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MotoGP | Motegi 2007, Stoner e Ducati sul tetto del mondo

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mediahouse.ducati.com


Casey Stoner ai box dopo la vittoria del titolo a MotegiMotegi è la seconda pista della Honda, voluta dalla Casa dell’ala dorata per avere un tracciato di test ovale in vista dell’ingresso nel campionato americano CART. Qui si corre dal 1999, ma il tracciato non ha sempre sorriso all’azienda sua proprietaria. Nel 2007, la sede del GP del Giappone di MotoGP è stata il teatro della giornata perfetta della Ducati. Il 23 settembre di quell’anno, Loris Capirossi si aggiudicò la terza vittoria di fila a Motegi. Pochi secondi più tardi, Casey Stoner si aggiudicò con matematica certezza il titolo di Campione del Mondo. 

Lo strano matrimonio Stoner-Ducati

Nel 2006 la Ducati Desmosedici sembrò essere matura per arrivare al successo iridato. Capirossi, alla vigilia del GP di Catalunya, il 23 giugno, era secondo in campionato a 99 punti, con cinque lunghezze di distacco da Nicky Hayden, primo. Al via una carambola innescata da Sete Gibernau, sull’altra Ducati, coinvolse Marco Melandri e lo stesso Capirossi. Tutti e tre riportarono infortuni che ne condizionarono la stagione. Per Capirossi fu la pietra tombale sui suoi sogni di gloria. Nel frattempo nel paddock prendeva piede il mercato piloti 2007. Secondo quanto scritto nella sua biografia dal manager di Capirossi, Carlo Pernat, la Casa di Borgo Panigale stava per accordarsi con Gibernau per il rinnovo. Una questione di valuta fece però saltare tutto. Ducati propose l’ingaggio, di un milione in dollari, la sorella-manager dello spagnolo li voleva in euro. Livio Suppo, responsabile della scuderia, dovette quindi cercare un altro pilota da affiancare all’italiano. Puntò su Melandri, sul quale il Gresini Racing fece però valere la sua clausola per il rinnovo. Si rivolsero quindi a Nicky Hayden, che rispose picche.

Il riscatto della quarta scelta

Chi era rimasto libero? Un debuttante australiano, ingaggiato dal team di Lucio Cecchinello che lo faceva correre con una Honda privata. Si chiamava Casey Stoner, ma lo chiamavano tutti Rolling Stoner, per la sua abitudine ad assaggiare spesso la ghiaia. Nel 2006 conquistò un secondo posto in Turchia, alla terza gara, poi solo diversi piazzamenti a punti e ben sei ritiri. Classe 1985, al momento dei primi contatti aveva circa ventuno anni. Suppo non ebbe altra scelta che rivolgersi a lui, chiedendo il suo numero di telefono al buon Pernat e offrendogli solamente 350.000 euro di ingaggio. Di certo non un onorario da primo della classe.

Il 2007 però iniziò nel segno del Canguro Mannaro. Stoner non fu più quella pietra rotolante degli anni precedenti. Sin da subito si impose come il pilota da battere, nonché l’unico in grado di far andare veloce quella moto scorbutica e difficile che era la Desmosedici GP7. In Qatar l’australiano si impose con oltre due secondi di vantaggio su Valentino Rossi, secondo con la sua Yamaha, e con otto secondi sul terzo, Daniel Pedrosa su Honda. Dopo il quinto posto di Jerez arrivarono due vittorie di fila, in Turchia e in Cina, con margine sugli inseguitori. In Catalunya e a Donington Park arrivarono altre due vittorie, seguite poi dai primi posti a Laguna Seca, Brno e Misano. All’Estoril un terzo posto mandò tutti a Motegi, con Stoner che poteva laurearsi campione del mondo con tre gare di anticipo.

Dolce bagnasciuga

Le qualifiche in terra giapponese non diedero grosse speranze ai due ducatisti. Capirossi si classificò ottavo mentre Stoner fu nono, con quasi un secondo e mezzo dal poleman Daniel Pedrosa, su Honda. Alla domenica il tracciato si presentò bagnato, ma il cielo nipponico non mandò più acqua su Motegi. Tutti partono con le gomme rain, avendo la possibilità di cambiare moto. Lo spagnolo partì forte, dopo il primo giro dietro di lui c’erano Hayden, Anthony West su Kawasaki, che venne però costretto ad un ride through per la partenza anticipata e Stoner, abile a risalire velocemente lo schieramento. A venti giri dalla fine l’australiano agguantò la prima posizione, dietro di lui Melandri sulla Honda del Gresini Racing, poi Pedrosa.

Il nastro d’asfalto nipponico andò asciugandosi e i team cominciarono a mettere a disposizione dei piloti le moto da asciutto. Davanti Melandri e Stoner fecero il vuoto, mentre Hayden fu il primo a rientrare, seguito da Sylvain Guintoli. Al nono giro Capirossi si trovò in settima posizione, a quasi quattordici secondi di distacco dalla vetta e al termine di quella tornata rientrò per il cambio moto. Davanti però i battistrada temporeggiarono prima di rientrare, dal momento che i tempi di Guintoli, il più veloce in pista di oltre tre secondi rispetto agli altri, sembravano anomali. Valentino Rossi scavalcò agevolmente Stoner al dodicesimo passaggio. I riferimenti cronometrici cominciarono nel frattempo a premiare anche Capirossi, che eguagliò i tempi di Guintoli.

A dieci giri dal termine rientrarono sia Melandri che Stoner, mentre Rossi rimase in pista. Capirossi in quel momento aveva venti secondi di ritardo dal primo posto. Con un ritmo più veloce di sei secondi al giro rispetto a Tavullia, sembrò evidente chi avesse preso la decisione giusta con il tempismo ideale. Con quasi nove tornate ancora da compiere, Rossi cambiò la sua M1, mentre Pedrosa cadde. Rossi accusò un problema che lo obbligò ad una rapidissima sosta ai box, lasciando via libera a Stoner per il mondiale. Randy De Puniet su Kawasaki e Toni Elias, sulla seconda Honda Gresini, si lanciarono all’inseguimento di Capirossi, davanti a tutti con quasi quindici secondi di vantaggio. La rincorsa fu vana, con Capirex che vinse la sua ventinovesima e ultima gara in carriera. Nello stesso giorno Stoner portò l’iride a Borgo Panigale per la prima volta nella storia della Casa bolognese.

Stoner: «Non vedevo l’ora che la gara finisse»

Al parco chiuso, Stoner si abbandonò all’abbraccio con sua moglie Adriana, prima di affidare le sue prime impressioni a Paolo Beltramo, reporter ai box per Italia 1. «È stata una gara molto difficile. Abbiamo aspettato questo momento per molto tempo, è stato possibile raggiungerlo quest’anno, con delle buone prestazioni sin dalle prime gare. Siamo riusciti a diventare Campioni del Mondo con tre gare d’anticipo, adesso mi posso rilassare un po’. Non vedevo l’ora che arrivasse la fine della gara, con le slick avevo paura perchè la moto non lavorava molto bene, pensavo ci fosse qualcosa che non andasse. Avevo paura di cadere. Quando ho visto Valentino allontanarsi mi sono tranquillizzato, ma volevo finire questa corsa».

Tranquillità. Casey Stoner forse non è mai riuscito ad interiorizzare questa parola, come dimostrato dai problemi che lo afflissero nel 2010 e lo stress che lo portò al ritiro già alla fine del 2012, a soli ventisette anni e con due titoli in bacheca. Forse pochi, per un pilota del suo talento. Il solo capace di domare quel cavallo imbizzarrito di nome Ducati Desmosedici.

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