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Tutto calcio che Cola #06: In memoria di Tito Vilanova, maestro silenzioso – 30 Apr

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Come Guardiola, e per certi versi più di Guardiola, nella sua troppo breve vita Tito Vilanova ha rappresentato il calcio che piace a me. Non parlo solamente di questioni tattiche, anche se è indubbia la sua mano nella creazione del “Tiki-Taka” che al momento è già modulo superato se non odiato per via dell’isteria legata ai risultati che regna nel mondo del calcio quando appena un paio di stagioni fa pareva rendere Barcelona e Nazionale spagnola praticamente imbattibili. La verità sta nel mezzo, lo sanno bene i saggi, un certo tipo di gioco è l’espressione di uno stile, i risultati contano ma non possono essere padroni visto che non sempre nel calcio vince il migliore e a volte una semplice palla buttata a casaccio in area può diventare vincente.
Lo sanno bene i saggi, dicevo. Lo sapevano bene Josep Guardiola e Tito Vilanova, duo inscindibile per cinque stagioni, prima che Pep lasciasse il Barcelona e Tito ne prendesse il posto. Cinque stagioni, cosa saranno mai? E invece nei cinque anni in cui hanno lavorato insieme questi due spagnoli hanno rivoluzionato il calcio, riportando in auge il Calcio Totale olandese e adeguandolo ai ritmi (e piedi) spagnoli.
Così uguali e così diversi, Pep e Tito. Entrambi ex-centrocampisti, il primo con una carriera stellare ed il secondo che ha vagato tra la bassa Liga e le serie inferiori. Partiti entrambi, però, dal Barcelona, dove erano arrivati ragazzini nel 1984: è bello pensare a come devono essersi incrociati la prima volta, per poi ritrovarsi 23 anni dopo in panchina insieme. Tito aveva 16 anni, Guardiola tre di meno. Ovvio, Pep aveva più talento, è parso sempre averne di più, in campo come in panchina.


Nel 2007 si ritrovano sulla panchina del Barcelona B, la seconda squadra di quello che diventerà il più forte club al mondo. Guardiola è al primo anno da allenatore, ha appena chiuso una monumentale carriera con esperienze in Italia (Brescia, con piccola parentesi a Roma), Arabia e Messico. Tito si è ritirato anni prima, ha allenato Palafrugell, Figueres e Terrassa, non propriamente la crema del calcio spagnolo. Mettono le basi del ‘Tiki-Taka’, che altro non è che un evoluzione, ancor più estremizzata, del calcio ‘Totale’ che al Barcelona praticano, con tecnici diversi, dai tempi di Johann Crujiff. E’ una squadra, quel ‘Barcelona B’, che gioca un calcio stupendo. Così quando Rijkaard viene esonerato la dirigenza pensa proprio a Pep e Tito per dirigere quello che per tutti è ‘più che un club’.
Il resto è storia: in 4 anni il Barcelona vince 3 campionati, 3 Supercoppe spagnole, 2 Coppe del Re, 2 Champions League, 2 Supercoppe Europee e 2 Mondiali per Club. 14 trofei in 4 stagioni. Non solo: quel ‘Barca’ lo fa annichilendo quasi qualsiasi avversario, e a differenza dei rivali del Real Madrid non spendendo cifre pazzesche ma anzi attingendo ai giovani del vivaio, quel vivaio dove Pep e Tito hanno lavorato e che conoscono bene.

Pep & Tito. E’ normale pensarli insieme, vederli allenare e confrontarsi. Vilanova per molti era appena l’ombra di Guardiola, quello meno importante. Così, quando nell’estate 2012 Josep da l’addio al Barcelona e la società sceglie proprio Tito per sostituirlo, in molti nel mondo del calcio pensano che il Barcelona è finito, ignorando quanto di Tito ci sia nel ‘Tiki Taka’: non lo ignora Guardiola, che forse si aspettava che l’amico lo avrebbe seguito, ancora vice, ancora insieme. Ma allenare il Barcelona, la squadra più forte del mondo, è una tentazione a cui nessuno direbbe di no.
Inoltre, Tito vuole dimostrare chi è. La vita lo ha cambiato, nell’ultimo anno. Nel 2011 ha sconfitto un tumore alla ghiandola parotide. Almeno così crede, almeno così tutti vogliono credere.
C’è qualche screzio tra i due, dopo tanto tempo, ma in breve tempo l’affetto ed il rispetto che entrambi hanno l’uno per l’altro mette tutto a posto. Vilanova può finalmente guidare il Barcelona. Qualcuno dice che copi Guardiola, ignorando che quel modo di giocare, quella filosofia, i due l’hanno affinata insieme. Qualche limite ce l’ha, per carità: in Champions arriva fino in semifinale ma il suo Barca viene sconfitto sonoramente dal Bayern Monaco, ironicamente la squadra che Guardiola allenerà pochi mesi dopo.
In campionato però non c’è gara: 38 gare, 32 vittorie, 100 punti e 115 reti realizzate, con il solo Messi che ne fa ben 46. Uno dei Barcelona più belli di sempre, a detta di molti, una squadra fantastica. Tra febbraio e marzo, però, Tito si deve assentare: il tumore si è ripresentato, urgono nuove cure. A fine stagione lascia, lo fa a malincuore ma conscio di non potersi concedere che alle cure. Lo sostituisce l’argentino Gerardo Martino, che annuncia di voler cambiare in parte il ‘Tiki Taka’, ormai conosciuto dai rivali, come se una sconfitta in semifinale di Champions potesse abrogare un idea, una fede.
Il suo infatti sarà un Barcelona che non convincerà, ma che ha un lampo una sera di febbraio quando Tito riappare in tribuna, spettatore. E’ l’ultima volta che può vedere la sua amata squadra, poi appunto arriva il precipitare della malattia. La morte triste, dolorosa per tutti. Aveva appena 45 anni, e fino al giorno prima aveva lottato in silenzio, come in silenzio ha sempre vissuto.


Lo dicevo a inizio articolo: come Guardiola, e per certi versi più di Guardiola, nella sua troppo breve vita Tito Vilanova ha rappresentato il calcio che piace a me. Un leader educato, non chiassoso, non appariscente, eppure apprezzato da tutto il mondo del calcio. Rispettoso degli altri e onesto intellettualmente, portato a mettersi in discussione. Umile, nonostante la sua bravura gli avesse permesso di essere il vice-allenatore più pagato al mondo. Avrebbe sicuramente potuto dare molto ancora a questo mondo, sarebbe stato bello vedere dove avrebbe potuto portare la squadra che ha sempre avuto nel cuore e che alla fine è stata sua, anche se per troppo poco tempo. Sarebbe stato bello vedere una sfida tra una sua squadra e una allenata dall’amico Guardiola.
E’ bello pensare al fatto che il Barcelona abbia allestito la camera ardente proprio al Camp Nou: almeno Francesc Vilanova, per tutti semplicemente Tito, potrà sentirsi ancora a casa per un ultima volta.

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