Seguici su

Calcio

Monday Night – Aquile o Merluzzi? – 2 mag

Pubblicato

il


 

 

Dove la Greater London sfuma verso la contea del Surrey è quasi impossibile incontrare qualche turista.  Nessun giapponese con cervellotiche macchine fotografiche legate al collo. Nessun sultano alla ricerca del diamante più brillante di Selfridges. Nessun italiano a caccia di una sciarpa del West Ham. Nessun procacciatore di Selfie fuori dall’Emirates.

Non qui.

Certo, siamo sempre nella città più visitata d’Europa, ma ci troviamo a parecchi chilometri dalle zone più “scottanti”.  A dozzine di miglia dai negozi alla moda, dai grandi musei e soprattutto dagli stadi più famosi. L’osservatorio reale di Greenwich (che a differenza di quello che ci insegnano a scuola si pronuncia “grenich”) resta l’unica attrazione nelle vicinanze.

Per capirci, da King’s Cross Station bisogna cambiare almeno due linee metropolitane – superando una ventina di fermate- prima di poter scendere quaggiù.

La zona è verdeggiante, periferica e decisamente popolare. La Working Class  inglese si è stabilita qui, intrecciandosi coi flussi migratori dal reddito più basso, e dalle classiche villette a schiera fuoriesce uno zampillo di benessere che  – semmai c’è stato- vi è rimasto per poco.

Siamo nel complicato distretto di Croydon, dove alberga il Crystal Palace ed il suo orgogliosissimo popolo.  Tanto distanti da Chelsea, Arsenal e Tottenham da poter paradossalmente disporre del più grande bacino d’utenza della City.  In effetti sarebbe proprio così, se non fosse per la presenza  ravvicinata del Charlton,l’altra “grande squadra” al di sotto del fiume. Un coinquilino ingombrante, che risiede nell’attico del “Royal Borough of Greenwich” ad una manciata di miglia in direzione est.

Neanche a dirlo, le due danno vita al poco commerciale quanto sentitissimo “South London Derby”.

Stabiliamo una cosa: se mai dovessi constatare la veridicità del famoso motto inglese” I support my local team” è proprio qui che comincerei le ricerche e presto capirete anche voi il perché.

Per diritto d’ anzianità partiamo dai secondi.

Il Charlton Athletic nasce nel giugno del 1905 (relativamente tardi rispetto alla media nazionale), ad opera di una banda di teenagers d’età compresa fra i 15 e i 17 anni.

La scomoda esistenza del Woolwich Arsenal però (prima che si trasformasse semplicemente in “Arsenal”, spostandosi poi a nord) non consentì alla neonata squadra d’iscriversi alle leghe professionistiche, limitandola agli sparuti tornei locali.

Dopo oltre un decennio passato tra fievoli avversari e campionati di poco spessore, nel 1921 il club ottenne finalmente lo “status” di professionista.

Da sempre vestiti di rosso, vengono riconosciuti in tutto il regno sotto il nickname di “Addicks”. Inutile cercarlo su “Word Reference”, la traduzione semplicemente non esiste.  Molto probabilmente si  tratta della storpiatura dialettale di “Haddock”, una specie di merluzzo parecchio utilizzato nella preparazione del più classico dei fish&chips. La leggenda narra che agli inizi del Novecento un noto commerciante di pesce chiamato Arthur Bryan, era solito regalare alla squadra notevoli quantità di Haddock in caso di vittorie  fomentando così la nomea della squadra.

Nonostante 110 anni di vita trascorsi praticamente senza alzare trofei ( eccezion fatta per una F.A. Cup conquistata nel lontano 1947), il legame tra i supporters del Charlton ed il territorio d’appartenenza è fra i più morbosi di tutta l’isola. Lontani dall’avere un firm di livello durante burrascosi anni dell’hooliganismo, i “Cockney firestarters” dimostrarono tutto il loro affetto sotto altre, originalissime, forme.

Citerò solamente un paio, delle tante prove d’amore di cui si è spesso sentito parlare.

La prima. Nel 1985 il club, in pessime condizioni finanziare, dovette abbandonare lo storico impianto del The Valley per alloggiare temporaneamente a Selhurst Park, casa degli odiati rivali del Palace. Appena tre anni più tardi, l’intera tifoseria si riversò fisicamente dentro al vecchio stadio per ripulirlo dal degrado e renderlo idoneo agli standard richiesti.

La seconda. Nel 1990 sempre gli stessi tifosi formarono un partito politico con un solo obbiettivo: riportare gli Haddicks a casa. Praticamente un programma elettorale basato su un singolo scopo(quello che in gergo diplomatico si chiama “single issue party”) che creò un precedente senza eguali. Il risultato fu devastante; oltre 14 mila persone diedero appoggio al programma (circa l’11% dei votanti del distretto) e nell’Aprile del 1991 il Council of Greenwich approvò il progetto del nuovo “The Valley” sancendo il definitivo ritorno alle origini.

A tutt’oggi “la vallata” rimane l’unica, indiscutibile, casa del Charlton.

Per la cronaca: nel 2012 fu effettuato un sondaggio che coinvolse tutte le tifoserie  d’Oltremanica allo scopo di stabilire quali fossero i rivali più disprezzati squadra per squadra. Cosa risposero i fans degli Haddicks all’unanimità? Facile, il Palace!

E allora scendiamo in direzione sud – ovest e scopriamo il coperchio sulla storia del Crystal Palace.

Il club venne formalmente alla luce intorno all’autunno del 1905, partorito dalla geniale intuizione di tale Daniel Lewis.

Il nome -piuttosto banalmente- prese spunto dal vicino edificio in ferro e cristallo nel quale anni prima si tenne l’esposizione universale di Londra .

Sul campo, la squadra mosse i primi passi proprio nei pressi dell’adiacente struttura indossando una divisa “Claret&Blu”  (gentilmente donata dalla pluridecorata Aston Villa) e facendosi riconoscere sotto il nickname di  “The Glaziers” (i vetrai).

Nulla di esaltante fino al 1913, quando tentarono il grande salto chiedendo l’affiliazione alla Football League. La federazione gli rimpallò la richiesta d’iscrizione (preferendogli il  Chelsea) ed il Palace dovette accontentarsi di giocare in Southern League, dove per altro ottenne ottimi risultati. Gli eccellenti presupposti di partenza però, furono purtroppo azzerati dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che oltre ad interrompere i campionati, costrinse il club a cedere il proprio terreno per trasformarlo in un centro d’addestramento militare.

Alla ripresa delle attività sportive, i londinesi vagarono disperatamente alla ricerca di uno stadio per oltre un decennio; prima il Velodrome, poi il the Nest, fino alla costruzione dell’attuale Selhurst Park avvenuta nel 1924.

Tuttavia, a discapito delle grandi aspettative, seguirono decenni drammaticamente cupi.

La squadra continuò ad annaspare fra le serie minori e mentre i vicini del Charlton riuscirono quantomeno ad alzare al cielo un trofeo, il Crystal Palace si defilò inesorabilmente.

Nel ’70 ridisegnarono persino il simbolo nel tentativo di sbloccare la situazione, ma la comparsa dell’aquila sullo stemma (ispirata ai portoghesi del Benfica) portò solamente ad un cambio di nickname, e si passò quindi da  Glaziers ad Eagles. Qualche anno più tardi fu la volta dei colori sociali, e dalle mute dell’Aston Villa si transitò direttamente al contemporaneo completo a strisce rosse e blu; fu tutto inutile e sul campo la situazione non migliorò.

Qualcuno disse “Cambiare tutto per non cambiare nulla” e mai affermazione fu più calzante per il Palace, che nonostante il nuovo look rimase inesorabilmente inchiodato alla periferia del football.

Oltre un secolo vissuto fra pochissimi gioie, tantissimi dolori ed un unico, grande, sogno spezzato.

Siamo nella stagione ‘89-‘90, la prima con tutti gli impianti “all- seater”  imposti dal governo Thatcher. A controbilanciare un campionato mediocre, le Aquile infilarono un serie d’incredibili vittorie in F.A. Cup partorendo la più grande cavalcata della loro esistenza. La crew guidata da Steve Coppell asfaltò clamorosamente  ogni avversario incontrato lungo il cammino. Portsmouth, Huddersfield, Rochdale e Cambridge, prima di aggiungere anche il prestigioso scalpo del Liverpool, ottenuto in una leggendaria semifinale conclusasi 4-3 dopo i tempi supplementari.

Tra lo stupore generale le Eagles planarono a Wembley, pronte a sfidare il Manchester United targato Sir Alex Ferguson.

Il match fu vibrante e combattuto, tanto da regalare un indimenticabile 3 a 3 a tutti gli 80 mila tifosi presenti sugli spalti. Le regole dell’epoca non prevedevano né supplementari né tantomeno rigori,  indi per cui la partita si dovette rigiocare appena cinque giorni più tardi. Stavolta il duello non fu troppo entusiasmante e grazie ad uno dei pochissimi gol in carriera di Lee Martin, i “Red Devils” poterono alzare al cielo la coppa più vecchia del mondo gettando nello sconforto il popolo rossoblu .

Quella serata lasciò una cicatrice indelebile nel cuore di tutti i supporters del Palace, ma questo non impedì alla tifoseria di rimettersi in moto, continuando a seguire in massa la propria squadra locale.

Nonostante una bacheca scarna, anzi vuota (eccezion fatta per una quanto mai ambigua Full Mebers Cup)  al Selhurst Park si respira  da sempre un’atmosfera da urlo.

L’impianto è piccolino e compatto.  Il pubblico caloroso.  Inoltre c’è una grande peculiarità: in curva è presente l’unico gruppo ultras d’Inghilterra.  Gli Holmesdale Fanatics sono appunto l’unico agglomerato anglosassone con chiari connotati continentali. Bandiere, battimano e striscioni rendono il clima  tipicamente latino, quasi impensabile a queste latitudini. Il  loro coro “We LoveYou” è famoso in tutta la nazione e venire a giocare in questo campo non è mai una passeggiata per qualsiasi avversario.

Esattamente come per i vicini del Charlton, qui non conta il palmares o il prestigio, ma il semplice attaccamento quotidiano al territorio, una cosa non proprio scontata in una città smisurata come Londra.

Voglio chiudere con un auspicio. Il 21 Maggio andrà in scena una finale di F.A. Cup del tutto particolare. Sul luccicante giardino di Wembley si sfideranno nuovamente Crystal Palace e Manchester United, ancora loro a distanza di 26, lunghissimi, anni. La squadra più famosa del Regno contro quella che forse più di tutte rappresenta i borghi periferici delle grandi città.

Sarà la grande chance di Alan Pardew, che perse quell’occasione da giocatore proprio in quella finale e adesso potrebbe vincerla da manager. Sarà un’opportunità più unica che rara per sverginare la vuota bacheca delle Eagles ma, cosa ancor più importante,  ci sarà la possibilità di sottolineare una volta per tutte chi comanda al di sotto del fiume.

Allora scendete in picchiata Aquile e ghermite il trofeo!

Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook

E tu cosa ne pensi?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

adv
adv

Facebook

adv