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Tutto calcio che Cola #19: Addio a Di Stefano, ‘Campione dei Campioni’ – 07 lug

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Si dice che succeda durante una partita attorno al 1950. Il teatro è la Colombia, dove da qualche stagione si gioca uno dei campionati più belli e ricchi al mondo: già, perché mentre l’Argentina continua a rifiutare l’apertura al professionismo nel calcio, i colombiani si sono accorti di come girano le cose e poi diciamolo, hanno soldi – alcuni di dubbia provenienza – e passione.
E così le squadre colombiane giocano il campionato con le migliori stelle argentine nei propri organici. La più ricca di tutte, lo si intuisce anche dal nome, può permettersi i giocatori migliori, quelli provenienti dal River Plate. Sono i Milionariòs, e sono coinvolti proprio nella partita suddetta. Uno dei suoi argentini scaglia un tiro tremendo che colpisce la traversa, la botta è stata tanto forte che il pallone torna verso il centrocampo e finisce agli avversari. Rapidissimo, l’autore del tiro recupera terreno, contrasta il portatore di palla e la recupera, si invola verso la porta, fa fuori un paio di avversari e tira. Stavolta è gol, un gol strepitoso.
Mentre torna a centrocampo un compagno, il grandissimo Adolfo Pedernera, lo apostrofa: “ehi ragazzo, mostra rispetto per questo gioco e per il pubblico, giocando così fai sembrare tutto ridicolo.” 
Il nome del ‘ragazzo’? Alfredo Di Stefano. Talmente forte da far sembrare il calcio uno sport semplice. A volte quasi ‘ridicolo’,appunto.


Elencare punto per punto la sua lunga e leggendaria carriera sarebbe uno sterile esercizio di stile. Basti invece considerare che, per buona parte di chi lo ha visto giocare, Di Stefano fosse ‘decisamente’ più forte di Pelé e Maradona. In pratica il più forte di tutti, un autentico fenomeno capace di giocare in ogni ruolo e in ogni ruolo avere un rendimento altissimo. Naturale che la classe sopraffina lo portasse a giocare davanti, a puntare la porta, ma più dei numerosissimi gol (quasi 500 distribuiti in una carriera ventennale) sono gli assist che ha distribuito ai compagni ad averlo fatto entrare nel mito come primo esempio di ‘calciatore universale’. Figlio di un italiano emigrato in Argentina a cercare fortuna, ha patito rispetto alla storia solo un riconoscimento con la Nazionale: ha vestito le maglie di Argentina e Spagna, purtroppo però nel periodo sbagliato nella storia di queste compagini. E ha comunque segnato, in totale, quasi un gol a partita anche con queste maglie.


Il suo nome è stato legato a doppio filo al Real Madrid, dove è giunto all’età di 27 anni. E pensare che aveva firmato sia per i ‘blancos’ che per il Barcelona, talmente era ansioso di lasciare il paradiso dorato colombiano, dove i soldi non mancavano ma la gloria sarebbe sempre stata lontana. Dovette intervenire il Re, che stabilì che avrebbe dovuto giocare un anno con una squadra e un anno con l’altra, con buona pace dell’eterna rivalità sportiva tra le due anime del calcio spagnolo. Il Barcelona rifiutò, Di Stefano rimase al Real e scrisse la storia: 5 Coppe dei Campioni consecutive, 8 titoli nazionali in 11 stagioni memorabili. Di Stefano era la stella tra le stelle (Puskas, Gento, Santamaria, Del Sòl, capitan Zarraga), il Campione tra i campioni, colui che incarnava lo spirito di squadra, la guida, il perno. Con lui in campo il Real perse molto raramente, la sua figura era così leggendaria che molti avversari, al solo vederlo, partivano già sconfitti. Inutile giocare contro uno così forte.

Di Stefano ha giocato fino a quarant’anni, sempre ad alto livello. Era innamorato del calcio e del pallone, questo fu il motivo che lo spinse a correre in un calcio dove tutti camminavano, questo il motivo per cui lo potevi vedere in difesa a recuperare un pallone e poi, qualche istante dopo, in area avversaria a segnare. Lo chiamavano “la Saeta Rubia” proprio per questo: ” la Freccia Bionda” che implacabilmente avrebbe colpito, perché era il migliore. Il suo record di gol con la maglia del Real Madrid è stato superato solo negli ultimi anni: a farlo è stato Raùl, che ha però giocato quasi tutta la carriera con questa maglia fin dalle giovanili. E poi, come detto, non si può parlare di uno come Di Stefano riducendo il discorso a mere statistiche: ha vinto tanto, ha segnato tanto, ma più di tutto ha lasciato negli occhi di chi lo ha visto giocare la sensazione che c’erano pochi dubbi, nessuno mai sarebbe più stato come lui. Ne Maradona ne Pelé, che pur essendo notoriamente orgoglioso una volta disse: “Inutile discutere su chi sia stato più forte tra me e Maradona, perché Di Stefano è stato più forte di entrambi.”

Non un calciatore, una leggenda. Che da allenatore ebbe assai meno fortuna, fino a ritirarsi dal calcio per tornarvi come Presidente Onorario del Real Madrid, la sua casa. La leggenda di sempre che accoglieva i campioni di oggi e di domani, il fiore all’occhiello di quello che senza dubbio è il più grande club calcistico al mondo. Per il Real Madrid ha vissuto e nel Real Madrid è morto, proprio poche ore fa: ha avuto un malore proprio mentre passeggiava, quasi novantenne, intorno allo stadio “Santiago Bernabeu”. Il SUO stadio, intitolato a quello che fu il SUO Presidente. Stravedeva per Messi, che considerava il suo erede e l’unico che avrebbe potuto superare lui, Maradona, Pelé, Puskas e Crujiff, gli altri grandi campioni che rispettava come suoi pari. Sarebbe stato contento di vederlo vincere il Mondiale, il traguardo che non ha mai raggiunto nonostante la classe infinita, l’unico motivo per cui gli storici del pallone ancora hanno qualche dubbio nel definirlo ‘il più grande di sempre’. E chissà se Leo, in suo onore, raggiungerà questo traguardo.

Alfredo Di Stefano ha vissuto a lungo e ha vissuto intensamente, nutrendosi dello sport che amava e regalando emozioni indimenticabili in tutti gli appassionati. Senza di lui, questo è certo, il calcio non sarebbe stato lo stesso. Non diventa leggenda oggi con la morte, quindi, perché leggenda vera è stato in vita, eroe di una disciplina che ha avuto e avrà senz’altro altri miti da ammirare. Nessuno, tuttavia, potrà mai essere grande come lui, il vero “Campione dei Campioni”, primo grandissimo calciatore universale.

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