scarsa democrazia la possono anche portare avanti senza troppi giri di parole. Si chiama SAUDI VISION 2030 ed è un progetto su scala enorme che vuole portare l’Arabia Saudita a diventare una delle prime dieci economie mondiali, sganciandosi dal petrolio.

Si parla di un quadro strategico per ridurre la dipendenza dal petrolio, diversificare l’economia e sviluppare settori di servizio pubblico come sanità, istruzione, infrastrutture, attività ricreative e turismo. Anche Forbes parla di come l’Arabia voglia far diventare il Turismo il petrolio del futuroNon a caso Riyadh è candidata per l’Expo 2030.

Cosa c’entra allora questo col calcio? Vero è che solamente a giugno l’Arabia ha rinunciato alla propria candidatura a organizzare la Coppa del Mondo 2030, ma non è detto che non sia solo per ricandidarsi con maggior spinta per quella del 2034. Perché le quattro formazioni con alle spalle il fondo FIP stanno iniziando ad acquistare nomi sempre più pesanti nel mondo del calcio? In realtà, pensandoci bene, non è poi così difficile da capire. Il calcio genera introiti ed entusiasmo. Se si vuole puntare a blandire la popolazione e far conoscere la propria nazione in tutto il mondo, cosa c’è di più semplice che puntare sul calcio e sui suoi grandi nomi?

Non sfugge chiaramente che dietro a tutto questo c’è anche il tentativo di levarsi un po’ di dosso i grandi problemi dei diritti civili negati sia al proprio interno che all’esterno. E non diciamoci che calcio e politica non sono collegati, perchè se non bastasse pensare al Başakşehir di Erdogan, potremmo ricordarci di come durante una campagna elettorale italiana spuntò il nome di Ronaldinho. Ecco, diciamo che anche questo lo abbiamo già visto sotto altre forme.

Ma andiamo oltre: nessuno si è chiesto come mai Lionel Messi pur non andando a giocare in Arabia Saudita abbia un contratto con i sauditi? Messi dovrà fare almeno 5 giorni di vacanza per i prossimi cinque anni in Arabia Saudita con tutta la famiglia, e incasserà così 22,5 milioni di Euro nel primo triennio. Le uniche cose che deve fare è andarci, fare post social, e non parlare male della nazione tacendo sui diritti civili. Assurdo? Forse, ma il marketing è anche questo.

In ultima analisi, è certamente vero che i soldi dettano legge, ma lo è altrettanto che lo hanno sempre fatto. Oggi ci scandalizziamo grosso modo come fecero a Pisa nel 1924 o come fecero alcuni club nel 1975, e altri ancora nel corso della storia del calcio italiano e non solo. Non che sia completamente sbagliato farlo, ma onestamente forse è un po’ tardi, e i motivi rischiano di non essere quelli giusti.

Forse un ripensamento sulle regole finanziarie può aver senso, ma senza un reale ripensamento dell’intero movimento, e almeno per quello che riguarda l’Italia anche alle regole più banali come quelle della Coppa Italia e della fruibilità degli stadi, se non saranno i sauditi saranno altri a portarci via i migliori giocatori. Anche perché se oltre a batterti sul piano economico ti battono su quello della visione a lungo termine, è poi inutile urlare allo scandalo.

Certo, si dirà, per loro è facile avere una visione, il calcio lo gestisce un fondo dello stato e lo stato è una monarchia. Vero. Però spiegatemi, quale visione innovativa a medio/lungo termine ha messo a fattore comune dell’intero movimento la Lega Calcio Italiana negli ultimi anni? Io onestamente non l’ho visto, e non mi pare che neppure la Uefa abbia fatto cose particolarmente impattanti, ma potrebbe essere che sia stato disattento io.

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